Perché a Monfalcone nel processo amianto lo Stato non si è costituito parte civile?

Perché a Monfalcone nel processo amianto lo Stato non si è costituito parte civile?

La lettera

Perché a Monfalcone nel processo amianto lo Stato non si è costituito parte civile?

Di Luigino Francovig • Pubblicato il 08 Nov 2021
Copertina per Perché a Monfalcone nel processo amianto lo Stato non si è costituito parte civile?

Ci scrive Luigino Francovig sui processi amianto. «Da esposto mi domando se ci siano morti di serie A e morti di serie B».

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A Casale Monferrato, dopo la prescrizione decisa dalla Cassazione nel processo, nel 2015, contro l’imprenditore svizzero, per la morte di 392 persone, il 9 giugno 2021 e ripreso il dibattito per un nuovo processo, dove, anche lo Stato si è costituito parte civile, rispondendo positivamente a una richiesta fatta, dopo la prescrizione, da una comunità compatta e convinta. A Monfalcone rimane la ferita aperta, le morti uguali, ma trattati da cittadini-esposti di serie B. Come esposto ho voglia di capire, ho bisogno di capire, perché non è stato chiamato a essere parte civile.

È utile tornare indietro di alcuni anni e ricordare alcuni passaggi: a una lettera pubblicata dal Piccolo il 27 giugno 2015, dopo la VI conferenza regionale amianto, dove definivo “lo Stato il padrone dei cantieri navali, quindi responsabile della strage e delle mancate soluzioni positive…” proponevo una svolta di rottura con il passato, chiamando “lo Stato parte civile”. Il 30 novembre 2015, rispondendo alla Comunità di Casale Monferrato, la Presidenza del Consiglio ha comunicato che si sarebbe costituita parte civile alla ripresa del processo. Il 19 gennaio 2016 con un ulteriore lettera sul Piccolo riproponevo la stessa richiesta: che lo Stato sia parte civile. Al posto di costruire un ampio fronte, finalizzato a dare risposte alle esigenze e necessità degli esposti, come fatto a Casale Monferrato, per interesse personale e di parte a Monfalcone, hanno deciso di utilizzare la transizione in campagna elettorale, respingendo tutto il resto. Solo la ex sen. Fasiolo si è fatta carico, con il risultato di coinvolgere la Regione nella costituzione di parte civile. Questi i fatti che indicano, a livello locale, le responsabilità precise del perché lo Stato, oggi, non è parte civile anche a Monfalcone. Non si è voluto. Non è nostro il compito di valutare le possibilità che lo Stato si costituisca parte civile contro lo Stato, compito era di percorrere tutte le possibilità a favore degli esposti, questo non è stato fatto.

A Monfalcone esiste una questione tempo, siamo ai titoli di coda dei processi, non si sa quando riprendono, mentre si conosce dell’età avanzato dei responsabili individuati. Oltre le cause civili, rimane alla Politica ancora una strada che ripropongo: Monfalcone polo industriale di notevole portata, maggior produttore di capitale del territorio, insieme alla Regione, pretenda un patto con lo Stato-responsabile, per un investimento-risarcimento finalizzato alla ricerca, alla cura, alle famiglie, alla prevenzione dei prodotti sostitutivi. Bisogna crederci.

Come esposto denuncio il silenzio tombale che uccide una seconda volta: tavolo permanente dell’amianto? Conferenza regionale amianto? Progetti di prevenzione sull’utilizzo delle fibre vetrose? Il cambio della parola eroi (un falso e una offesa) in vittime sulla targa posta sulla facciata del Municipio? Il CRUA? la figura del psiconcologo che è coperta dall’associazione esposti amianto, utilizzando i risarcimenti dei processi, così i lavoratori esposti si pagano la sanità due volte? Un silenzio che indica un clima di lontananza e di abbandono da parte delle istituzioni, della politica, del sindacato, soggetti determinanti per una soluzione positiva dei temi. E a loro che chiedo di mettere come prioritaria questa tematica. 

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