Gorizia, l'universo multicolore di Elio e le Storie Tese fa cantare tutto il Verdi

Gorizia, l'universo multicolore di Elio e le Storie Tese fa cantare tutto il Verdi

la recensione

Gorizia, l'universo multicolore di Elio e le Storie Tese fa cantare tutto il Verdi

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 06 Dic 2023
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Spettacolo sold out per il concerto-show della celebre band, sul palco tornano anche il Supergiovane dell'omonima canzone e tante hit del gruppo.

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Partito da Genova ai primi di ottobre, il nuovo tour di Elio e le Storie Tese è approdato al Teatro Verdi di Gorizia nella serata di ieri - registrando al botteghino il tutto esaurito – con lo spettacolo “Mi resta un solo dente e cerco di riavvitarlo”, per la regia di Giorgio Gallione. Il gruppo fondato a Milano da Stefano Belisari nel 1980 ha calcato il palco dei più noti locali meneghini fino ad approdare in televisione, per poi raggiungere la consacrazione con il Festival di Sanremo del 1996.

Cabaret indipendente in grado di riflettere sulla realtà italiana, con leggerezza dissacratoria e frizzante ironia fin nell’incipit “Fratelli, Cristo ci guarda”, accompagnato dalla musica d’organo, e subito dopo “Dio ci guarda; ma ci avrà anche qualche altro cazzo a cui pensare?”. E Dio osserva e gioisce di fronte alla platea gremita, “nel vederci tutti qui riuniti ad ascoltare delle musichine un po’ stupidine”. Il concerto si apre con il più grande successo del gruppo e il ritornello “Italia sì, Italia no, la strage impunita”, che allude alle stragi di mafia. Al quale segue il commento ironico “Ricordiamo che secondo le statistiche quando andate a teatro almeno uno della vostra fila è un mafioso”.

Dallo scandalo del plasma infetto alla malasanità dei primari che “dimenticano le pinze nella panza”, il pubblico si addentra vertiginosamente nella “terra dei cachi”. Canzoni di un Paese in bilico fra guerre vicine e timidi tentativi di ripresa economica, dove i giovani ancora faticano a trovare un impiego stabile. Ed ecco stagliarsi contro il governo dei cachi i coraggiosi giovani, ma “quei pochi che si ribellano vengono ibernati”. Così che vengono vendicati da un nuovo supereroe, “il Supergiovane”.

Spezzoni e ritornelli reinterpretati attraverso contaminazioni sonore, con gli intermezzi geniali del tastierista Vittorio Cosma. Che ripropone “la prosa di Checov, di Carmelo Bene”, chiedendosi “ma il luogo fantastico di Elio e le Storie Tese dov’è? È il boschetto della mia fantasia”. Uno spettacolo per vincere la tragicità insensata di quella che il Papa chiama “Terza guerra mondiale a pezzi”. Un inno alla resistenza e alla spensieratezza attraverso il gioco di parole e le esibizioni strampalate del fortissimo Luca Mengoni, architetto e artista dai mille costumi.

“Siccome non sapevamo molto bene cosa significasse il termine ‘resilienza’ ma lo sentivamo continuamente pronunciare, ci siamo informati e abbiamo capito che volevamo farlo nostro. Il fatto di perdere anche l’ultimo dente e invece di disperarci, cercare di riavvitarlo è la nostra forma di resilienza, andiamo avanti con un dente solo, ma daremo il meglio”, hanno dichiarato giocando sul nonsense. Parole in libertà, dove trionfa una comicità sofisticata, dettata dalla formazione stessa di Elio, divisa fra una laurea al Politecnico e un diploma al conservatorio di Milano. “Avete visto che non siamo più gli ‘Elio e le Storie Tese’ del passato”, ha commentato Belisario durante lo spettacolo.

“Siamo entrati nel mondo della cultura, c’era qualche posto libero”, ha aggiunto con ironia, per passare dalla prosa alla poesia del “Valzer transgenico”, e poi alla fiaba del “Cardellino alcolizzato”. Il gruppo è tornato assieme la scorsa estate “dopo quarant’anni di lavoro” - con il “concertozzo di fine sfiga” - che è stata anche un’occasione per sostenere la tematica dell’autismo, di cui è affetto il figlio Dante. “C’eravamo un po’ rotti le scatole di non fare niente e abbiamo pensato che sarebbe stato bello ritornare sui palchi”, hanno ammesso.

Con un occhio alla realtà contemporanea e uno alla goliardia, la voce narrante spiega come “a Milano ogni giorno avvengono 150mila incontri fra clienti e prostitute”. Introducendo “Pork e Cindy”, che insieme al “Vitello dai piedi di balsa” trasforma il musical in “concerto teatrale con uno sguardo beffardo sull’attualità”. A raccontare l’incomunicabilità fra uomo e donna ci pensa Arturo Faso con “I servi della gleba”, dove il “lesso” attraversa tre fasi. Donne emotivamente instabili compaiono invece nella canzone “La follia della donna” che corre a farsi “un tatuaggetto”. E quando non si piace più “ne fa un altro più grosso” - dove a suonare con i tacchi delle scarpe sono i bravissimi Christian Meyer, di origini svizzere, e Paola Folli.

Raccontando dell’ammaestratore di cozze, il batterista Meyer si esibirà nel faticoso virtuosismo di suonare un solo piatto, coinvolgendo il pubblico che non esita a tenere il ritmo. “Il batterista ha sfatato due luoghi comuni, il primo che gli svizzeri sono noiosi, il secondo, che le cozze sanno solo filtrare l’acqua”, commenta Belisari. Fra gli altri brani proposti, “Urna”, con i richiami ai “Sepolcri” del Foscolo, e il remix “Resta con me”. Infine, il tanto invocato bis. “Amici di Gorizia, il mondo della cultura guarda con fastidio, al bis”, tentenna Elio, per poi concedere “Tapparella”.

Uno spettacolo che ha infiammato il teatro con grande successo di pubblico: perché Elio ha tante storie da raccontare, e val la pena ascoltarle. “Puoi dir di sì, puoi dir di no, ma questa è la vita”.

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