Monfalcone ricorda sotto la pioggia, il silenzio per 77 deportati dai titini

Monfalcone ricorda sotto la pioggia, il silenzio per 77 deportati dai titini

la commemorazione

Monfalcone ricorda sotto la pioggia, il silenzio per 77 deportati dai titini

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 09 Feb 2024
Copertina per Monfalcone ricorda sotto la pioggia, il silenzio per 77 deportati dai titini

Inaugurata la lapide con 77 nomi incisi, frutto del lavoto di Renato Antonini. La senatrice Tubetti: «Costante dialogo con Slovenia e Croazia».

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C’è stato chi, in prima, fila, non ha potuto trattenere le lacrime. I parenti di alcuni dei 77 nomi incisi sulla lapide scoperta oggi a Monfalcone, presso il Monumento ai Caduti di via Fratelli Rosselli. Vari, anziani e qualcuno anche su sedia a rotelle, hanno atteso la fine della cerimonia ufficiale per avvicinarsi al monumento, sostare qualche momento in silenzio, e poi riprendere, accompagnati da una sottile pioggia tagliente, la propria giornata.

Alla vigilia del Giorno del Ricordo, la Città dei Cantieri si è ritrovata, tra labari delle associazioni combattentistiche e d’arma e bambini e ragazzi delle scuole cittadine, a omaggiare «morti che sono morti come gli altri e tali devono rimanere, con il giusto ricordo che spetta loro», come ha ribadito il sindaco Anna Cisint.

A vent’anni dalla legge 92 del 2004, che ha istituito il Giorno del Ricordo, il Comune in collaborazione con Anvgd e Comitato 10 febbraio, ha voluto, così, concludere un lavoro iniziato dall’ingegner Renato Antonini anni fa e che ha portato a rintracciare quei settantasette nomi oggi sulla lapide anche della storia. «Nelle tormentate vicende del Novecento e della Seconda guerra mondiale alcuni passaggi storici sono stati rimossi dalla memoria collettiva, recando in tal modo un profondo oltraggio alle vittime di soprusi e omicidi» ha spiegato la prima cittadina.

«Abbiamo l'obbligo di non permettere che l'oblio cada sulle sofferenze inaudite che le nostre genti hanno dovuto subire nei giorni di occupazione titina della città, dal primo maggio al 12 giugno 1945 - così ancora Cisint - Per tanti anni l'immane tragedia delle foibe e quella dell'esodo sono state cancellate. Non ne parlavano i libri di scuola e non veniva onorata pubblicamente la memoria delle vittime». Dopo il suono del silenzio, curato dal trombettiere della Brigata Pozzuolo del Friuli, accompagnato dal picchetto del secondo reggimento Piemonte Cavalleria di Opicina, lo scoprimento della targa.

Accanto al sindaco anche l’ingegner Renato Antonini, curatore della ricerca, e il vicesindaco Antonio Garritani nella sua prima uscita pubblica dopo qualche giorno di assenza per motivi di salute. Il parroco del duomo di Monfalcone, don Flavio Zanetti, nel pregare l’Eterno riposo ha ribadito come «questo monumento è fatto di pietra, come spesso è il nostro cuore, duro. Chiediamo la benedizione del Signore affinché continuiamo a sforzarci di creare un’umanità più nuova nella quale poter vivere in pace. Aiutaci – così don Zanetti – a operare per costruire un mondo un po’ migliore di quello che abbiamo ricevuto».

Come detto, la ricerca è stata curata da Antonini che, nei momenti di occupazione della città da parte delle truppe titine, era un bimbo. «In quel periodo ogni giorno un’amica di mia madre correva da noi per raccontarci cos’era successo durante la notte, chi era stato portato via e i suoi toni erano di raccapriccio e tristezza», così Antonini. «Questi ricordi, ancora vivi in me, mi hanno spinto a iniziare e proseguire questa ricerca durata anni». Ricerca nella quale, stando a quanto affermato da Antonini, ha setacciato ben 68mila di nomi di persone che sono passate per Monfalcone durante i mesi presi in esame.

Rossana Moro dei Lettori in Cantiere, citando La Grande Foiba di Carlo Sgorlon, si è soffermata: «Bastava un soffio, un colpo di vento, e addio. Se si alzava la bora, che veniva da Fiume, ormai diventato stabilmente Rijeka, tanti saluti, uno era disfatto, gettato in aria come uno straccio, o una foglia di granturco. Si viveva giorno per giorno. Ogni cosa poteva accadere». Ai giovani, presenti con le scuole, ovvero le classi 1E e 1F della Randaccio e la 1S della Giacich, Cisint si è rivolta nel suo discorso: «Solo negli ultimi vent’anni si parla pubblicamente di questa tragedia che non era nemmeno ricordata. Quel cippo rappresenta il recupero della memoria».

«La dignità è anche questo, ovvero mantenere l’amore per la patria, per la nostra storia, ma mantenere anche il rispetto di chi aveva la sola colpa di essere italiano. Non ci stiamo – ha concluso - a racconti diversi e vogliamo dirlo in modo forte».

Sul tema del ricordo ma anche della pace e del dialogo soprattutto a livello comunitario, a margine della cerimonia, la senatrice di FdI Francesca Tubetti, ha rimarcato come ci sia «costante dialogo con Slovenia e Croazia». Tra i fatti da menzionare, secondo Tubetti, la presenza dei rappresentanti della minoranza slovena che oggi sono stati ricevuti dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Poi se si vuole speculare è un’altra storia, anche se la gente sciocca non ci fa più paura. Queste persone lavorano con puro stile titino creando paura nella gente, ma l’unità dei popoli europei non può essere condizionata da quattro faziosi che cercano di urlare più degli altri».

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