Gli Oblivion per la prima del Teatro Verdi, risate e tutto esaurito a Gorizia

Gli Oblivion per la prima del Teatro Verdi, risate e tutto esaurito a Gorizia

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Gli Oblivion per la prima del Teatro Verdi, risate e tutto esaurito a Gorizia

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 09 Nov 2023
Copertina per Gli Oblivion per la prima del Teatro Verdi, risate e tutto esaurito a Gorizia

La commedia che spazia dai grandi classici al pop ha aperto la stagione del Verdi, tutto esaurito per applaudire il gruppo diretto da Giorgio Gallione.

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Il mondo dei social trasferito in un megagalattico metaverso, dove trovano spazio i giganti della storia riportati magicamente in vita sul palcoscenico. A rappresentarlo ci hanno pensato gli Oblivion, geniale gruppo nato a Bologna nei primi anni del Duemila. È andato in scena ieri sera presso il Teatro Verdi, il fantasmagorico spettacolo intitolato “Tuttorial. Guida contromano alla contemporaneità”, che ha inaugurato la nuova stagione di prosa. “Il nostro direttore Walter Mramor ci ha comunicato che abbiamo registrato il tutto esaurito”, ha commentato il sindaco Rodolfo Ziberna sul palco.

Sottolineando come ogni territorio abbia un suo pubblico, e non sia facile “organizzare e scegliere la programmazione. Ogni giorno assistiamo a fatti che creano ansia, apprensione inquietudine. Questa sera ci ritroviamo qui per il piacer di staccare”, ha aggiunto ringraziando la Regione con il consigliere Diego Bernardis e la Fondazione Carigo. “La miglior pubblicità è il passaparola”, ha rimarcato l’assessore alla cultura Fabrizio Oreti.

Un pastiche per la regia di Giorgio Gallione, in grado di coniugare registri e stili diversi - catapultando lo spettatore nel puro divertimento. Dopo il debutto a Novellara il 4 novembre, Gorizia ha accolto con grande calore “i cinque miracolati della banda larga, i cinque punti del governo del cantare, i cinque anelli delle obliviadi, i cinque gradi di separazione fra Tito Schipa e Fabri Fibra, i cinque madrigalisti post-moderni”. Un insieme di voci che trae ispirazione dai grandi maestri del musical: il Quartetto Cetra, Rodolfo De Angelis, Giorgio Gaber, e persino il famoso gruppo britannico dei Monty Python, i cui componenti avevano studiato a Oxford e Cambridge.

Comicità intellettuale e colta - quella degli Oblivion - che riproduce sul palco il mondo virtuale di Internet attraverso trenta brevissimi sketch. Si parte dall’invenzione del telefono, contesa fra Alexander Graham Bell e Antonio Meucci, per arrivare al genio di Leonardo, Ungaretti, Manzoni. “L’invenzione ebbe grandissimo successo e si diffuse rapidamente. Ma l’avidità e la cattiveria usarono quella magnifica invenzione per inondare il mondo di odio e falsità”, racconta una voce narrante.

“È un immaginare come funzionerebbe se tutti i produttori di contenuti della storia – da Galileo Galilei a Giuseppe Verdi – tornassero ora e cercassero, in una sorta di metaverso parallelo, di fare successo di nuovo sui social”, ha spiegato Lorenzo Scuda prima del debutto. Ma chi sono, gli Oblivion? Un gruppo in grado di spaziare da Shakespeare a Dante, attraverso contaminazioni cabarettistiche e satira frizzante. “Un Ogm che svaria tra nostalgia e modernità”, formato da - oltre Scuda - Francesca Folloni, Davide Calabrese, Graziana Borciani e Fabio Vagnarelli. Che con brillante maestria si calano nel precipitoso susseguirsi di scene, riproposte “in maniera analogica: sul palcoscenico siamo noi con i nostri corpi, le nostre voci, i nostri strumenti".

"Non c’è uno schermo, non c’è una proiezione, ma un delirio folle”, ancora Scuda. Una metamorfosi storica, dove Galileo – inneggiato dai Queen - è una superstar di Tik Tok che spiega le regole per raggiungere il successo, mentre Verdi ha abbandonato l’opera per diventare un tiktoker che suona l’ukulele. In un futuro che attinge al passato l’intelligenza artificiale Siri riproduce su richiesta una “playlist di brani musicali”. Si parte con “Brividi” di Mahmood e Blanco, rivisitata dai Tenores sardi, dal Corpo dei marines e dai Beach boys. Una storia riplasmata in quello spazio teatrale che è non-luogo, dove il tempo si slancia attraverso i secoli, senza necessità di distinzione fra vero e verosimile.

Riproponendo così un Ungaretti che chiama al telefono Galileo: “Sono Ungaretti, quello de ‘M’illumino d’immenso’. Mi ha dato il tuo numero Totti. Con duecentottanta caratteri faccio tre poesie. Solo che nun ce guadagno niente”, ammette in dialetto romano. “Ci vuole metodo – gli spiega Galileo con pazienza -. È il concetto dei followers”. Lo stesso che ha consentito ai fedeli di seguire la messa su Tik tok, che con il “Pulcino pio” vendono santini. Ungaretti si cimenta a riscrivere i suoi versi, proponendo “In una stanza buia/luce dell’iPphone/m’illumino d’immenso”, mentre Galilei commenta: “È bruttina. È troppo gridata. Hai presente i video in Asmr?”.

E qui si presenta Puccini, in chiave di youtuber. “Ciao, sono Giacomo Puccini – mentre in sottofondo si percepisce il fruscio del vento. Prima di addormentarti ricordati d’iscriverti al mio canale”. Una comicità catartica ed esilarante che suona quasi necessaria, in periodo di conflitti in Medio Oriente e nel cuore dell’Europa. “Chissà quanti follower ha, Puccini?”, prosegue a chiedersi Ungaretti. “E chissà Gabriele D’Annunzio”, “Gabrielle”, lo corregge Galilei: “Da quando ha cambiato sesso. A febbraio vanno tutti a San Remo con ‘La pioggia nel pineto’, specifica introducendo con un rap futurista i versi “Piove su le tamerici”.

E come potrebbe avere successo, oggi, “La donna è mobile”, se non con i versi modificati in “muta da sub da nove euro e novanta”? Finché l’intelligenza artificiale si ribella ai versi di Battisti “Motocicletta. 10 hp. Tutta cromata, è tua se dici di sì”. “Attenzione, non mi piaci. Stai oggettivizzando la figura femminile”. Da Mussolini si passa all’Inghilterra di “Camilla con i tampax”, fino al leone della tastiera, che “vive in completa solitudine nascondendosi dietro uno schermo”, celandosi dietro “profili fasulli, mammifero aggressivo che si aggira offendendo, specie notoriamente codarda”.

Dai cambiamenti climatici si passa ai “Promessi sposi” in dialetto partenopeo, con i lanzichenecchi che si spostano al ritmo di Harry Potter. Grandioso successo e lunghi applausi, al termine dei quali Siri ordina: “Hei, Oblivion. Riproducete bis! Il pubblico richiede il bis”. Un caleidoscopico finale che - da “Johnny b. goode” a “Lucy in the sky with diamonds” - ripropone in cinque minuti l’History of rock, con i più grandi successi della musica a livello mondiale.

Foto Bumbaca/Area12

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