Gorizia, il Verdi chiude la stagione di Prosa con ‘Sior Todero brontolon’

Gorizia, il Verdi chiude la stagione di Prosa con ‘Sior Todero brontolon’

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Gorizia, il Verdi chiude la stagione di Prosa con ‘Sior Todero brontolon’

Di Enrico Valentinis • Pubblicato il 07 Apr 2025
Copertina per Gorizia, il Verdi chiude la stagione di Prosa con ‘Sior Todero brontolon’

Franco Branciaroli interpreta il celebre e caratteristico brontolon goldoniano nella nuova produzione firmata da Paolo Valerio.

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E’ in programma per domani,martedì 8 aprile alle ore 20.45, l’appuntamento conclusivo del cartellone di Prosa del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Gorizia. Sul palco sarà protagonista: “Sior Todero brontolon” di Carlo Goldoni, portato in scena dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, con la collaborazione del Teatro degli Incamminati e con il Centro Teatrale Bresciano.

Ad interpretare l’indimenticabile protagonista sarà Franco Branciaroli, diretto da Paolo Valerio, in un allestimento che accosta attori e marionette, costruito con drammaturgia da Piermario Vescovo, con le scene di Marta Crisolini Malatesta, le luci di Gigi Saccomandi e movimenti di scena eseguiti da Monica Codena.
“Sior Todero brontolon”, scritto nel 1761 e accolto da subito con successo, è uno dei testi più penetranti di Goldoni. Todero, avaro, opprimente e autoritario, incarna il modello del burbero veneziano, ma ne esaspera i tratti fino a renderlo quasi insopportabile.

Eppure, come Goldoni stesso osservava, il pubblico ha sempre amato questa figura tanto odiosa quanto caratteristica. Dal suo debutto, il personaggio ha affascinato grandi interpreti come Cesco Baseggio, Giulio Bosetti, Gastone Moschin. Oggi, a raccogliere questa eredità è Franco Branciaroli, pronto a restituirne la potenza tragica e grottesca all’opera. Il regista Paolo Valerio firma una rilettura visionaria del testo, che mette in dialogo il mondo di Goldoni con quello dei burattini: due universi che si intrecciano nel microcosmo scenico di una Venezia sospesa tra reale e immaginario.

Gli attori, accompagnati dai loro alter ego-marionette, danno vita ad un gioco teatrale sorprendente: le figure lignee diventano proiezione dell’inconscio, dell’anima, del pensiero. La famiglia di Todero è immaginata come una compagnia di burattinai, immersa in uno spazio scenico carico di oggetti teatrali: fili, fondali, sipari e costumi. In questa visione, Todero appare come un Grande Marionettista, che manovra e controlla tutto ciò che lo circonda, in una tensione che richiama, per citazione iconografica e concettuale, anche il Vito Corleone de Il Padrino. Ma come ogni burattinaio, scoprirà che i fili non sempre rispondono alla sua volontà. 

Il testo è proposto nel veneziano della maturità goldoniana, curato con rigore filologico, ma al tempo stesso con attenzione alla musicalità della parola. Una lingua che vibra di livelli differenti: rustico e popolare per Todero e Desiderio, più raffinato ed affettivo per le donne, formale e impacciato per i giovani. E proprio al mondo femminile Goldoni affida, con maestria, il riscatto dell’azione drammatica: sarà l’alleanza tra la coraggiosa nuora di Todero e la vedova Fortunata a salvare la giovane Zanetta da un matrimonio imposto. Un gesto che, oggi più che mai, parla di autonomia, resistenza e specialmente libertà.

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