Lettere – Non respirare

Lettere – Non respirare

LA LETTERA

Lettere – Non respirare

Di LUIGINO FRANCOVIG • Pubblicato il 09 Nov 2025
Copertina per Lettere – Non respirare

Luigino Francovig torna su un tema a lui caro, ovvero la ‘lezione’ che l’amianto dovrebbe insegnare in termini di prevenzione rispetto a nuove tipologie di materiali potenzialmente pericolosi e cancerogeni.

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Ci scrive Luigino Francovig, ritornando a riflettere su un tema a lui caro e sempre attuale, guardando alla situazione della sicurezza sul lavoro: la lezione data dal dramma dell’amianto. Un monito che dovrebbe essere la base per una nuova frontiera di sviluppo della prevenzione rispetto agli effetti dell’esposizione ad altri materiali potenzialmente pericolosi ed anche cancerogeni, Francovig cita studi a livello locale e direttive europee, indicando composti chimici da attenzionare e direzioni da seguire per evitare il ripetersi di tragedie tra i lavoratori della cantieristica e non solo. [F.D.G.]

Commenta il suo scritto con parole sentite e forti anche Franco Buttignon, altra firma ricorrente tra le nostre corrispondenze: «La lucida analisi che offre Luigino, in allegato, non lascia spazio ad inutili osservazioni o commenti di chi il problema non lo conosce o non lo ha mai affrontato seriamente e socialmente per difendere i diritti dei lavoratori. Tutti sappiamo e conosciamo il vero problema ma nessuno si muove politicamente per una soluzione definitiva. Intanto la grande fabbrica continua a seminare morte con l'uso delle fibre vetrose ed i partiti e le OO.SS. fanno spallucce per far vincere, ancora una volta il business che non porta rendita alla città di Monfalcone ma solo lavoro per becchini comunali e per chi esegue autopsie ed ai becchini comunali».

Nei mesi scorsi lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha riconosciuto che importanti elementi che compongono i fumi della saldatura e del taglio al plasma sono cancerogeni. Penso ai miei compagni di lavoro, alle migliaia di saldatori e carpentieri impegnati a costruire le navi esposti a questi fumi, alle conseguenze subite, alle sofferenze, alle tante lotte per la salute, al mezzo litro di latte quanto è costato. Respirare è una questione di vita e di morte, fumi e fibre. Perché non succeda più.

Ci troviamo nelle terre delle morti di amianto italiane e slovene, nelle terre delle esposizioni ai materiali potenzialmente pericolosi di ieri ma che hanno una continuità anche oggi, con nuovi materiali. Dopo 33 anni del suo divieto di utilizzo, in Regione, ogni anno muoiono 200 persone, mentre il lavoro continua ad uccidere.

Ci troviamo in una città ferma a qualche azione di testimonianza, stordita, chiusa ermeticamente in un silenzio che respinge la realtà, rispetto a quanto sta avvenendo sui posti di lavoro dove la prevenzione della salute e della sicurezza ha dei risultati deludenti.

Davanti agli infortuni avvenuti, oltre alla solidarietà dovuta, alla richiesta di corsi, a parlare di appalti, come titoli vuoti per un giorno, manca un disegno complessivo. Oltre quella degli “infortuni zero” va costruita la nuova frontiera in cui sviluppare la prevenzione che l’amianto ha indicato, quella dell’utilizzo, quindi dell’esposizione ai materiali potenzialmente pericolosi, anche cancerogeni. Nella nostra realtà, nelle industrie locali, in particolare le fibre artificiali vetrose, i fumi di saldatura e del taglio al plasma con centinaia di lavoratori esposti.

Per evitare un ragionamento liquido provo a definire una cornice che individuo nelle Direttive europee, iniziate nel 1989 inaugurando la politica comunitaria sul “miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. Una “Direttiva quadro” in continua evoluzione, in seguito sono state approvate 26 su specifici rischi lavorativi. Visti i dati degli infortuni e degli omicidi sul lavoro che in Italia non diminuiscono e dato il tempo trascorso ritengo giusto vada fatto il punto, chiedersi se le direttive europee hanno fallito, verificare i passaggi.

L’interrogativo a cui rispondere è se vi è un difetto originario nelle direttive, oppure il problema si pone nell’ambito del recepimento italiano, vista la diversità dei risultati tra paesi membri. Inoltre va valutata la completezza dell’estensione per una efficacia dell’applicazione preventiva per preservare e migliorare la sicurezza e salute, senza ritardi. A questo riguardo viene confermata la posizione del Magistrato Guariniello che segnalava per il nostro paese una grande produzione e varietà di norme in materia di sicurezza accompagnata da una grande confusione applicativa.

Si tratta, a livello Europeo, di Direttive “sociali” finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita, di Direttive e regolamenti con finalità di “mercato”, cioè volte a garantire degli standard uguali per tutte le imprese per una competizione a pari condizione. A queste valutazioni vanno aggiunti i regolamenti sulle registrazioni, valutazione, classificazione, etichettature, imballaggi delle sostanze cancerogene che hanno ovvie ricadute dei rischi sui lavoratori. Non sempre sono a favore dei lavoratori come la Direttiva del 2017 per l’aggiornamento dei livelli di sicurezza delle sostanze cancerogene, es. silicio. Rispetto alle esposizioni ai materiali potenzialmente pericolosi, per definire le politiche di restrizione o divieto per quanto riguarda i lavoratori delle industrie, che ricevono le maggiori dosi e le più alte concentrazioni, si usa il criterio epidemiologico con analisi nei laboratori dove l’ambiente e totalmente diverso dai posti di lavoro.

A Monfalcone è stato fatto l’unico studio in fabbrica nei posti veri dove operano gli operai, nel 2002/2006. Occorrono diversi anni per riuscire a eliminare dalla produzione una sostanza che si è dimostrata cancerogena e nel frattempo l’industria mette sul mercato sostituti presentati come meno pericolosi ma che nei fatti si differiscono ben poco, ricominciando da capo il processo di valutazione.

Dopo tanti anni di utilizzo ed esposizione, è di pochi mesi fa il riconoscimento che diverse sostanze che compongono i fumi della saldatura e del taglio al plasma sono cancerogene. Pensiamo l’importanza di queste lavorazioni per costruire le navi, a quanti lavoratori esposti, a quante conseguenze non riconosciute, a quante sofferenze. Il mezzo litro di latte pagato caro!

Le Fibre artificiali vetrose sono dentro questa cornice: allora basta silenzio. La conoscenza che i rifiuti delle fibre artificiali della nave Concordia sono stati classificati cancerogeni; le criticità emerse sulla classificazione del materiale, la mancanza in Italia di un laboratorio attrezzato, ecc. studio SPSAL Azienda USL di Reggio Emilia; la mancanza di analisi sugli elementi che compongono il materiale e sugli effetti moltiplicatori nelle conseguenze sui lavoratori; l’assenza della raccolta dati individuali sui lavoratori esposti: sul tipo di materiale usato, sui tempi di esposizione, sulle protezioni individuali, sulle ditte responsabili, mette a nudo il lavoratore in caso di conseguenze sulla salute, come per quello del riconoscimento; tutto questo chiama in causa e alla responsabilità tutti i soggetti politici, istituzionali, di interesse al lavoro, alla salute, all’ambiente.

E un atto di attenzione importante è rappresentato infine dalla convenzione tra la Fincantieri e la Sapienza Università di Roma. Propongo due punti di riferimento: a) vengano usati solo materiali sicuri per la salute. b) venga applicato il “Principio di precauzione e Principio di prevenzione in materia ambientale, il che comporta l’obbligo per le Autorità amministrative competenti a stabilire una tutela anticipata rispetto alla fase di applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione. C’è tanto da lavorare, serve il contributo più ampio, ma non c’è tempo, per questo diventi l’ossessione di ogni giorno.

Foto d'archivio Il Goriziano

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