Il documento
Consiglio di Stato, nuovo stop alle preghiere nei centri islamici a Monfalcone

Un nuovo decreto conferma le ordinanze comunali e richiama una «prudente collaborazione». Manca ancora una soluzione.
Nella tarda mattinata di oggi - a seguito del deposito dell’istanza di esecuzione presentata mercoledì scorso dall’avvocato difensore dei centri islamici cittadini, Vincenzo Latorraca, rivolta al Presidente Carlo Saltelli della Seconda Sezione del Consiglio di Stato - il massimo organo di consulenza giuridico amministrativa ha emesso due nuovi decreti firmati dal presidente Giulio Castriota Scanderbeg.
«Il Consiglio di Stato smonta le gravi accuse fatte al sindaco» esordisce in conferenza stampa il primo cittadino Anna Maria Cisint. Con i due nuovi documenti – in sintesi, ma lo spiegheremo nel dettaglio – si conferma la validità delle ordinanze dirigenziali comunali fino al 19 marzo. «La questione investe problematiche complesse – specifica Cisint – e viene confermato il percorso che ha fatto il Comune fino ad ora».
La destinazione d’uso in osservanza agli standard di zona
«Considerando che il decreto cautelare monocratico affida alla prudente collaborazione tra le parti una possbile soluzione interinale delle contrapposte esigenze, soluzione che il Comune assume non essere percorribile in via d’urgenza – si legge nel decreto – avuto riguardo al thema decidendum, che in effetti investe problematiche complesse quali la destinazione urbanistica dell’area, la destinazione edilizia dell’immobile in rapporto ai titoli che ne hanno conformato la destinazione d’uso, anche in relazione all’osservanza di zona e, non da ultimo, tematiche che possono attingere alla sfera dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza».
Nessun pregiudizio alla libertà di culto
«Il diritto di preghiera è soggettivo – spiega il sindaco – nella vicenda prevale l’interesse legittimo collettivo»: «La libertà di culto è libertà individuale prima che collettiva» sancisce il decreto che prosegue ricordando come la stessa «non sembra poter subire pregiudizi irreparabili per il caso in cui l’immobile continui a essere utilizzato quale luogo di incontro tra associati secondo la sua originaria e persistente destinazione ed in conformità ai titoli assentiti, posto che la libertà di culto e di preghiera, in quanto diritto inviolabile dell’uomo, è garantita in ogni luogo in forma individuale». Su questo punto, Cisint sostiene che il diritto di pregare non subirà alcun pregiudizio.
La “malintesa libertà di culto”
«La libertà di esercizio della religione non potrebbe di per sé giustificare una destinazione urbanistica di un immobile diversa da quella imposta dai pubblici poteri nell’esercizio dell’attività conformativa in materia urbanistico – edilizia poiché è evidente che un immobile, intesi carente dei requisiti strutturali o di zonizzazione, non potrebbe essere trasformato in moschea o, allo stesso modo, in una chiesa per l’esercizio del culto religioso solo in nome di una malintesa libertà di culto» così il testo.
La necessità di accordo
È il decreto stesso a chiedere con forza un «ineludibile e immediato confronto tra l’associazione ricorrente e la competente autorità comunale al fine di individuare luoghi, anche alternativi a quello per cui è giudizio, ove praticare in sicurezza, anche solo provvisoriamente, il culto religioso». Sul punto in questione, il primo cittadino ricorda che «il piano regolatore è sovrano» e che, nella giornata di ieri, la Questura ha inviato ai centri delle prescrizioni inerenti all’individuazione provvisoria di due aree dove poter pregare - l’area verde della salita della Rocca e il parcheggio delle Terme Romane - a tutela della sicurezza pubblica, vista la difficile situazione.
Il commento di Cisint e le parole dell’avvocato Billiani
Il sindaco si dice soddisfatto di quanto appreso dai decreti, «è l’evidente dimostrazione della correttezza del nostro lavoro e dell’impegno dei tecnici». «Il sindaco tutela la legge – aggiunge – vengono così respinte delle condanne ipocrite». Da parte sua, il legale dell’ente Teresa Billiani, non fa nessun commento specifico, né commette alcun sconfinamento in attesa del giudizio di merito del giorno 19, ma fornisce una puntuale relazione documentale. Billiani ritiene evidente la risposta offerta dai decreti. Non c’è traccia di principi legati alle libertà religiose. «Il Comune non ha mai posto rifiuto al decreto del Consiglio di Stato». «Le affermazioni del Consiglio sono granitiche e chiare, non lasciano spazio ad altre interpretazioni o fraintendimenti». Sostanzialmente la libertà religiosa non può pregiudicare la destinazione d’uso degli immobili. Quanto scritto è quindi «affermazione lapidaria» così Billiani.
I prossimi passi
La prossima decisione del Consiglio di Stato sarà nota dopo la già fissata udienza collegiale del giorno 19. Nel frattempo, è lo stesso organo che tramite i due decreti ha ribadito come non appaia «opportuno far luogo alla nomina di un commissario ad acta in attesa della ormai prossima decisione cautelare nella più appropriata sede collegiale. Dai Centri, in ogni caso, ancora nessun commento sul tema.
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