Nel ricordo delle vittime
Monfalcone, al MuCa di Panzano la memoria della fibra killer raccontata agli studenti
Scuole e Istituzioni a confronto nel polo museale per non dimenticare una ferita sociale ancora aperta. Nel 2025 i casi sono ancora in aumento e la prevenzione resta l'unica arma a disposizione.
Era considerato come un utile isolante, praticamente ignifugo, economico e facilmente lavorabile: queste le caratteristiche dell’amianto, un materiale che oggi riconduce immediatamente alla sua pericolosità e alle varie patologie ormai tristemente note, ma che fino al 1992 in Italia è stato uno degli elementi più impiegati in ambito edilizio e, nel caso di Monfalcone, largamente utilizzato nell’industria navale.
Proprio al Memoriale vittime dell’amianto del MuCa ha preso vita stamane, venerdì 19 dicembre, un percorso fatto di memoria e ricordo delle numerose vittime, passate e presenti, della “fibra killer”, introdotto e mediato dal giornalista Roberto Covaz, che ha affrontato il tema mantenendo viva la memoria degli uomini e delle donne che hanno perso la vita dopo aver inalato fibre di asbesto sul posto di lavoro, introducendo il tema alle classi quarte A e B dell’ISIS Pertini, la terza E dell’istituto Giacich, e la seconda e le prime D ed E dell’istituto comprensivo Randaccio. «Questo tipo di incontri, oltre a mantenere viva la memoria, rendono tutti voi ragazzi e ragazze cittadini consapevoli – racconta Covaz – è importante ricordare tutti coloro che hanno perso la vita senza mai essere tutelati e messi sempre all’oscuro dalle vere pericolosità di quel materiale».
Quel materiale tanto pericoloso quanto silenzioso è entrato negli anni nelle case dei lavoratori, rappresentando non solo un rischio per chi ogni giorno manipolava le fibre di eternit, ma anche per chi lavava il “terlis” ricoperto dalla polvere di amianto che, irrimediabilmente, si disperdeva in brevissimo tempo negli ambienti circostanti, facendo ammalare mogli e figli di tumori che sarebbero insorti improvvisamente anche dopo 70 anni dalla prima inalazione. «Una realtà che ha segnato profondamente Monfalcone mietendo moltissime vittime inconsapevoli nel corso degli anni – ha lasciato scritto in una nota il sindaco Luca Fasan – Monfalcone è stata però anche la prima a mappare in tutto il territorio la presenza di asbesto, riuscendo ad eliminare mano a mano oltre 380 coperture».
C’è anche chi, fra i presenti, ricorda benissimo la presenza dell’amianto nella vita quotidiana: «Quando ero piccola ricordo benissimo le lastre ondulate in eternit sul tetto della rimessa e del nostro garage – racconta il vicesindaco Marta Calligaris – solo negli anni successivi ho compreso veramente cosa poteva causare quel minerale tanto pericoloso, le persone vivevano nel terrore di contrarre in futuro la malattia». Con commozione la dottoressa ha ricordato anche la perdita del padre per il medesimo motivo, invitando tutti i presenti a «non dimenticare le tantissime vittime e ad evitare il più possibile di ripetere errori come questo».
Un tema che, nel corso degli anni, ha fatto molto discutere dato che, già negli anni Cinquanta del secolo scorso, «si conoscevano i rischi portati dall’inalazione di amianto, già nel 1965 si era compreso che le fibre causavano il mesotelioma»: queste le parole del Direttore della Struttura Complessa Prevenzione Sicurezza negli Ambienti di Lavoro Luigi Finotto, che ha anche sottolineato come l’asbesto sia ancora largamente diffuso al di fuori dell’Europa, dato che è legalmente accettato in piccole quantità negli Stati Uniti e invece ancora largamente impiegato in India.
Di morti di amianto non sono però stati interessati solo i lavoratori del cantiere navale, ma anche tantissime donne che in regione lavoravano in aziende tessili, che «sfruttavano la grande proprietà di isolazione per intrecciare fibre di amianto al semplice tessuto per poter creare coperte e copriletto», così il Direttore del Centro Regionale Unico Amianto Paolo Barbina. Il dottore ha inoltre analizzato il recente andamento dei pazienti malati a causa dell’amianto e, per quanto non lo si possa pensare, i casi sono ancora in aumento, inserendo addirittura il 2025 in «uno degli anni peggiori per le vittime di amianto», conclude Barbina.
«Una vicenda ancora drammaticamente in vita che oggi continua a mietere diverse vittime – ha invece sottolineato il vicepresidente di LILT Umberto Miniussi – è necessario oggi, come non mai, poter garantire attenzione e continua ricerca nei confronti di questi mali ancora senza una cura». Da parte di Chiara Paternoster, esponente dell’Associazione Esposti Amianto Monfalcone, non sono invece invece mancati riferimenti al già noto “decreto vergogna”, definito come un tema “intollerabile”.
«Vivo questa giornata con una sofferenza profonda. Come sappiamo tutti, ci sono ferite che non si rimarginano e questa continua a sanguinare ogni giorno. Questo memoriale l’ho voluto profondamente proprio per ricordare, per non dimenticare. È l’unico museo di archeologia industriale collocato accanto a un sito produttivo attivo: un luogo pensato per custodire la memoria di chi ha dedicato anima e corpo al lavoro e per questo ha perso la vita, ma anche per ricordare momenti difficili, come la perdita del diritto alla giustizia, e per dire ai giovani quanto sia importante conoscere la sofferenza di chi ha pagato con la propria vita l’amore e la dedizione al lavoro» ha affermato l’onorevole Anna Maria Cisint in un video contributo presentato all’iniziativa visti i suoi impegni istituzionali a Roma.
Ad esprimersi anche il presidente del Consiglio comunale Gabriele Bergantini: «La città di Monfalcone porta con sé una ferita ancora aperta e segnata da ciò che ha causato l’amianto nel corso del tempo». A chiudere gli interventi è stato don Flavio Zanetti, che ha voluto sottolineare l’importanza del tema della prevenzione e della necessità di mobilitarsi per poter garantire alle nuove generazioni un futuro migliore.
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