Lettere - Fincantieri e Monfalcone: responsabilità industriale e sociale per costruire il futuro

Lettere - Fincantieri e Monfalcone: responsabilità industriale e sociale per costruire il futuro

LA LETTERA

Lettere - Fincantieri e Monfalcone: responsabilità industriale e sociale per costruire il futuro

Di Pierroberto Folgiero • Pubblicato il 05 Nov 2025
Copertina per Lettere - Fincantieri e Monfalcone: responsabilità industriale e sociale per costruire il futuro

L’Amministratore Delegato Folgiero scrive anche alla nostra redazione in risposta a quanto deliberato in Consiglio Comunale con la mozione condivisa da maggioranza e opposizione.

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Ci scrive Pierroberto Folgiero, Amministratore Delegato e Direttore Generale Fincantieri. La sua lettera è arrivata anche al nostro giornale. Dopo un atteggiamento prudente ed equilibrato, l’amministratore interviene in maniera diretta a seguito del Consiglio Comunale del 3 novembre scorso quando l’Aula ha approvato all’unanimità la mozione che invita l’Azienda ad avviare il tanto auspicato «trasparente e strutturato» confronto su sistema produttivo, regole del subappalto, legalità e responsabilità sociale d’impresa. L’intervento di Folgiero sottolinea poi l’entità del Pil regionale prodotto – 3 miliardi di euro – e pungola la politica comunale della città rivendicando di conoscere il proprio modello produttivo meglio di chi amministra la città. Dalla lettera emerge quindi l’invito a prendere in considerazione quanto l’Azienda svolge in termini di progettualità, investimenti e occupazione. S.F.

Per un po’ abbiamo pensato che la migliore risposta alle invasioni di campo e al qualunquismo fosse l’indifferenza abbinata ad un lavoro serio sul campo.
Questo non significa che non siamo pronti a difendere l’azienda quando qualcuno tenta ripetutamente di metterci in cattiva luce. Tenta di metterci in cattiva luce chi usa l’azienda come cassa di risonanza politica, chi ignora scientemente i vincoli industriali esistenti e propone soluzioni semplicistiche che danno erroneamente il senso, a chi è fuori dai cancelli del cantiere sul territorio, dell’esistenza di soluzioni ovvie che non sarebbero adottate per miopia, noncuranza o addirittura interessi contrari anche economici.

Ho ricordato spesso la citazione “per ogni problema complesso c’è sempre una soluzione semplice, ma è sbagliata”. Fincantieri conosce il proprio “modello produttivo” meglio di qualunque assessore, così come è parte attiva e responsabile nei territori dove vive e crea impatto da 230 anni in un mondo che è evoluto insieme all’azienda ed intorno all’azienda solo grazie al lavoro dei monfalconesi, dei siciliani, dei napoletani e dei lavoratori stranieri che si sono succeduti nelle nostre officine e sulle nostre navi, che oggi sono in 4 continenti con 22 mila dipendenti di decine di nazionalità, dagli Stati Uniti al Vietnam.

Fincantieri sa bene di produrre circa 3 miliardi di euro di PIL nel FVG e che, oltre al lavoro per le maestranze del cantiere, crea indotto ad una filiera di centinaia di PMI italiane, 600 solo nella Regione FVG, che danno lavoro a migliaia di persone italiane in settori e filiere anche molto diverse dalla blue economy. Il backlog acquisito ad oggi prevede carico di lavoro nei cantieri per i prossimi 10 anni e vale 57 miliardi di euro, di cui oltre l’80% statisticamente genera acquisti in Italia per circa 45 miliardi di euro.

Tutto ciò mentre l’Europa si deindustrializza, gli Stati Uniti puntano sulla cantieristica per reindustrializzarsi e l’India mette lo shipbuilding al centro delle cinque priorità del Governo Modi per diventare un’alternativa alla Cina. La domanda comprensibile però è: cosa sta facendo Fincantieri per la città di Monfalcone nell’era in cui gli Italiani non vogliono più svolgere le lavorazioni più fisicamente onerose in cantiere? Sicuramente sta cercando lavoratori italiani, ovunque. Abbiamo lanciato un progetto chiamato Maestri del Mare con il consorzio Elis per riattirare gli italiani alla produzione, spiegando che e’ il lavoro del futuro, perché bisognerà realizzare tanto hardware in un mondo del lavoro che pensa sempre più solo al software. Abbiamo così assunto dopo anni a libro matricola Fincantieri nuova “testadopera” che possa sostituire i nostri operai specializzati quando andranno in pensione. Per fare questo abbiamo portato in azienda esoscheletri, robot e cobot di aziende italiane e del FVG per automatizzare e robotizzare le attività fisicamente onerose, creando la figura del “digital collar”, sempre con l’obiettivo di attirare colletti blu italiani.

Abbiamo creato per primi un bacino di risorse specializzate all’estero aprendo in Ghana una scuola di saldatura grazie a Confindustria Alto Adriatico ed ai Salesiani, prendendo spunto dalla comunità di ghanesi che storicamente si è radicata nell’area dell’elettronica bianca di Pordenone. Abbiamo replicato questa esperienza in Tunisia per primi nell’ambito del Piano Mattei del Governo con il consorzio Elis per formare in loco saldatori, carpentieri e tubisti, per portarli responsabilmente a lavorare in Italia. Continuiamo ad investire nell’automazione delle attività a minor valore aggiunto, accelerando start up italiane nella robotizzazione della saldatura, molatura e pitturazione creando un ecosistema industriale uguale o superiore a quello coreano, anche aprendo un ufficio di innovazione a Seoul, che funga da antenna per il confronto continuo con la cantieristica orientale.

Abbiamo investito nel cantiere di Monfalcone circa 23 milioni di euro su armadietti, docce e spazi ricreativi all’interno del cantiere, per mitigare gli impatti dei nostri lavoratori nelle immediate vicinanze dello stabilimento. Abbiamo aperto una piattaforma di comunicazione, Step2Connect, un vero e proprio sportello di intermediazione culturale online volto a interagire con il personale dell’indotto, per ascoltare ed indirizzarne le necessità ed orientarlo nei suoi diritti e doveri. A tutto ciò si somma la somministrazione di corsi di Italiano ed educazione civica attraverso l’istituto Dante Alighieri.

Stiamo studiando con una serie di attori del settore la fattibilità di iniziative social housing che possano favorire la mobilità dal nord al sud del Paese in modo da intercettare una maggiore disponibilità di manodopera nazionale, che registriamo nei nostri cantieri di Castellammare e Palermo. Abbiamo organizzato una serie di eventi di comunicazione volti a sensibilizzare tutta la popolazione lavorativa del cantiere circa i temi del rispetto e contro la violenza, creando un precedente unico in Italia. Abbiamo avviato un progetto strategico di riorganizzazione dell’indotto volto a consentire l’accorciamento delle catene di subappalto di ciascuna disciplina, la massima stabilizzazione e la formazione delle risorse umane come presupposto stesso della produttività aziendale, indispensabile per proiettarci nel futuro. A questo si aggiungono i protocolli di legalità sottoscritti proprio nei mesi scorsi.

Ma la seconda domanda comprensibile è: come tutto ciò impatta positivamente, ad esempio, il problema della concentrazione di bambini stranieri negli asili di Monfalcone domani mattina? Ancora una volta, non esistono soluzioni semplici a problemi complessi come non esistono bacchette magiche in un settore come l’industria pesante, che vive di bioritmi inevitabilmente lenti. In altre parole, la risposta è che ci vorrà del tempo: sbaglia chi promette soluzioni lampo attirando consenso facile e strumentalizzando le criticità esistenti.

Nonostante un’amministrazione comunale che sembra voglia continuare a spiegarci il nostro “modello produttivo” - cioè come si costruisce una nave, con quali risorse o articolazioni societarie, addirittura con quali ditte - abbiamo avviato una serie di progetti di concreta responsabilità sociale, compresa ad esempio l’apertura di un asilo, che prendono molto sul serio gli impatti dei lavoratori dei nostri cantieri su una città costruita dai fratelli Cosulich intorno al cantiere circa 110 anni fa. Altri progetti stanno partendo oltre a quelli indicati sopra che già costituiscono una evoluzione unica e coraggiosa che porta Fincantieri a diventare un laboratorio del Paese sui temi di manodopera, per fare in modo che l’Italia rimanga la seconda manifattura d’Europa.

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