Le guerre gradiscane tra Impero e Venezia, quelle pagine di Moimesso

Le guerre gradiscane tra Impero e Venezia, quelle pagine di Moimesso

M di MOISESSO

Le guerre gradiscane tra Impero e Venezia, quelle pagine di Moimesso

Di Vanni Feresin • Pubblicato il 19 Set 2021
Copertina per Le guerre gradiscane tra Impero e Venezia, quelle pagine di Moimesso

Dalle pagine del lettarato, Vanni Feresin ripecorre le vicende degli scontri tra Venezia e Vienna in queste terre.

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26 settembre 1582. Quel giorno nacque a Udine Zuan Batista Faustino Moyses o Moisesso, dal patrizio Ottilio e dalla nobildonna Olimpia de Onestis. Faustino studiò legge a Padova e partecipò da ufficiale alle guerre gradiscane. Le sue annotazioni e i suoi racconti hanno permesso di ricostruire in modo dettagliato e obiettivo ciò che accadde in quei due anni di battaglie sotto le mure della città fortificata di Gradisca.

Studiò presso il ginnasio dei Gesuiti a Graz e poi all’università patavina. Fu letterato, poeta e scrittore, ma esercitò anche la professione forense. La sua opera più nota è l’Historia della ultima guerra del Friuli.

Dalla viva voce di Faustino Moisesso il racconto delle prime ore di guerra: «Alli diciotto di dicembre il Generale scrisse al Luogotenente di Udine, co’l quale parimente avevasi maturato questo negozio, e richieselo che la stessa notte mandasse fuori la compagnia dè cavalli soliti a mantenersi dalla comunità in tempo di guerra, con l’ordine che il seguente giorno innanzi l’alba arrivasse nella campagna detta Modoletti, presso al villaggio di Medeuzza, ultimo confine dè Veneziani verso lo Stato arciducale; e poscoia al Giustiniano, che seco era in Palma, diede le commissioni di quanto partitamente avesse ad operare.

Nel seguente giorno dunque, qualche ora innanzi l’alba giunsero nella predetta campagna Pompeo Giustiniani da Palma con attorno millecinquecento fanti, quattro compagnie di cappelletti e due pezzi di artiglieria; da Udene le bande de gli uomini d’arme, 186 187 da Cividale Marc’Antonio Manzano con una buona truppa di gentiluomini avventurieri, e da altre parti Francesco di Strassoldo e Urbano Savorgnano, pur ciascuno di loro con un’altra buona truppa d’amici e di aderenti, e senza questi, anco alcuni altri.

E capitaronvi tutti, quasi in un medesimo punto: dove in su la campagna lette furono le commissioni del General di Palma, e tosto il Giustiniano ordinolli e isquadronolli e feceli marciare verso Medea, alla qual terra giungervi che ancora non era giorno, e senza alcuna difficoltà vi entrarono. Occupata questa terra, e ricevutosi dal Giustiniano, in nome del General di Palma, il giuramento della fedeltà, la gente si divise in più corpi.

Il Conte Pompi con la sua banda e con una compagnia di cappelletti e una d’infateria, s’incamminò verso Meriano; la banda del Conte di Valdemarino con pari forze verso Romanso; il Capitan Pozzo con cento fanti verso Villesso; il Giustiniano con resto verso Cormonso: alla qual terra giunto vicino deputò, secondo gl’ordini del Generale, Marc’Antonio di Manzano, che andasse a parlamentare con quel popolo e intendere se volevano rendersi prima di essere battuti».

Le genti di Cormòns si arresero immediatamente, così come quelle di Sagrado e dei paese limitrofi, e in meno di un giorno: «Né più di qua del Lisonzo v’erano rimasti luoghi in poter dell’Arciduca, fuor che Gradisca con villaggio o due vicini, e i colli che con il vantaggio del sito e di alcuni castellotti mantenevansi ancora sotto l’originario dominio».

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