Il luna park di Virginia Raffaele illumina Gorizia, nella tana della fantasia

Il luna park di Virginia Raffaele illumina Gorizia, nella tana della fantasia

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Il luna park di Virginia Raffaele illumina Gorizia, nella tana della fantasia

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 18 Mar 2022
Copertina per Il luna park di Virginia Raffaele illumina Gorizia, nella tana della fantasia

Il viaggio nei ricordi dell'attrice, cresciuta in un luna park, tra fantasie e ricordi.

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Un passo alla volta, a tratti tutti insieme, fino ad arrivare al salto nel vuoto dentro la tana del Bianconiglio. Virginia Raffaele è una piccola e grande Alice nel viaggio che porta sul palco con il suo spettacolo “Samusà”, andato in scena ieri sera e atteso in replica oggi, venerdì 18 marzo, al Teatro Verdi di Gorizia. Un tuffo di quasi due ore all’interno di una vita ormai passata, quella che ha visto l’eclettica attrice nascere dentro un luna park di Roma. In quel vortice di volti, linguaggi, pensieri e animi, la protagonista ha imparato le basi della sua arte, fatta di voci e movimenti che vanno oltre la semplice imitazione.

La tecnica prende vita propria, percorrendo i cunicoli della memoria illuminati dalle insegne al neon di tirassegni e giostre. A firmare la regia è Federico Tiezzi, con la sceneggiatura ad opera anche di Giovanni Todescan, Francesco Freyrie, Daniele Prato e la stessa protagonista. Un universo ormai spento nella realtà, ma rimasto vivo nei ricordi di Raffaele, interprete di fotografie sbiadite nella memoria di tanti: sere d’estate passate a giocare nella piena spensieratezza. Inconsci di essere a propria volta i personaggi di uno zoo umano osservato da una giovane giostraia, cresciuta dietro al bancone del chiosco.

Le storie che riemergono da quei ricordi appaiono tanto realistiche quanto assurde, in vortice dove ogni parola - soprattutto la più assurda, tratto dal vocabolario tutto speciale dei giostrai - diventa la chiave di un piccola, grande fessura. Da quello spioncino, si arriva ad osservare il Papa che fa filotto di punti con il fucile a pallini, davanti solo all’ubriacone della comitiva a cui nessuno concede il lusso della fede. Concetto, questo, che si accosta al gesto meccanico e quotidiano di rimettere in moto l’intero parco, dando quella spinta vitale necessaria per riaccendere le luci dei sogni, materia concreta fatta di felicità.

Insieme alla protagonista, che racconta sé stessa, ci sono anche i suoi infiniti personaggi, tanto da chiedersi quanti siano effettivamente dentro di lei. C’è una Patti Bravo fatata, evoluzione del bruco che accoglie Alice sul suo sentiero, avvolta in un fumo di estasi dei ricordi del piacere; la piccola Maura, bimba abbandonata nel mezzo del luna park ma comunque felice per essere lì, con un humor alla Woody Allen tra sarcasmo e amara allegria; Donata Stirpe è il volto delle risate che, seppur limitate dalle rughe, non vogliono saperne di essere dimenticate, ricorrendo al più classico degli scherzi dietro alla cornetta del telefono.

Virginia Raffale è un mare di voci e racconti, dedicando gli ultimi minuti a quelli più attuali e iconici che l’hanno resa famosa sul palcoscenico televisivo: da Giorgia Meloni a Sabrina Ferilli, passando per Ornella Vannoni, Belen Rodriguez e Bianca Berlinguer. Un concerto psichedelico nel bel mezzo di onde agitate, che calano su quel labirinto del pensiero in cui è finito il luna park dell’infanzia. Fino a quando la piccola giostraia non si affaccia davanti allo specchio dei volti, rivendendo un briluccichio negli occhi mai dimenticato. Ecco allora che si riaccendono le luci, questa volta per non spegnersi mai e donare nuovi sorrisi, senza fine.

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