Gioco d'azzardo, malattia per quasi 200 persone tra Gorizia e Trieste

Gioco d'azzardo, malattia per quasi 200 persone tra Gorizia e Trieste

la dipendenza

Gioco d'azzardo, malattia per quasi 200 persone tra Gorizia e Trieste

Di Michela Porta • Pubblicato il 17 Mar 2024
Copertina per Gioco d'azzardo, malattia per quasi 200 persone tra Gorizia e Trieste

Nell'area dell’Azienda sanitaria giuliano isontina, risultano essere 196 le persone assistite. Nato a Udine il primo gruppo regionale in totale anonimato.

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Il gioco d’azzardo risulta essere un’attività legale e socialmente accettata, ma in realtà si tratta di una vera e propria dipendenza comportamentale. Una malattia che, a livello nazionale e regionale, secondo il Report sulle dipendenze 2021, è in crescita esponenziale. Nel 2021, gli utenti con dipendenze comportamentali in carico nei Servizi per le dipendenze patologiche (SerD) del Friuli Venezia Giulia sono stati 450 e ben 365 riguardavano il gambling. Nell'area dell’Azienda sanitaria giuliano isontina, risultano essere 196 le persone assistite. Dati, chiaramente, molto parziali, in quanto la maggioranza delle persone affette da tale problematica non risulta essere in cura o cercare aiuto.

Proprio per questo, nel 2019 si è stimato raggiungere in regione un numero di almeno 6mila famiglie legate a tale problematica. C’è quindi bisogno di un supporto e aiuto costante per portare consapevolezza a chi soffre di questa malattia. A tal proposito, a Udine è nato il primo gruppo di giocatori anonimi (GA) regionale, basato sul programma dei 12 passi nato nel 1957 negli Stati Uniti allo scopo di evitare ricadute. Si tratta di un’associazione formata da giocatori in recupero senza scopi di lucro, politici o religiosi, totalmente gratuita e basata sull’anonimato. L’unico requisito è voler smettere di giocare.

La fondatrice del gruppo, che vuole rimanere anche lei senza nome, ci racconta: «Ho iniziato a giocare semplicemente con una monetina. Ho vinto e poi ho continuato a giocare, sempre di più. Toccato il mio fondo, dopo non aver pagato l’affitto per un anno e non avendo neppure i soldi per la spesa, ho chiesto io per prima aiuto al gruppo GA nazionale. Ho frequentato per un anno e poi, proprio perché mi avevano aiutato a smettere, ho deciso di aprire anch’io una stanza in regione per aiutare altre persone con questo problema. Nessuno più di chi ci è passato può capire cosa stai passando. Vedere chi ce l’ha fatta a smettere dà forza e speranza».

«Siamo attivi dal dicembre dello scorso anno - prosegue - e ci riuniamo il lunedì dalle 18 alle 20, sia online che di persona in viale Resistencia 71 a Udine, presso San Domenico» Per chi volesse contattarli: 3405481458 oppure via email a udine@giocatorianonimi.org. Molte persone continuano a non chiedere aiuto perché è ancora idea comune che si tratti di un vizio o semplicemente di un problema finanziario. Invece, come in tutte le dipendenze, si parla di vera e propria malattia che nasce da un vuoto interiore che dev’essere riempito. Le dipendenze sono in aumento sempre più perché il vuoto è sempre più grande e la società sempre più malata.

Questo disturbo comportamentale è constatato dall’Oms e, come ci spiega una giocatrice in recupero, «si tratta di disturbo ossessivo compulsivo comportamentale, una malattia emozionale progressiva che può portare anche alla pazzia e alla morte. Non ha a che fare con il denaro bensì con la perdita di controllo e viene molto sottovalutata. Per questo, ci si vergogna. Si perde tutto: beni materiali, famiglia, perfino la dignità. Non si potrà mai tornare a giocare normalmente: la prima giocata è per un giocatore come la prima dose per un dipendente. Prima o poi si ricade negli stessi schemi vecchi ed autodistruttivi. Bisogna effettuare una rottura netta».

E questo vale anche per chi crede di non avere un problema: «Molti giocatori compulsivi pensano che l’astinenza voglia dire recupero ma non è così. Ci sono giocatori che non giocano mesi ma, nel frattempo, i periodi intermedi sono caratterizzati da nervosismo, malessere e pensieri non costruttivi». Se, nel periodo della pandemia, la chiusura degli spazi fisici per il gioco e le scommesse ha portato a una riduzione delle richieste di presa in carico nei SerD, ciò non ha comportato una riduzione del gioco in sé. Anzi. Sono infatti aumentati i giocatori on-line, più difficili da intercettare e nei quali si è potuti incorporare anche la fascia dei minori con la possibilità di creare account falsi senza problemi.

Rilevante resta, per la nostra zona, la vicinanza con la Slovenia, Paese con regolamentazione più permissiva e che ospita una decina di strutture apposite per il turismo del gioco. Gioco proibito ai residenti ma aperto ai turisti esterni, fondamentali per l’economia del loco portando un grandissimo giro d’affari e di lavoratori. I casinò sono accoglienti, grandi, con disponibilità di cibo e personale ad ogni ora del giorno e della notte. Per chi soffre di ludopatia, tempo e spazio svaniscono in questi luoghi in cui perfino il suono delle macchinette diventa ossessivo e disorientante, fino a quando, con un brusco risveglio, ti ritrovi prosciugato, economicamente e mentalmente.

Per chi resta dentro al confine, spesso la comodità riguarda il gioco vicino a casa, magari spostandosi da una sala slot all’altra, da un bar all’altro per non dare troppo nell’occhio, potendo contare su vincite o perdite immediate e senza bisogno di addetti ai lavori. Per questo motivo, come richiesto dalla Direzione centrale Salute della Regione, l'amministrazione comunale di Gorizia ha stabilito una distanza di almeno 500 metri tra punti sensibili - come bancomat, luoghi frequentati da minori e altro - e centri scommesse.

«Solo il 3% di chi chiede aiuto riesce a uscirne - conclude un membro di GA - Spesso accade che chi non continua il percorso di consapevolezza verso se stesso con i gruppi anonimi, ricade. Questo perché il nostro recupero dura tutta la vita: possiamo tenere a bada la malattia ma ogni giorno dobbiamo fare il primo passo, quello di accettare di avere un problema. L’importante è riprendere la nostra vita in mano. Tramite le istituzioni, i nostri gruppi e in qualsiasi altro modo o più modi insieme, se necessario. Perché possiamo».

Foto di form PxHere

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