I lavori di Galleria Bombi finiscono in tribunale, Edr citata dalla consortile: richiesta da oltre 500mila euro

I lavori di Galleria Bombi finiscono in tribunale, Edr citata dalla consortile: richiesta da oltre 500mila euro

La situazione

I lavori di Galleria Bombi finiscono in tribunale, Edr citata dalla consortile: richiesta da oltre 500mila euro

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 31 Dic 2025
Copertina per I lavori di Galleria Bombi finiscono in tribunale, Edr citata dalla consortile: richiesta da oltre 500mila euro

Secondo Bombi scarl l’opera era sostanzialmente ultimata oltre il 90%. Contestati ritardi imputati all’ente, penali e mancati pagamenti per oltre 220mila euro.

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È approdata davanti al Tribunale civile di Gorizia la complessa vertenza tra l’Ente di decentramento regionale e la società consortile Bombi scarl, esecutrice dei lavori di manutenzione straordinaria della Galleria Bombi, ora divenuta Digital Art Gallery. Con un articolato atto di citazione, l’Ati composta da Engeco e De Fabiani chiede di accertare l’illegittimità della risoluzione del contratto disposta dall’ente all’inizio di luglio e di condannare l’amministrazione al pagamento delle somme dovute, oltre al risarcimento dei danni subiti nel corso dell’appalto.

Secondo la ricostruzione delle società attrici, i lavori erano stati regolarmente aggiudicati nel maggio 2024 e consegnati in via anticipata rispetto alla stipula del contratto. Fin dalle prime fasi operative, tuttavia, sarebbero emerse gravi criticità progettuali, in particolare sul sistema di impermeabilizzazione della volta della galleria. L’appaltatore avrebbe segnalato il rischio di inefficacia della soluzione prevista a base di gara, supportando le proprie osservazioni anche con riscontri tecnici forniti dal produttore dei materiali indicati nel progetto.

A seguito di tali rilievi, la direzione lavori e il progettista avrebbero condiviso la necessità di una variante migliorativa, basata su un rivestimento in pannelli di alluminio, ritenuto più idoneo a garantire durabilità, impermeabilità e un migliore risultato estetico. L’iter di elaborazione e approvazione della variante si sarebbe però protratto per oltre quattro mesi, dal giugno all’inizio di ottobre 2024, determinando di fatto un fermo del cantiere per 125 giorni, salvo brevi lavorazioni preliminari.

Anche dopo la ripresa delle attività, secondo l’atto di citazione, l’esecuzione dell’opera sarebbe stata rallentata da ulteriori carenze progettuali, richieste di chiarimenti rimaste senza riscontro per settimane, incongruenze sugli elementi impiantistici, sulla scala esterna e sulle finiture, oltre a una seconda variante approvata solo nel marzo 2025. Tutti fattori che, a giudizio dell’ATI, avrebbero inciso in modo determinante sull’allungamento dei tempi, senza che tali ritardi potessero essere imputati all’impresa esecutrice.

Nonostante ciò, alla fine di maggio 2025 la direzione lavori avrebbe certificato la sostanziale ultimazione delle opere interne alla galleria, attestando che le lavorazioni mancanti non incidevano sulla funzionalità del tunnel. Alla data del terzo stato di avanzamento lavori, contabilizzato il 20 maggio, l’importo eseguito risultava pari a oltre 1,17 milioni di euro, corrispondenti a più del 90 per cento dell’appalto complessivo.

È proprio in questa fase che, secondo Bombi scarl, la condotta della stazione appaltante avrebbe assunto caratteri «pretestuosi e sproporzionati». Nel giro di pochi giorni, e senza un reale contraddittorio, l’ente ha infatti avviato e concluso la procedura di risoluzione del contratto, nonostante la presenza di un certificato di ultimazione lavori e con lavorazioni residue considerate marginali.

Le società contestano inoltre il mancato pagamento integrale del terzo SAL, per il quale era stato emesso un certificato di pagamento pari a 380.318,36 euro. A fronte di tale importo, risulta versata solo una somma parziale, mentre 136.623,57 euro sarebbero stati trattenuti dall’ente a titolo di penale per presunti ritardi, applicazione che l’ATI ritiene illegittima. Complessivamente, secondo i conteggi riportati nell’atto, l’ente dovrebbe ancora corrispondere almeno 224.423,45 euro, oltre Iva, per opere contrattuali regolarmente eseguite.

A queste somme si aggiungono ulteriori richieste economiche per lavorazioni extra non previste o non correttamente computate in progetto. Tra queste figurano 8.218,70 euro per interventi resi necessari dal rinvenimento di una pavimentazione in cemento non indicata negli elaborati di gara e 20.522,83 euro per maggiori oneri relativi al rivestimento metallico del traliccio della galleria, realizzato in quantità superiori rispetto a quelle contabilizzate.

L’azione giudiziaria include anche la richiesta di risarcimento del danno per il mancato utile sulle opere non completate a causa della risoluzione, quantificato in via forfettaria nel 10% dell’importo residuo dell’appalto, oltre al ristoro delle maggiori spese generali sostenute, dei costi di fermo cantiere, del personale e dei macchinari. Viene inoltre chiesta l’inibitoria dell’escussione delle polizze fideiussorie e la declaratoria di illegittimità della segnalazione all’ANAC, che ha portato all’annotazione nel casellario informatico delle imprese, con conseguenze ritenute gravemente pregiudizievoli sotto il profilo reputazionale. In tutto si tratta di 498.199,79 euro oltre interessi e iva.

Con il ricorso al tribunale, BOMBI scarl e l’ATI puntano dunque a ottenere il riconoscimento delle somme ancora dovute e la riduzione o l’annullamento delle penali, e l’accertamento delle azioni dell’ente appaltante, ritenuto responsabile di una gestione dell’appalto definita «arbitraria e contraria ai principi di correttezza e buona fede». 

In foto un momento dello stop dei lavori nell'estate 2024 riportato nel documento di citazione presentato in tribunale.

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