LA LETTERA
Lettere - Se vuoi la pace, lavora per la pace!
Enrico Altran sottolinea la necessità di «diventare tutti strumento di pace» per contrastare quelle tendenze che, dai rapporti quotidiani alle leadership globali, conducono inesorabilmente verso il conflitto.
Enrico Altran ci propone una lettera dove, in maniera sentita, il «diventare strumenti di pace» a partire del nostro piccolo si prospetta come unica soluzione ad un clima gravemente tendente al conflitto: non solo al livello più alto delle leadership nazionali - dove «si continua a preparare guerre e a combatterle con sempre maggior crudeltà» violando regole che sembravano condivise -, ma anche nell’intera società dove la violenza del linguaggio va rinforzando una sempre maggior polarizzazione. [F.D.G.]
In queste settimane abbiamo più volte sentito i nostri leader ripetere la frase attribuita allo scrittore romano Vegezio: "si vis pacem para bellum".
L'avrebbe scritta nel IV secolo d.C. e da allora (e prima di allora) ne sono state combattute di guerre, sono stati armati eserciti, sono morte sterminate moltitudini di uomini, donne, bambini, in massacri infiniti, che sembrano non avere mai fine.
Si continua a preparare guerre, si continua a combatterle, con sempre maggior crudeltà, violenza, violazione di regole che sembravano condivise ma che, per la prepotenza e spesso incapacità di quelli che dovrebbero essere leader, portano distruzione, fame e morte arricchendo pochi spregiudicati assassini.
Il ministro della difesa italiana ha affermato recentemente che l'Italia non sarebbe preparata per una guerra. Ma ci si chiede, a fronte di un arsenale nucleare in grado di annientare cento volte la vita sulla Terra, come ci si potrebbe preparare ad una guerra?
Non mi sento un povero illuso, ma l'unica via che vedo per poter sperare di sopravvivere e prosperare è la via della pace. Non si tratta di una via semplice ed a portata di mano, è una via che richiede tanta energia per mediare, per capire l'altro, per cercare soluzioni che vadano bene ad entrambi, ma adesso non ci sono alternative.
Si vis pacem para pacem. È un imperativo che ci deve coinvolgere tutti, ciascuno nel proprio ruolo sociale, dai rapporti in famiglia, a quelli di vicinato, al posto di lavoro, alla scuola, all'università, nella Chiesa e nel mondo laicale.
Nell'azienda dove ho la fortuna di lavorare vige un codice, non scritto, in base al quale sono vietate le liti. Vengono considerate come uno spreco di tempo e risorse che sarebbero più utilmente impiegate a cercare e trovare soluzioni. Quando ci fu proposto mi sembrava una forzatura, ma adesso la trovo una idea di una forza dirompente.
In direzione opposta va, invece, il linguaggio rozzo, volgare e diretto che si sta diffondendo, partendo dai leader ma che poi attraversa sempre di più l’intera società. Stanno saltando le tante premure e cautele che avevamo solo pochi anni fa, nel linguaggio e nei messaggi. Con la scusa di " dire ciò che penso, senza ipocrisia", si è rapidamente arrivati all'offesa diretta e violenta, alla denigrazione di chi la pensa diversamente da me.
Ed è evidente come il battere i pugni, l'urlare sui social e sui media non ci stia migliorando la vita, anzi, stiamo sempre peggio. Anche il momentaneo sollievo che si prova quando si manda a quel paese il nostro interlocutore, poi ci rimane dentro un malessere, una rabbia, un fastidio, che aumenta sempre.
Ci avviciniamo alla festa di San Francesco, tutti lo conosciamo, spesso superficialmente, ma forse ricordiamo che il poverello di Assisi chiedeva: “Signore fammi strumento della tua pace”. Ecco, dovremmo tutti puntare a diventare "strumento di pace" e la cosa che più meraviglia è che lo potremmo diventare veramente, se solo ne fossimo più convinti.
Per esserlo dovremmo fare uno sforzo in più, dovremmo imparare a pensare che dietro alle cronache di bambini, donne e uomini uccisi, ci sono persone reali, con le loro relazioni, con le loro case e con le loro aspirazioni. Sono come ciascuno di noi, non sono qualche numero scritto su un articolo di giornale. A questo punto la decisione di fare sempre ed in ogni luogo il nostro meglio per preparare la pace potrebbe diventare veramente contagiosa ed il nostro parlare ed il nostro essere potrebbero evolversi verso un benessere collettivo e diffuso.
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