Gli occhi dei bambini raccontano la guerra, le foto di Martinis a Gorizia

Gli occhi dei bambini raccontano la guerra, le foto di Martinis a Gorizia

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Gli occhi dei bambini raccontano la guerra, le foto di Martinis a Gorizia

Di Redazione • Pubblicato il 29 Dic 2022
Copertina per Gli occhi dei bambini raccontano la guerra, le foto di Martinis a Gorizia

Domani l'inaugurazione alle 18, aperta fino al 30 gennaio. Il racconto di conflitti e luoghi di miseria.

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Un nuovo spazio culturale sta aprendo i battenti a Gorizia su iniziativa di Luciano Martinis e Silvia Tullio Altan, coppia di creativi che ha deciso di convertire in un luogo vocato alle arti l’immobile storico Alla casa del Gastaldo acquisito nel 2007, lungo salita D'Annunzio. Dopo aver avviato due art-apartment, ora è il turno dello spazio al piano terra, che ospiterà mostre ed eventi culturali. Domani, venerdì 30 dicembre, sarà inaugurata “Lo sguardo dell’infanzia”, una mostra fotografica di Romano Martinis: scatti provenienti dai reportage internazionali del fotografo.

Tutte le immagini sono state realizzate dagli anni Settanta in poi nei diversi continenti: affascinano e contemporaneamente colpiscono allo stomaco, il linguaggio di Romano Martinis ci costringe a prendere coscienza delle nostre contraddizioni di pubblico occidentale. La prima lettura estetica di ogni fotografia è appagante, ma il fascino delle inquadrature e delle composizioni lascia presto il posto alla rappresentazione di realtà che non possono lasciarci “in pace” col nostro senso del bello. Il messaggio più duro, quello del degrado e dell’orrore a cui è esposta l’innocenza del mondo, si insinua per confliggere con ogni lettura edonista.

Questo scomodo conflitto è la chiave per leggere veramente ”Lo sguardo dell’infanzia” di Romano Martinis, la cui efficacia -e utilità- sta proprio nella posizione scomoda in cui mette l’osservatore, in cui ogni tentativo di giustificazione mostra la propria essenza puerile e funzionale al sistema occidentale. Una posizione scomoda da cui non si può uscire senza delle rinunce di base. Questa dinamica apre delle finestre di “realismo” nella nostra percezione del globale, come degli squarci nel velo di esotico, romantico e pietoso che la comunicazione dominante stende sopra tutto ciò che invece è miseria, privazione dei diritti umani, ingiustizia, crudeltà.

Del resto, proprio questa capacità di Martinis di veicolare l’orrore in una modalità visiva ineccepibile ha reso così utili i suoi reportage per le cooperazioni internazionali e per l'Onu: i suoi scatti dei barrios colombiani, del degrado ambientale del lago d’Aral, del teatro dei conflitti balcanici (per citarne solo alcuni) hanno reso evidenti a tutti i livelli le emergenze che documentavano. “Dovunque le straordinarie fotografie di Romano Martinis hanno attirato l’attenzione del pubblico e degli esperti della materia, suscitato dibattiti e provocato emozioni, aiutando a coinvolgere gli attori sociali e le autorità nelle attività di sviluppo umano”.

Così ha scritto di lui Luciano Carrino, medico psichiatra che è stato vicepresidente della rete dell’Ocse per la lotta contro la povertà e responsabile tecnico dei programmi di cooperazione del ministero degli Affari esteri italiano in materia di sviluppo umano, salute e pari opportunità e in tale veste ha conosciuto da vicino il lavoro sul campo di Romano Martinis". Una provocazione, quella di proporre questa mostra all’interno del periodo delle feste di una città del Nordest, per “restare umani” e ad accettare di metterci in discussione. Attesa la presenza dell’autore. L'esposizione sarà aperta alle 18, visitabile fino al 30 gennaio 2023.

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