L'evento
Il Falò di San Giovanni acceso anche in centro a Gorizia: nella tradizione l'appello alla pace

Numerosi i giovani che hanno partecipato alla serata, preceduta da un momento di preghiera e da una breve lezione storica. «Memoria che appartiene a tutti i popoli».
Un fuoco, come di quelli epifanici che la tradizione plurisecolare raccoglie e racconta del nostro territorio. Lo stesso fuoco, a metà anno, quando il sole comincia a calare lentamente e le giornate ad accorciarsi irrimediabilmente, viene replicato soprattutto dalle comunità slovene in quello che è il Fuoco di San Giovanni, unendo la tradizione degli antichi popoli indoeuropei al cristianesimo.
Una lunga tradizione, mantenuta dalle comunità slovenofone del Goriziano con forte spirito di appartenenza, che è stata resa viva anche nel cuore di Gorizia dal Centro pastorale sloveno di via San Giovanni nella giornata di lunedì 23 giugno che ha voluto proporre una versione più piccola del tipico falò.
Il programma? Molto semplice ma chiaro: alle 20 i vespri solenni presieduti da don Jan Cvetek, cappellano, e dal parroco don Marjan Markežič e accompagnati dalla compagine corale accompagnata da David Bandelj, quindi un momento divulgativo curato da Elia Bastjančič.
Tanti i giovani e giovanissimi presenti, segno che fa ben sperare per il futuro, che hanno approfittato del momento di ritrovo e comunitario anche per scaldare qualche vivanda da degustare in compagnia attorno al fuoco, poco prima della notte.
«Attorno al solstizio d’estate – ha raccontato Bastjančič – il sole inizia simbolicamente a morire: già nel neolitico era un evento sacro, celebrato con il fuoco». Con l’avvento del cristianesimo, questa unione tra sole e luna è diventata la festa di San Giovanni Battista, posta al 24 giugno per riflettere il passo evangelico in cui si dice che «uno dovrà diminuire perché l’altro aumenti».
Così come il Natale si sovrappose alla festa del Sol Invictus il 25 dicembre, anche il 24 giugno trova fondamento nell’annunciazione a Maria: sei mesi prima della nascita di Gesù, Elisabetta era già incinta di Giovanni. «Sant’Agostino racconta di grandi fuochi accesi in Africa durante l’estate – così ancora Bastjančič – a dimostrazione di una tradizione viva da secoli».
Tra i tanti simboli legati al falò, c'è anche la protezione del mondo contadino: nelle isole britanniche si faceva passare il fumo attorno agli animali, specialmente quelli sterili, per garantirne la fertilità. Nel cristianesimo, San Giovanni diventa così guardiano del mondo nuovo, ponte tra paganesimo e fede.
«Nel falò si fondono elementi che vanno dal neolitico al presente», ha concluso Bastjančič. «È una memoria comune che appartiene a tutti i popoli. Un tempo eravamo uno solo, parlavamo la stessa lingua con radici indoeuropee. Ecco perché la guerra è inutile: è odio tra fratelli divisi dalla storia, ma uniti dalla luce».
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