la presentazione
Le nuove sfide dell'Agenda di Gorizia, «cultura e amore non hanno confine»

Presentata ieri sera la sedicesima edizione del volume, ben 350 pagine con numerose firme e racconti sulla storia e le sfide della città.
Un amore, una rete che non c’è più, un confine rimasto solo sulla carta. È il cortometraggio “L’amore non ha confine” di Sofia Grusovin e Alessio La Corte - di Inglorious project - ad aprire la riflessione su quella sottile linea rossa che è la tematica del confine. È stata presentata ieri sera - presso il Kulturni dom di via Brass – la sedicesima edizione dell’Agenda storica di Gorizia. Tavola rotonda in cui la presentazione della rubrica è stata spunto per una riflessione su Gorizia e Nova Gorica come entità unica, soprattutto in vista di Go!2025.
Trecentocinquanta pagine a firma diversa. Oltre all’autore Stellio Raida, ritroviamo Nicola Ban, Adelchi Cabass, Vanni Feresin, Marina Bressan, Diego Kuzmin, Kaja Širok, Valentino Cappella, Carlo Bresciani, Elisa Hoban, Raffaella Toso, Federico Vidic. Lavoro monumentale di cui un centinaio di pagine costituiscono reale scadenzario, mentre la parte restante è suddivisa in tre parti. “L’agenda ha l’almanacco goriziano aggiornato. Alcuni capitoli sono incentrati sull’economia goriziana e sulla macroeconomia italiana”, spiega Raida, moderatore dell’incontro.
Il primo capitolo della seconda parte comprende “Verità, mezze verità e pallonismi capresi”, neologismi sulla falsariga di Renato Esposito, in modo da avvicinarsi ai fatti storici delle nostre terre da punti di vista diversi. Per comprendere quale sia la verità, è necessario prendere le distanze, lascia intendere Raida. “Nova Gorica fu fondata nel 1947, ma a Salcano, vicino alla chiesa, c’è un cippo che reca le date 1001-2001. Ufficialmente si festeggia il 1947, ma Salcano commemora la stessa data di nascita di Gorizia”. Una realtà complessa dalle mille sfaccettature, dove la “fragilità della memoria” del capitolo di Kaja Širok lentamente si stempera in una percezione di territorio senza confini - nonostante il trattato di Schengen sia tuttora sospeso.
Complessità da affrontare attraverso il duplice sguardo - del cittadino sloveno e di quello goriziano - ribadisce Širok. Il primo intervento della tavola rotonda è rappresentato dal suo videomessaggio, in cui presenta una serie di ricerche iniziate nel 2004, quando la Slovenia era appena entrata nell’Unione europea. “Il Goriziano è un luogo in cui diversi gruppi costruiscono la propria identità su posizioni diverse, parlando degli stessi eventi. Da una parte c’è la Gorizia santa, redenta; dall’altra la Gorizia persa. È una narrativa di dolore. Quello che una comunità ricorda, l’altra cerca di dimenticare, e viceversa”. Un articolo di fondamentale importanza per comprendere Epic, “quel centro che si farà sulla Transalpina per narrare le nostre storie e tutte le storie del XX secolo”.
A prendere la parola è stato poi monsignor Nicola Ban, che ritorna indietro al maggio del 1992. “Quel giorno compivo diciotto anni, ho festeggiato in piazza con papa Giovanni Paolo II”, ha ricordato con nostalgia. Un papa che durante la sua visita ha delineato “quasi una carta d’identità di Gorizia, descrivendo quali sono le sue radici, quale dovrebbe essere lo stile” e verso quale direzione andare. “Lo stile è quello della cooperazione. Cooperare con la parte slovena, con le Valli, con il porto di Trieste, con Udine. Cooperazione, che è anche una missione".
"Allora era crollato il muro di Berlino, Gorizia era chiamata a essere una porta aperta sull’Europa. Non una rete, ma una piazza. Essere una porta aperta, questa può essere la nostra identità nel futuro”. Ricerca di identità proseguita nelle parole di Valentino Cappella, laureatosi nel luglio di quest’anno con una tesi incentrata sulla Gorizia del 1947. Lavoro cristallino da cui emerge una città “alla ricerca di una nuova identità”. Un lavoro che analizza i verbali dei consigli comunali svolti tra il 1945 e il 1954.
“Ho notato un senso di smarrimento, nei consiglieri che rappresentavano la realtà politica della città. In seguito al confine delineato nel 1947 la città ha perso i due terzi del territorio, perdendo il proprio retroterra. Mentre la controparte slovena perde il proprio centro di riferimento: entrambe le parti hanno perso qualcosa”. Un periodo di smarrimento per maggioranza e opposizione, d’un tratto private di stabilità e costrette ad affrontare problematiche concrete, come la questione dell’acquedotto. “Gli impianti di pompaggio dell’acqua si trovavano in Jugoslavia, e questo richiedeva una contrattazione”, aggiunge.
Citando “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Kundera allude poi a una duplicità del confine attuale. “Il confine è oggi qualcosa che da un lato non si percepisce, dall’altra rappresenta un sentimento che ancora incombe sulla nostra terra, derivante dalla mancanza di una memoria condivisa”. Per comprendere l’origine dell’identità Peter Szabo si ricollega invece al termine “smarrimento”. “Come nasce la nostra identità? Dal conoscere l’altro. Il confine è incontrare l’altro, il diverso” – sottolinea, auspicando che il 2025 possa condurci a ritrovare la nostra identità.
“Viviamo in questo territorio come se fossimo migranti. Siamo nomadi fissi, con un complesso di superiorità o inferiorità che è solo un falso ideologico. Io mi definisco nell’incontrare il diverso, come il giorno con la notte”. Dove la notte non può esistere senza il giorno, e viceversa. Un incontrare l’altro senza smarrirsi. “Il contrario del perfetto consumatore, questa persona fluida senza lingua, né religione o appartenenza”. Presente all’incontro anche l’assessore al Go!2025 Patrizia Artico: “Io non sono di Gorizia, ma ormai il confine mi è entrato nel cuore” – ammette, riferendosi a quel “luogo unico al mondo” che possa davvero farsi portatore di pace.
A concludere la serata l’intervento di Elisa Hoban, presidente dell'Ugg, secondo cui “anche le vecchie palestre scolastiche andrebbero riaperte”. Infine, l’intermezzo a cura della scuola di danza Tersicore, con le allieve Desirée Di Giacomo - vincitrice del premio “Got Talent Fvg – e Beatrice Comez. “Il cortometraggio iniziale è lo spirito che mi anima, un confine che venga finalmente abbattuto”, commenta con speranza Raida. “La gente comune ha già compreso come si abolisce il confine: con la cultura e con l’amore”. L’Agenda storica sarà in vendita presso la Tabaccheria Centrale e tutte le librerie cittadine.
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