Munaro chiude i festeggiamenti dei 60 anni di vita artistica: la galleria di via Marina è «un crocevia di cultura mitteleuropea»

Munaro chiude i festeggiamenti dei 60 anni di vita artistica: la galleria di via Marina è «un crocevia di cultura mitteleuropea»

IL CATALOGO

Munaro chiude i festeggiamenti dei 60 anni di vita artistica: la galleria di via Marina è «un crocevia di cultura mitteleuropea»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 15 Ago 2025
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Un’avventura che si è dipanata fra Grado e il Bellunese. Presentato alla vigilia di Ferragosto il catalogo delle opere dell’autore.

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Dopo il Leone d’Oro ricevuto dalla Regione Veneto nel 2023, quest’anno l’artista Vincenzo Munaro celebra i sessant’anni di attività chiudendo in bellezza i festeggiamenti con il catalogo “Dalle Dolomiti a Grado - Una vita per l’arte” (2025) introdotto dal critico d’arte Mariangela Bognolo. Il volumetto è stato presentato dall’autore alla vigilia di Ferragosto presso la bottega di via Marina a Grado, in un’amichevole serata in compagnia di Tullio Svettini e della stessa Bognolo, insieme ai quali il pittore e scultore ha ripercorso le tappe della sua lunga avventura. «Bisogna avere il coraggio di fare un “salto nell’ignoto” – ha rimarcato Bognolo rileggendo la sezione introduttiva – affinché si possa dire di aver preso la decisione giusta». E a Munaro il coraggio non è di certo mancato, perché fin da ragazzo decise d’inseguire il sogno dell’arte nonostante il padre calzolaio non potesse permettersi di sostenerlo negli studi liceali a Venezia. Eppure, con quelle «ventimila» lire che il padre poté elargirgli il giovane artista riuscì a vendere le prime opere nel cuore di piazza San Marco, riscuotendo un discreto successo.

Appena sedicenne trascorreva i pomeriggi insieme al pittore di Tambre Gianni Stiletto, realizzando acquerelli per i turisti. «Finito il liceo – ricorda Vincenzo – tornai a Funès, dove chiesi a mio padre 200mila lire. E il mio papà andò alla Cassa di risparmio e chiese una cambiale». Fu così che riuscì ad aprire lo studio a Belluno, dando ufficialmente inizio a una carriera straordinaria costellata di lavori e incontri, fra cui spicca il bassorilievo in bronzo consegnato a Papa Wojtyla e l’affresco di San Martino a Belluno. Una pittura complessa, la sua, che unisce l’intimismo degli affreschi di Funès ai linguaggi delle avanguardie. «Il suo linguaggio figurativo – spiega il critico d’arte – fonde tre avanguardie del Novecento: realismo, metafisica e cubismo». Attraverso una narrazione del quotidiano racconta gli affetti delle sue montagne, ritraendo i genitori con nostalgia sognante accanto alla sobria posa dei nonni, resi in un viraggio al seppia.

Il «natìo borgo selvaggio» di appena 40 abitanti diede i natali a Vincenzo, in quel Casal sulla cui facciata il maestro ha realizzato “racconti” a tema familiare. Di diverso tenore sono invece gli ombrelloni metafisici dipinti a Grado, come il “Sarcofago di Flavio Ostilio in riva al mare” (2005) o le famose “Tende di Sissi” che si stagliano contro l’infinito del cielo e del mare.
Una galleria incastonata fra negozi e ristoranti, dove nella serata di ieri è stato possibile ammirare, fra le altre tele, “La filatrice” oppure interni di case con cappelli e sedie di paglia, oltre a due donne a colloquio, che rinviano nel soggetto e nel tratto a Van Gogh. Ad accogliere turisti e curiosi la stessa strada, in cui fra colori, cavalletti e pennelli è stato possibile ammirare le celebri spiagge con ombrelloni e alcuni acquerelli. «Il prossimo anno ho intenzione di promuovere Bibione o Caorle – ribadisce l’autore – ma la mia casa resterà sempre qui a Grado».

A portarlo all’Isola d’Oro fu la moglie Maria Plaino, musa ispiratrice al suo fianco dal 1968, spentasi per malattia a soli 66 anni nel 2012. «È stato grazie a lei che ho scoperto questa piccola Venezia – ammette – che da subito è divenuta la mia isola adottiva». «Tua moglie Maria – interviene scherzoso Svettini – ti ha supportato e sopportato». Un amore nato in un ospedale a Cortina, dove uomini e donne erano su due piani separati. «Al terzo piano c’erano gli uomini, al quarto le donne. Un giorno salgo, e la vedo. Piangeva alla finestra, aveva 23 anni. Per conquistarla le feci un ritratto». Dimessi dalla degenza si sono ritrovati alla stazione di Udine per dirigersi in gita a Grado. «Non la trovai al binario, pensai che mi avesse tirato un pacco. Invece era fuori. Elegante, il cappello beige». A lei dedicherà anche l’affresco su piastrella datato 2013, ritraendola in luminose tonalità azzurre. «Io e Vincenzo – interviene Bognolo - ci conosciamo da dieci o quindici anni. Ci siamo incontrati qui in via Marina. Lui riesce ad avvicinare lo spettatore alle sue opere, e ogni volta ne resto affascinata».

Oggi la galleria al civico 33 di via Marina rappresenta «un crocevia di cultura mitteleuropea», come si sottolinea nel catalogo, in grado di calamitare il pubblico del territorio e quello d’oltralpe. Studio in cui ammirare i suoi lavori, ma anche spazio che avvicina gli appassionati alla pittura, i quali hanno la possibilità di apprendere direttamente dal maestro i rudimenti dell’arte. Anche se la sua più grande passione rimane la scultura, fra cui merita rilievo il “Monumento alla Resistenza” (1975) realizzato a Umbertide con il patrocinio dell’allora presidente Sandro Pertini. Indelebile nella memoria l’intervista da parte del compianto Bruno Pizzul - suo grande amico - che il pittore ricorderà a Cormons il prossimo 3 settembre. «Ci siamo incontrati una ventina di volte, ma negli ultimi tempi aveva il deambulatore e si vergognava a mostrarsi». Fu lui insieme a Munaro, a promuovere il Vino della pace e “l’arte in cantina”. Un progetto che si è esaurito, ma che vive indelebile nel ricordo dell’artista e delle etichette realizzate.  

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