lo studio
Un minerale raro affiora vicino Gorizia, la scoperta che racconta nuovi aspetti del territorio
Scoperto per la prima volta nel 1926 in Siberia, alcune tracce sono emerse nel rio Groinizza. La sua formazione risale a migliaia di anni fa.
È una scoperta che non risale a oggi, ma che ha ormai qualche anno. Fino a ieri, però, la cosa non è stata minimamente calcolata, non ritenendola così interessante. Nei dintorni di Gorizia, è stata scoperta la presenza dell’alumohydrocalcite, minerale raro di cui si ha le prime notizie nel 1926, dopo degli studi del ricercatore Jurij Aleksandrovič Bilibin che la scoprì nel distretto di Khakassky nel sud della Siberia, in Russia. A ritrovare la presenza di questo carbonato idrato è stato Graziano Cancian, socio del Centro ricerche carsiche “C. Seppenhofer”, che nelle scorse settimane ha recuperato sue vecchie analisi condotte lungo il rio Groinizza.
I dati, pubblicati nell’ultimo numero della rivista Sopra e sotto il Carso, mostrano che l’alumohydrocalcite era scarso, quasi al limite del riconoscimento, ma comunque presente. Solitamente si presenta sotto forma di cristalli, aggregati fibrosi e sferule di colore biancastro, ma anche giallo chiaro, bianco-bluastro o perfino viola, in quelle varietà che contengono anche cromo. Può formarsi a bassa temperatura per l’azione di acque carbonatiche su allofane o dickite in calcari e dolomiti. Dopo la prima scoperta, fu trovata solo in poche altre località, perciò il minerale è tuttora segnalato come “raro”. In Italia, il primo ritrovamento è stato nel 1981, vicino Bolzano.
Questa scoperta, comunque, “ha solo un interesse scientifico - spiega Cancian -, in quanto si tratta del calcare con dentro più alluminio. Non ha un impiego pratico, ma serve a determinare quali reazioni chimiche avvengono nei nostri terreni, essendosi formato fino a qualche migliaio di anni fa dentro la roccia”. Il tutto è inserito all’interno della geochimica, che studia le reazioni che avvengono nel sottosuolo. In ogni caso, lo stesso studioso va con i piedi di piombo sul tema: “Si tratta solo di indizi, per approfondire servono voglia e mezzi. Io ho fatto gli esami tramite la diffrattometria a raggi X nell’Università di Trieste, ma senza questo è un difficile approfondire”.
“Anche queste nostre colline - prosegue Cancian - nascondono qualcosa di interessante. Per avere la prova reale della presenza di questo minerale servirebbe un’analisi chimica completa, che non ho potuto fare perché ho ritrovato solo qualche grammo e, oltretutto, mescolato alla sabbia”. La scoperta risale a circa quattro anni fa, riemersa per caso in vecchie carte. Oltre al primo ritrovamento in Alto Adige, ce ne sono stati altri anche nel Vicentino, nel 2012. “Le segnalazioni in Italia sono poche e dovute anche alla difficoltà di identificarlo, che non si fa più a occhio nudo o solo al microscopio. È classificato come raro, ma servirebbero analisi più approfondite”.
Nella foto: analisi della conducibilità elettrica nel rio Groinizza; nel particolare: un granello di sabbia ritrovato, visto al microscopio. L’incrostazione chiara potrebbe essere alumohydrocalcite o calcite (da Sopra e sotto il Carso).
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