la serata
Le inchieste di Paolo Berizzi premiate a Ronchi: «Il giornalismo o è civile o non è»

Si conclude l'edizione 2021, la prima senza Cristina Visintini. L'impegno per la libertà di stampa, al lavoro per il 2022.
Si spengono anche quest’anno i riflettori sul Festival del giornalismo di Ronchi dei Legionari. Ieri sera, con la cerimonia di consegna del Premio Daphne Caruana Galizia a Paolo Berizzi, è terminata infatti l’edizione numero sette della kermesse, che ha portato nel centro bisiaco 130 ospiti e fatto registrato una notevole affluenza di pubblico. Come la serata conclusiva, con il Palatenda quasi tutto esaurito per ascoltare le parole della firma di Repubblica sotto scorta per le sue inchieste sui movimenti neo-fascisti e neo-nazisti.
Natio di Bergamo e classe 1972, Berizzi ha ricevuto minacce di morte proprio per il suo lavoro, tanto da essere costantemente monitorato dalle forze dell’ordine dal febbraio 2019. Nel suo lavoro, ha correlato l’avanzata dei movimenti di estrema destra ad alcuni esponenti e partiti dell’arco parlamentare e non solo. Un impegno di denuncia testimoniato sul palco di Ronchi, insieme a Corine Vella, sorella della reporter maltese uccisa in un attentato nel 2017 e su cui rimangono ancora oggi molti interrogativi. A partire dai nomi dei mandanti.
Come spiegato dalla stessa Vella, si è arrivati alla condanna di una persona che ha patteggiato, ma sono sette le persone sotto accusa. “La storia di mia sorella chiede giustizia” è l’appello lanciato, condiviso dagli altri ospiti della serata, a partire dal presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Beppe Giulietti, che ha introdotto il panel. Immancabile il ricordo di Cristina Visintini, vicepresidente di Leali delle notizie scomparsa prematuramente poche settimane fa e che ha lasciato un vuoto negli organizzatori e nella manifestazione.
L’ha ricordata lo stesso Berizzi, seppur non avendola mai conosciuta di persona ma sapendo che era stata lei a volerlo fortemente a Ronchi. La firma di Repubblica ha quindi dialogato con Sandro Ruotolo e Barbara Schiavulli, dopo aver ricevuto il premio realizzato dall’artista locale Fabio Rinaldi. “Il giornalismo o è civile o non è” ha sottolineato il premiato, ricordando di essersi interessato al tema dei rigurgiti di estrema destra quando ancora ben pochi ne parlavano. “Ora cn la scorta la mia vita e il mio lavoro sono cambiati, non posso più fare molte cose”.
Tra queste, anche infiltrarsi in ambienti radicali, che siano locali o curve degli stadi. “Andare a parlare con persone che vogliono rimanere anonime e presentarsi con gli agenti che mi proteggono è complicato - ha sottolineato - e ho dovuto smettere di fare molte cose”. Ha quindi chiosato: “Dedico il premio a tutti i colleghi che mettono a rischio loro vita per cercare la verità. E a tutti gli antifascisti”. Ora che anche l’ultimo atto del festival si è concluso, gli organizzatori sono già al lavoro per la prossima edizione, che si terrà dal 7 all’11 giugno.
"Purtroppo, la memoria di Daphne in Malta non è onorata in modo adeguato o come dovrebbe essere. Il suo omicidio è ancora controverso e avvolto nella nebbia. Anche i processi e le indagini procedono, c’è stato un processo pubblico che ha dimostrato come lo Stato sia responsabile della sua morte, non direttamente ma per aver creato l’ambiente che poi ha portato la sua morte. La sua eredità è che quanto è stato scritto da Daphne si è avverato e, purtroppo, lei non è qui per poterlo vedere", ha concluso la sorella di Daphne, Corinne Vella.
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