LA LETTERA
Lettere - «A Ronchi un 25 Aprile che ha fatto scuola, nessuno l'ha silenziato»

Marco Barone propone una riflessione sul forte sentimento che ha animato la giornata nel comune bisiaco, definendo «strumentale» l'accusa di mancato rispetto della sobrietà richiesta dal lutto per il Papa.
La recente celebrazione del 25 Aprile tenutasi a Ronchi dei Legionari continua a far discutere: ci scrive Marco Barone, riflettendo su come a suo avviso la cerimonia a sia stata in realtà piena espressione, seppure per certi versi «irrituale», del sentimento e dell'impronta antifascista che contraddistinguono la storia del comune bisiaco. Un'edizione a suo avviso tra le più partecipate di sempre, che è stata capace di superare la tradizionale discorsività retorica per toccare corde emotive più profonde. «Strumentale», secondo Barone, l'appello alla sobrietà richiesta dal lutto per la morte di papa Bergoglio e presumibilmente infranta dal contenuto di alcuni interventi: si tratterebbe solo di un tentativo di «silenziare» un anniversario fondamentale della storia repubblicana. F.D.G.
Winston Churchill in una delle sue battute infelici disse che era alquanto “Bizzarro il popolo degli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti”. Il qualunquismo e la generalizzazione non rende mai giustizia e verità alla storia.
A Ronchi, nell'ottobre del 2026 ricorrerà il centenario della prima vittima del fascismo nella nostra città. Si tratta di Erminio Rusig di Vermegliano, accusato, nell'aprile del 1925, di aver asportato l'emblema del fascio dalla sede di via Roma e gettata sul tetto di un’edificio antistante, nei pressi dell’attuale sala Excelsior. L’atto fu opera di un gruppo di giovani antifascisti. Ci fu una retata dei fascisti e lui venne ferito gravemente per morire, purtroppo, giovanissimo, qualche a causa delle ferite riportate il 25 ottobre del 1926. E sarebbe bene ricordarlo a dovere nel prossimo anno, come la prima vittima ronchese del fascismo nella nostra città. Come è stato ricordato, durante le preziose parole ascoltate durante una delle edizioni più partecipate di sempre di questo 25 aprile a Ronchi, che chi si rifiutava di avere la tessera del fascismo, al cantiere di Monfalcone, il lavoro lo ha perso.
Dunque, no, caro Churchill, di antifascisti in Italia ve ne erano e non pochi. Questo 25 aprile rimarrà nella storia per la parola “sobrietà”. Il Papa Francesco si sarà rivoltato nella tomba per come è stata strumentalizzata la sua morte, perché è evidente che qualcuno ha cercato di cogliere l'attimo di questo lutto esteso ad oltranza, per cercare di silenziare uno dei giorni più importanti della storia repubblicana italiana. Ma a Ronchi non ci sono riusciti, ed i discorsi sono andati anche oltre la solita “retorica”. C'è stata partecipazione ed emozione nel cantare "Bella Ciao", come non accadeva da tempo, c'è stata grande emozione nelle parole espresse dalla presidente dell'Anpi, Marina Cuzzi, c'è stata tanta condivisione nella parole oltre gli schemi rituali e profondamente politiche di Marta Cuscunà, che a qualcuno probabilmente hanno recato scompiglio, in un contesto storico dove c'è veramente da indignarsi più che aver detto che il fascismo è una montagna di merda, del fatto che il fascismo di oggi, in giacca e cravatta, è cinico e violento e perfido come quello di ieri, a partire da ciò che accade ai migranti.
Ma citiamo anche Gianni Peteani, che nel suo discorso ha sottolineato come stride l'intitolazione a “dei Legionari” di Ronchi rispetto alla storia partigiana della città, ha evidenziato l'importanza di continuare a ricordare sua mamma, Ondina e ha condannato l'occupazione di Tito della Venezia Giulia, parlando, dal suo punto di vista di “vendetta”, ma nello stesso tempo ha criticato la decontestualizzazione politica di quei 42 giorni; così come apprezzamento c'è stato nelle parole dei ragazzi boy scout che hanno preso la parola oltre che per le parole semplici ma efficaci espresse dal Sindaco il quale ha evidenziato che Ronchi omaggerà con la cittadinanza onoraria, proprio Ondina Peteani.
Insomma, a Ronchi, l'antifascismo si esercita anche con i fatti e non solo con le parole, ricordiamo che siamo stati uno dei pochi comuni della nostra regione e anche d'Italia a revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, nonostante quel "dei legionari" che è incompatibile con la storia partigiana ronchese, e l'auspicio è che anche le prossime ricorrenze del 25 aprile possano continuare ad essere partecipate, “irrituali” nelle parole e sentite come questo ottantesimo anniversario della nostra festa di liberazione dove non è mancato certamente il rispetto per il lutto per la scomparsa del Papa, ma si è voluto accentuare il fatto che l'antifascismo, che ha in via trasversale coinvolto pluralità della nostra società, dai comunisti, ai cattolici, dai laici, a chi lo ha anche rinnegato, è un valore tutt'altro che superato dalla storia e dal tempo e che non potrà mai essere silenziato, almeno a Ronchi non ci sono riusciti.
Foto Archivio
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