La proposta
Lega apre su più fronti la proposta di legge 'No al velo integrale': «Imposizione sia reato»

Dal Parlamento fino al Consiglio regionale il Carroccio rilancia la battaglia. E Cisint scrive al Commissario europeo.
Sono tre i livelli normativi nei quali la Lega si sta muovendo per far passare la cosiddetta legge “No al velo integrale”. Una norma dal titolo ‘croccante’, chiaro, che già un mese fa era stata presentata a livello nazionale e che ora, con le recenti notizie di cronaca da Monfalcone, ha ripreso interesse e, mentre Cisint scrive al commissario europeo, il consigliere Antonio Calligaris la lancia a livello regionale. Si tratta di modificare, secondo l’idea degli esponenti del Carroccio, la legge 152 del 1975 sul terrorismo. Una legge «utilizzata in modo errato», così l’eurodeputata Anna Cisint, il senatore Marco Dreosto, segretario regionale Lega, l’onorevole Igor Iezzi, deputato della Lega e primo firmatario della proposta di legge nazionale sul divieto al velo integrale, e Antonio Calligaris, capogruppo Gruppo Lega Fvg in consiglio regionale. Tra il pubblico, alla presentazione di stamattina in viale San Marco, anche il candidato sindaco Lega Monfalcone, Luca Fasan.
«Si tratta della rappresentazione plastica di tutto ciò che non va, un vero e proprio lavaggio del cervello perpetrato dalla comunità integralista di appartenenza a danno delle giovani bengalesi, che crescono rifiutando e rigettando la cultura, le tradizioni, le libertà e i diritti del nostro Paese e che in caso di contrasto fra legge italiana e sharia, scelgono la sharia. Una vergognosa e pericolosa impostazione che mette a rischio la sicurezza e il futuro del nostro Paese che mi sento chiamata a difendere», ha esordito Cisint nel proprio intervento.
Secondo il senatore Dreosto si tratta di «una questione di sicurezza per i cittadini e di una questione di carattere sociale dove i diritti delle donne, obbligate a indossare burqa e niqab, sono calpestati. Siamo in una zona di arrivo della Rotta Blacanica e chi si ferma nel nostro Paese ha la possibilità di farlo ma rispettando le leggi». Proprio sulla questione delle normative Cisint non ha lasciato spazio a dubbi, citando un servizio televisivo apparso sulle reti Mediaset ieri sera nel programma “Le Iene” nel quale una ragazza frequentante un istituto scolastico monfalconese, avrebbe ribadito di indossare il velo integrale di sua sponte.
«Non possiamo rimanere indifferenti: lo denuncio da anni, e ora è arrivato il momento di proteggere i nostri valori eliminando la prima forma di sottomissione e di esclusione sociale che le musulmane subiscono, il velo integrale, e che allo stesso tempo genera quella discriminazione al contrario che molte altre coetanee delle ragazze con il niqab e molti italiani sentono. Dove, dietro alla scusa della religione, si acconsentono libertà che altri non hanno», così l’eurodeputata che ha definito «inaccettabile che chi vive nel nostro Paese scelga la legge coranica a discapito di quella italiana».
La norma a livello nazionale, che a breve sarà affidata a una commissione per iniziare l’iter legislativo, è stata lo spunto anche a livello regionale dove il consigliere Antonio Calligaris si è fatto primo referente per la proposta depositata venerdì 7 febbraio. Già nei prossimi giorni la norma dovrebbe essere affidata a una commissione e «tra marzo e aprile finire in aula dove auspichiamo il voto favorevole di tutto il Consiglio», così Calligaris. Mentre Cisint ribadisce di aver «scritto al Commissario europeo con delega all’eguaglianza per chiedere un intervento che introduca una normativa uniforme, valida e applicabile in tutti gli Stati membri, a tutela e a garanzia dei valori fondanti della nostra civiltà occidentale», Calligaris ribadisce la necessità di un voto unanime.
«Con questo strumento - spiega Calligaris - previsto dai nostri regolamenti, il Consiglio regionale può approvare un testo che diventa una vera e propria proposta di legge di modifica della norma nazionale che si affianca e rafforza quella già depositata dell'onorevole Igor Iezzi della Lega. La modifica della legge del 1975 è necessaria, e i casi di questi giorni lo dimostrano, per colmare un vuoto legislativo e un'incertezza interpretativa dovuta a una sentenza del Consiglio di Stato sul 'giustificato motivo'. Riteniamo essenziale intervenire sulla norma nazionale per un divieto in tutti i luoghi pubblici».
"La nostra norma - prosegue l'esponente del Carroccio - riprende la proposta Iezzi integrandola in alcuni punti. Cerchiamo di essere aderenti, per quanto possibile, al dettato normativo di Francia e Belgio - spiega ancora il capogruppo della Lega -, le cui norme sono state convalidate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Secondo i giudici europei, infatti, il volto dell'individuo deve restare scoperto non solo per ragioni di sicurezza pubblica, ma soprattutto per consentire alla donna di interagire con la società».
Previsto, sia a livello regionale che nazionale, l’inasprimento delle sanzioni «con aumenti della pena nei casi di violenza, minaccia o abuso di autorità che produca un grave stato di ansia o di paura nella persona», conclude Calligaris.
È sulla necessità di informare il tribunale in caso di maltrattamenti o obblighi che si è soffermato l’onorevole Iezzi assieme alla novità introdotta dalla proposta di legge: «L’idea è di introdurre nel Codice penale una nuova fattispecie di reato, ossia la costrizione all’occultamento del volto, punito con la reclusione da uno a due anni e con la multa da 10 a 30mila euro».
Quanto proposto va anche nella direzione di un controllo dell’ambiente familiare: «se il reato è commesso in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore, il procuratore della Repubblica ne dà notizia al tribunale per i minorenni anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile». Articoli che disciplinano i provvedimenti che il giudice, valutati gli elementi del singolo caso e sempre nell’interesse del minore, può adottare nei casi di condotta pregiudizievole dei genitori nei confronti dei figli, rispettivamente, la decadenza dalla responsabilità genitoriale e l'allontanamento dalla residenza familiare. «Si ritiene, infatti, che tale costrizione sia indice di un ambiente familiare non consono ad una sua serena crescita psico-fisica e rappresentino comportamenti genitoriali non adeguati e funzionali ad una sua integrazione nella comunità», conclude Iezzi.
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