Monfalcone, Konate sul futuro del Darus Salaam: «Ricorreremo al Consiglio di Stato»

Monfalcone, Konate sul futuro del Darus Salaam: «Ricorreremo al Consiglio di Stato»

DOPO LA SENTENZA DEL TAR

Monfalcone, Konate sul futuro del Darus Salaam: «Ricorreremo al Consiglio di Stato»

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 26 Lug 2025
Copertina per Monfalcone, Konate sul futuro del Darus Salaam: «Ricorreremo al Consiglio di Stato»

Il presidente onorario: «Non si usi il diritto per colpire chi prega». Il sindaco Fasan parla di «bontà» delle azioni comunali e richiama al «rispetto di regole e Istituzioni».

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«Esprimo la mia massima soddisfazione per l'esito del ricorso proposto dal Centro Culturale Islamico Darus Salam. L'ennesima sentenza a noi favorevole dimostra ancora una volta la bontà delle nostre azioni e che la fiducia dei cittadini e, di tutto il territorio, è quindi ben riposta. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito a questo grandissimo risultato il quale, mai si è posto dal punto di vista ideologico-religioso, ma invece da quello del rispetto delle regole e delle istituzioni». È il commento del sindaco di Monfalcone Luca Fasan alla sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia che ha respinto il ricorso presentato dal centro islamico cittadino con il quale veniva impugnato il provvedimento del Comune che disponeva l’acquisizione per legge”dell’immobile sito in via Duca d’Aosta 28.

Oggi, sabato 26 luglio, a margine della conferenza stampa sulle risorse per la città provenienti dall’assestamento del bilancio regionale, l’europarlamentare Anna Cisint ha riferito della «grande capacità del Comune di fare le scelte giuste». «Il Consiglio di Stato aveva già tracciato la rotta dopo aver evidenziato le irregolarità contrarie al Piano Regolatore – afferma l’ex sindaco – dopo quella sentenza, l’associazione Baitus Salat aveva rispettato quanto stabilito, mentre il Darus Salaam non l’ha fatto dimostrandosi arrogante. L’Ente, tutore della legalità e dei diritti di tutti, ha invece vinto. Oggi viene chiaramente stabilito un principio italiano e l’ex Centro è ora nel registro dei beni della città».

«Il culto non c’entra – precisa nuovamente l’ex sindaco – la questione ha a che fare con il rispetto per un Paese. La destinazione d’uso dell’immobile è commerciale e direzionale. Il piano regolatore è chiaro e pesa la vivibilità della città. Non è vero che spetta al Comune di trovare un luogo di preghiera a queste persone. Questi sono interessi privati». Per quanto riguarda l’utilizzo futuro dell’immobile, l’Ente fa sapere che si faranno delle valutazioni in futuro.

Contattato dalla nostra redazione, il presidente onorario del Darus, Bou Konate replica parlando di «fiducia nella magistratura». «Quando sono arrivato in Italia 41 anni fa, ero convinto che in Europa ci fosse più libertà, più equità e più giustizia che in Africa – sono le sue parole - vorrei continuo a crederlo. Due settimane fa, mentre camminavo per le strade di Bambey, una piccola città del Senegal, ho visto una chiesa e una moschea a meno di cento metri di distanza. Questo è il Senegal, il paese dove sono nato, e dove nessuno potrebbe mai immaginare che pregare possa essere considerato un reato. Ed è per questo che non riesco a pensare che qui, in Europa, continente dei diritti e delle libertà, si possa usare il diritto per colpire chi prega».

«La preghiera non è un reato. Non lo è mai stata. E non smetteremo di credere nella giustizia – continua Konate - questo è il sentimento che ci unisce oggi, come comunità, con dignità e serenità: il diritto alla preghiera, perché è di questo che si tratta, è garantito dalla Costituzione italiana». «Nessuna legge, né regionale né locale, può cancellarlo. Con lo stesso rispetto, lo stesso spirito di legalità e lo stesso amore per la nostra città, presenteremo ricorso al Consiglio di Stato» conclude Konate.

Foto di Agata Cragnolin

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