LA STRUTTURA
Grado, nel 2025 registrato il +15% degli accessi all’Ospizio Marino. Dimezzati i tempi di ingresso
L’obiettivo dell'Ospizio è diventare una struttura di ricerca. Dal primo settembre cambio al vertice con il nuovo direttore sanitario Alberto Onorato.
Nel film “Cocoon” di Ron Howard un gruppo di anziani riacquista energia grazie ai poteri dell’universo racchiusi in una piscina. Sulle proprietà terapeutiche dell’acqua punta anche l’Ospizio Marino di Grado, sorto nell’Ottocento nel cuore dell’Isola del Sole per curare la tubercolosi e il rachitismo nei bambini. «La struttura nacque nel 1873 – riporta il direttore gestionale Davide Allegretti – grazie all’intuizione del pediatra Giuseppe Barellai che diede il via al turismo sanitario a Grado». Un servizio istituito in un microclima ideale, negli anni apertasi a pazienti con disturbi respiratori fino ad abbracciare la riabilitazione in senso lato. «Ci vengo dal 2017 – racconta Marta – e le prime volte ero in sedia a rotelle. Grazie alla fisioterapia fatta con costanza mi hanno rimesso in piedi, e adesso ho una deambulazione sufficiente a essere più autonoma. Ho un problema alla colonna vertebrale che dal 2006 non mi ha più fatto camminare – rivela – ma qui c’è la possibilità di essere seguiti individualmente o con terapie di gruppo, con una proposta variegata per le varie necessità». Bianca attraversa il corridoio con il suo deambulatore fino alla sala da pranzo. In preda ai tremori dell’Alzheimer lascia il suo girello solo dopo essersi poggiata alla sedia, dove si accomoda con una complicata piroetta. «Il tempo non promette niente di buono – sorride indicando oltre la vetrata della veranda – dicono ci sarà acqua alta».
Come a Venezia, dove il mare entra in piazza San Marco per scivolare dentro caffè e negozi, così a Grado la laguna invade le strade, anche se le terapie dell’Ospizio non subiscono interruzione. «In questo momento – spiega Allegretti - abbiamo 59 posti letto di ex articolo 26 invalidi civili, e 20 di Rsa a maggioranza riabilitativa e di base. La nostra vocazione è quella di essere un istituto di riabilitazione tout court». Cuore del complesso è la vasca di acqua riscaldata accessibile anche a pazienti in carrozzina. «Siamo l’unica struttura del Friuli Venezia Giulia ad avere una piscina riabilitativa a tre livelli – rimarca – con diversi gradi di riabilitazione, particolarità principe». Quasi dimezzati i tempi d’attesa per gli accessi, in primis per un investimento economico maggiore da parte della direzione: «Sono arrivato un anno e mezzo fa – precisa – e la lista d’attesa era di circa diciotto mesi. Grazie alle istanze delle diverse associazioni, fra cui Consulta regionale, Anffas, e Admo, i tempi si sono ridotti a otto o dieci. Non basta, perché i pazienti riabilitativi hanno necessità immediate, per questo si sta lavorando con l’Azienda Sanitaria per ridurre i posti letto Rsa e incrementare quelli riabilitativi».
Un impegno che lo scorso anno ha portato a un incremento di ingressi del 15%, viaggiando sulle stesse cifre anche questo 2025, che da settembre ha accolto il nuovo direttore sanitario Alberto Onorato. «Mentre prima – prosegue - avevamo un’occupazione intorno ai 60 – 65 posti su 79, dallo scorso anno è aumentata con una media di 73 – 75 posti letto occupati al giorno». Nuove progettualità si profilano all’orizzonte, fra cui tirocini anche per laureandi di atenei austriaci e tedeschi, con l’intenzione di rendere l’Ospizio un istituto di ricerca e un faro nel campo della riabilitazione. «Abbiamo già contatti con l’università di Udine o con quelle slovene – specifica – ma amplieremo le collaborazioni per rendere la struttura un punto di riferimento riabilitativo della Regione per invalidi civili o persone normodotate».
Fra i traguardi da raggiungere entro il 2027 l’intenzione di reintrodurre acqua marina in piscina per «ripristinare la vera natura dell’Ospizio», cui si aggiunge l’elioterapia offerta nella spiaggia antistante. «Abbiamo in piedi un progetto per implementare il lido – assicura – con passerelle per le carrozzine». Dalle sedie job già in uso alla maggior attenzione per l’aspetto culinario: «Fino a settembre avevamo una collaborazione con un’azienda esterna – chiarisce - che gestiva la cucina in appalto senza restituire la qualità richiesta. Attualmente l’abbiamo internalizzata, e nonostante i costi superiori assicura una qualità migliore del vitto». Da un lato una mensa più genuina, dall’altro l’attività di animazione per stemperare la malinconia della solitudine. A occuparsene saltuariamente è anche la stessa Marta, che nei periodi di degenza dispensa sorrisi e canti: «Sono un’animatrice – sottolinea – e lavoravo nei ricreatori a Trieste. Quando ho un ricovero, una volta a settimana faccio cantare gli ospiti con canzoni di un tempo che rispecchiano l’età media». La sua “missione” è portare gioia e spensieratezza soprattutto nel fine settimana, quando i degenti “meno fortunati” restano soli: «Il sabato alcuni ricevono visite, altri invece no, e hanno più nostalgia rispetto alle altre giornate».
Da “Vecchio scarpone” a “Una casetta in Canadà” o “Grazie dei fiori”, le sale di ritrovo si rianimano allietando i noiosi pomeriggi di pioggia. «Nell’anziano non si disattiva solo il corpo – ribadisce – ma anche la mente, così il primo anno mi sono organizzata con un’altra persona per stampare una serie di canzoni alpine». Evelina si sposta stando seduta sul rollator, avanzando verso la palestra come un paguro che porta con sé la casa. «I pazienti – interviene il fisioterapista Gabriele - vengono sia dalle Regione che da fuori. Sono affetti per lo più da patologie croniche, quindi gran parte delle attività sono rivolte alla gestione della cronicità». Patologie neurologiche o di ambito ortopedico, reumatico e di dolore cronico, che vengono trattate con attività associate a eventuale supporto psicologico. Evelina, Bianca e Marta sono nomi di fantasia, ma la loro storia è reale, e lottano per una vita inclusiva maggiormente dignitosa. (Foto: Rossana D'Ambrosio)
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