Le parole
Monfalcone, «città con grave disagio e poco accogliente»: l'accusa di Morsolin

La consigliere comunale sottolinea alcune scelte a suo dire sbagliate, dalla chiusura del centro fino alle telecamere.
La lettera aperta del rione Centro, secondo Cristiana Morsolin, denota con “gravità il disagio che esiste a Monfalcone negli ultimi anni, un disagio che nasce da una città che è diventata sempre meno accogliente per i ragazzi e le ragazze, con paghe basse e genitori sempre più soli ad affrontare una condizione compromessa da anni di lockdown e di restrizioni. Un disagio che riguarda tutti e tutte non solo i giovani, perché dove c'è qualcuno che sta male alla fine stiamo male tutti e tutte, sta male la comunità”.
Morsolin punta il dito contro l’amministrazione comunale: “Cosa ha messo in campo per i giovani e le famiglie? I centri gioco sono ancora chiusi dopo la pandemia, i posti per giocare a pallone sono recintati, i campetti trasformati in giardini in cui si può solo girare in tondo, cancelli in ogni dove e richieste di risarcimenti stellari a famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese”.
La consigliere comunale in quota La Sinistra sottolinea nuovamente come “si è voluta chiudere con spirito ideologico la microarea del centro che serviva a monitorare un territorio complesso, dare risposte ai cittadini in difficoltà. Anche agganciando i giovani e le giovani più soli e coinvolgendoli in progetti positivi, fuori dal contesto scolastico, cioè quando sono più soli e fuori dai tradizionali percorsi educativi e di protezione. Anche il centro giovani ormai non ha più una funzione aggregativa e coesiva, trasformato in un corsificio sordo alla sfida del lavoro di strada”.
“La città con più telecamere oggi ci presenta il conto sul piano sociale e lo fa con la parte più fragile di noi, i ragazzi e le ragazze. Ma non c'è più sordo di chi non vuol sentire e quindi la risposta che dà la sindaca ancora una volta è una risposta ideologica che non tiene minimamente in conto di quelle che sono le nuove modalità di intervento in una società sempre più complessa e frammentata anche dopo il covid. Non basterà un progetto a spot con il titolo di "welfare di comunità" per fare comunità. C'era bisogno di fare, negli anni, investimenti seri, costanti ed ingenti”.
“Le scelte divisive di questi anni invece, che puntano il dito sui nemici del momento, anziché fare comunità, finiscono per ricadere su quelle fasce giovanili che già oggi non hanno più un posto dove andare a giocare liberamente a pallone, non hanno luoghi di ritrovo, senza più il supporto degli operatori di strada eliminati da chi evidentemente pensava fossero una spesa inutile. Per questo non bastano interventi "spot", perché la coesione sociale non si pratica con un video su facebook o qualche buona pubblicità”, sottolinea ancora Morsolin.
“Questa amministrazione ha ridotto, durante il suo lungo primo mandato, di circa 2 milioni di euro rispetto al 2016 i finanziamenti per interventi sulla sua comunità. Ma chi risparmia sul sociale oggi ne paga un prezzo doppio domani. Questa amministrazione ha avuto l'ennesima occasione per fare autocritica e promuovere programmi educativi, di socialità e promozione di comunità, per l'ennesima volta ha preferito evocare la repressione, la punizione, con un linguaggio punitivo che non si argina nemmeno davanti alla minore età dei protagonisti. L'ennesimo debito con il futuro della città e con i cittadini di domani”, conclude Morsolin.
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