Lettere - Nella 'mappa del terrorismo’ della Commissione Moro c'era anche la provincia di Gorizia

Lettere - Nella 'mappa del terrorismo’ della Commissione Moro c'era anche la provincia di Gorizia

LA LETTERA

Lettere - Nella 'mappa del terrorismo’ della Commissione Moro c'era anche la provincia di Gorizia

Di MARCO BARONE • Pubblicato il 18 Mag 2025
Copertina per Lettere - Nella 'mappa del terrorismo’ della Commissione Moro c'era anche la provincia di Gorizia

Il contributo di Marco Barone approfondisce nomi e fatti avvenuti fra anni Settanta e Ottanta e legati al territorio, emersi grazie al lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta.

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Gorizia e provincia non sono mai state “ai margini” della storia contemporanea e delle sue tappe: lo dimostra anche questo contributo inviatoci da Marco Barone. Rifacendosi a quanto emerse nel 1986 dal lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sequestro di Aldo Moro e, più in generale, sul terrorismo in Italia, l’avvocato riporta nomi ed eventi connessi al territorio. Dalla già nota strage di Peteano con i suoi complici, passando per arresti ai posti di confine, fino a “semplici” operai che ebbero poi un ruolo da protagonisti nelle operazioni delle Brigate Rosse. F.D.G.

Nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani e sul terrorismo in Italia, data 1986, il cui testo è anche disponibile insieme ad altri atti di rilevanza storica nel sito istituzionale, era stata redatta una mappa per regione del fenomeno terroristico in Italia. E si citava anche la provincia di Gorizia.

Nella provincia di Gorizia gli episodi citati sono quattro. Due ben noti, poiché hanno prodotto anche delle vittime. Si parla chiaramente della strage di Peteano del 31 maggio1972, già al centro di una lunga, complessa e tormentata vicenda giudiziaria la cui matrice è stata neofascista. Si cita poi il dirottamento di Ronchi compiuto il 6 ottobre del 1972 da parte del neofascista Ivano Boccaccio, episodio connesso alla strage di Peteano, terrorista deceduto nel conflitto a fuoco con le forze dell'ordine intervenute sul posto. Ivano Boccaccio era stato in trovato possesso della pistola usata da Vinciguerra responsabile della strage di Peteano, per sparare contro i vetri della Fiat 500 in cui poi era stato collocato l'ordigno esplosivo e della quale erano stati recuperati i bossoli. La deflagrazione della bomba provocò la morte del brigadiere Antonio Ferraro e dei carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni, e il ferimento del sottotenente Angelo Tagliari e del brigadiere Giuseppe Zazzaro.

Ma nella relazione in oggetto si parla anche dell'arresto di Brogi Carlo, avvenuto al valico della casa Rossa di Gorizia nel gennaio del 1980. Arresto avvenuto perché il soggetto in questione era stato colpito da mandato di cattura del giudice istruttore del Tribunale di Roma per associazione sovversiva, banda armata, tentato omicidio, detenzione illegale armi da guerra.

Ma si cita anche di un secondo brigatista, Cesare Di Lenardo residente a Codroipo, che soggiornò brevemente a Monfalcone in periodo probabilmente anteriore alla sua adesione alle Brigate Rosse. Si legge: «Assunto presso lo stabilimento Ansaldo di Monfalcone quale saldatore. Nel luglio del 1980 fu punito con tre giorni di sospensione della retribuzione per non essersi presentato sul lavoro e poi fu licenziato per prolungata assenza ingiustificata. Scomparve da Monfalcone, dove aveva trovato un alloggio a locazione in via Parini 9, verso la fine di novembre del 1980 facendo perdere le sue tracce». Arrestato dopo la liberazione del Generale americano James Lee Dozier e diventato "noto" per le torture subite dopo il suo arresto in relazione al sequestro del Generale statunitense.

Nella foto: la 500 dopo l'esplosione, i funerali a Gorizia, i tre carabinieri uccisi e il monumento di Peteano. Foto d'archivio.

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