Lettere - L'eco-mostro di via San Gabriele: «Si demolisca la pensilina del confine»

Lettere - L'eco-mostro di via San Gabriele: «Si demolisca la pensilina del confine»

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Lettere - L'eco-mostro di via San Gabriele: «Si demolisca la pensilina del confine»

Di Marilisa Bombi • Pubblicato il 15 Mar 2025
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Ci scrive la giornalista Marilisa Bombi con una propria riflessione sulla struttura confinaria.

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Ci scrive la giornalista Marilisa Bombi con un proprio punto di vista che riguarda la pensilina del confine del Valico di via San Gabriele, a Gorizia, sottolineando la necessità di una demolizione di quello che, per lei, è un vero e proprio "eco-mostro". Simbolo del confine o, ormai, anacronistica struttura da rimuovere? (i.b.)

C’è un eco-mostro a Gorizia, ma sembra che nessuno se ne sia ancora reso conto. Probabilmente ciò deriva dal fatto che, quando qualcosa diventa abituale, smettiamo di notarla. Sono nata in via San Gabriele quando ancora le chiome degli imponenti ippocastani erano il tetto delle nostre verdi dimore. La strada, qualche centinaio di metri dopo il campo che rappresentava la nostra via di accesso alla Collina, l’attrezzatissimo campo giochi della mia infanzia, era interrotta da una barriera di filo spinato. Di là, dall’altra parte, un mondo a me sconosciuto che usava ancora la locomotiva a carbone e le cui scintille, di sera, mi fermavo ad osservare; anche se fuggivo subito via non appena qualche graniciaro, fucile in spalla, appariva alla mia vista. 

Soltanto alla fine degli anni 70, con la firma degli accordi di Osimo e l’assunzione dei relativi oneri da parte dello Stato italiano, la barriera di filo spinato che delimitava il confine venne sostituita da una semplice ed elegante recinzione in ferro il cui disegno fu realizzato dall’arch. Gino Agostini, allora dirigente tecnico del Comune di Gorizia e contemporaneamente, al posto dello sbarramento stradale venne installata la classica sbarra, presente in ogni varco controllato. I lavori erano stati espressamente previsti dal dPR 100/1978 ovvero dalle «Norme dirette ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dagli accordi Italo-Jugoslavi di Osimo del 10 novembre 1975 ed a consentire l'attuazione delle misure connesse». Prevedeva, infatti, l’articolo 2 che «Il Ministero dei lavori pubblici provvederà alla realizzazione del valico internazionale di 2° categoria sulla via Monte S. Gabriele (Gorizia) nonché alla trasformazione del valico Basovizza-Lipizza (Trieste) in valico internazionale […]». C’è da chiedersi, peraltro, per quale ragione il valico di via San Gabriele fu inizialmente previsto come pedonale. C’è chi afferma che tale decisione sia stata conseguenza delle tensioni politiche e delle misure di sicurezza adottate durante la Guerra Fredda. 

Del resto, l'esistenza di Gladio, sospettata fin dalle rivelazioni rese nel 1984 dal membro del gruppo neofascista Avanguardia Nazionale, Vincenzo Vinciguerra durante il suo processo, e riconosciuta ufficialmente dal presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti soltanto il 24 ottobre 1990, che parlò di una «struttura di informazione, risposta e salvaguardia». Altra motivazione può essere stata, all’epoca, quella di evitare un eccessivo aumento di traffico veicolare lungo un’arteria percorsa, fino al giorno prima, soltanto dai frontisti. Negli anni successivi, con il miglioramento delle relazioni tra Italia e Jugoslavia, si aprirono nuovi valichi, ma quello di via San Gabriele rimase solo pedonale per diverso tempo. Solo con l'adesione della Slovenia all'Unione Europea nel 2004 e l'entrata in vigore del Trattato di Schengen nel 2007, il valico divenne pienamente transitabile anche per i veicoli, eliminando le restrizioni precedenti. 

Oggi non c’è più alcun confine, o meglio non dovrebbe esserci se non dal punto di vista geografico e, di conseguenza, sorge spontanea una domanda: se il valico di via San Gabriele, nelle intenzioni del legislatore nazionale avrebbe dovuto interessare il traffico locale, essendo un valico di seconda categoria come quello di via Rafut, perché è stata costruita una pensilina con caratteristiche strutturali così impattanti e tali da permettere il transito di mezzi di grandi dimensioni, come autobus o corriere, e non solo dei pedoni? La risposta a tale domanda potrebbe essere quella di una visione ampia sul futuro dei rapporti italo/jugoslavi con una trasformazione futura del valico secondario in valico di prima categoria e l’aumento quindi dei transiti lungo l’arteria cittadina. Credo che nessuno, nel lontano 1978 avrebbe potuto nemmeno lontanamente immaginare l’indipendenza della Slovenia o l’entrata in vigore del trattato di Schengen. Ma come si suol dire, molta acqua è passata sotto i ponti ed uno scenario inimmaginabile un tempo è oggi una realtà concreta, con la capitale europea della cultura, davanti agli occhi di due comunità fluide. Forse è giunto il momento di guardare con occhi più attenti quell’eco mostro posto alla fine dell’abitato di via San Gabriele, che peraltro impedisce a delle persiane di essere aperte, e decretarne la sua inutilità traendone le relative conseguenze, ovvero decidendo la sua demolizione... 

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