la decisione
Morì a 34 anni schiantandosi contro un albero a Savogna, a processo tre funzionari
L'uomo di Monfalcone ebbe la peggio nell'impatto. Accolta la richiesta della Procura, a novembre la prima udienza.
Dopo cinque anni, tre persone sono state rinviate a giudizio per omicidio stradale in concorso per la morte del 34enne di Monfalcone, Franceso Maria Tommaso (nella foto). Si tratta di Lamberto Nicola Nibbi di Roma, 61enne alto dirigente Anas, ente proprietario della strada dove è successo il tragico sinistro, la statale 55 a Savogna d'Isonzo; Susanna Larconelli, 64enne di Ronchi dei Legionari, funzionaria del Compartimento per il Friuli Venezia Giulia di Trieste; e un’ingegnere triestina, Claudia Tirelli, 38 anni. La decisione è arrivata questa mattina, nell'udienze in cui sono state accolte le richieste del pubblico ministero della Procura di Gorizia, Paolo Ancora.
A quest'ultimo si è unito il legale della parte offesa, il Gup Flavia Mangiante. Ai tre imputati si contesta di non aver fatto rimuovere, o almeno proteggere con delle barriere, il possente tiglio contro il quale il giovane si è schiantato dopo aver perso il controllo della sua Fiat 600. Per l’accusa, la pianta non ci doveva stare in quell’aiuola spartitraffico all’incrocio tra la ss 55, che la vittima stava percorrendo il 25 luglio 2016, e la strada provinciale 13, a Savogna d’Isonzo. I legali dei tre imputati hanno sostenuto il non luogo a procedere ma non hanno chiesto riti alternativi per i loro assistiti: affronteranno il processo, che inizierà nell’udienza fissata per il 12 novembre 2021, davanti il giudice monocratico di Gorizia.
I congiunti di Tomasso, attraverso l’avvocato Marco Frigo di padova, si sono già costituiti parte civile. La fuoriuscita fu autonoma per una perdita di controllo dell’auto, di cui non si conoscono le ragioni, ma secondo la famiglia le conseguenze sarebbero potute essere molto meno devastanti senza quel pesante albero e senza che vi fosse alcuna protezione, a dispetto delle norme del Codice della strada. Queste, spiegano i loro legali, imporrebbero distanze minime delle alberature dal ciglio stradale o barriere protettive. Anche perché quello di Tomasso non era il primo veicolo ad essere finito contro quel tiglio e gli abitanti della zona avevano spesso segnalato il pericolo che rappresentava.
La Procura di Gorizia aveva subito aperto un fascicolo per omicidio stradale contro ignoti, disposto l’autopsia sulla salma e affidato una perizia cinematica per ricostruire dinamica e cause dell’incidente. Il 30 agosto 2016 è stato affidato l'incarico di suo consulente tecnico all’ingegnere Marco Pozzati. Larconelli e Tirelli sono accusate di aver “redatto la perizia senza elaborare alcuna progettazione ed analisi sulla sicurezza delle zona da proteggete nella tratta considerata”. Nibbi, che è anche un capo dipartimento regionale dell’Anas, è accusato “quale Dirigente dell’area tecnica di esercizio e responsabile unico del procedimento dell’intervento in questione, ometteva di vigilare sulla conformità della perizia”.
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