Gorizia, sbaglia la diagnosi di tumore dieci anni fa: risarcimento da 600mila euro

Gorizia, sbaglia la diagnosi di tumore dieci anni fa: risarcimento da 600mila euro

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Gorizia, sbaglia la diagnosi di tumore dieci anni fa: risarcimento da 600mila euro

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 14 Giu 2023
Copertina per Gorizia, sbaglia la diagnosi di tumore dieci anni fa: risarcimento da 600mila euro

Condannati medico e Asugi per il ritardo nel riconoscimento di una patologia tumorale, la denuncia della Fimmg: categoria sotto troppo sforzo.

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Che la sanità, in Friuli Venezia Giulia, non sia tutta rose e fiori è cosa nota. Sempre più evidenti sono le criticità che la riguardano, mentre l’assessore regionale Riccardo Riccardi continua a invocare la necessità di una sua «rifondazione», orientata verso una maggiore privatizzazione del sistema. A ricordarci, però, quanto sia importante avere un servizio pubblico che funzioni, a cominciare dai medici di medicina generale, è la triste vicenda giudiziaria, da poco conclusa, scaturita proprio da un caso di malasanità avvenuto a Gorizia nel 2013.

«Diagnosi tardiva con perdita di chance», sono le fredde parole dietro cui si cela tutto il dramma di una famiglia che ha subito la perdita prematura di un proprio caro. Proprio il ritardo nel riconoscimento di una patologia tumorale da parte del medico di famiglia ha spinto gli eredi della signora B. G. ad avanzare la richiesta di risarcimento, a carico sia dell’Asugi che del medico goriziano.

Richiesta accolta nel 2019 dal Tribunale di Gorizia, in quanto le perizie confermarono sia il danno patrimoniale, sia quello non patrimoniale, per un ammontare complessivo di oltre 600mila euro da ripartirsi tra i tre eredi, V. M., V. R e V. G.. Decisione sostanzialmente confermata anche dalla Corte d’appello di Trieste, che con la sentenza numero 53 del 2023 ha solo parzialmente riformato il giudizio di primo grado, con un lieve ridimensionamento del risarcimento. «È importante che ci siano queste sentenze – ha dichiarato a questa testata l’avvocato Andrea Pellizzotta, legale della famiglia coinvolta – perché rimarcano il diritto del cittadino ad avere cure tempestive».

Secondo Pellizzotta, infatti, «non si può ridurre tutto a una mancata prevenzione: con un servizio adeguato, la paziente avrebbe potuto salvarsi». L’accordo transattivo raggiunto qualche settimana fa con l’Azienda sanitaria rappresenta l’epilogo della vicenda giudiziaria.
«Entrambe le parti si ritengono soddisfatte e non c’è intenzione di procedere in Cassazione per un terzo grado di giudizio», le parole del legale, che insieme alla collega Erica Vacchiano ha voluto sottolineare il «senso di giustizia» condiviso con i suoi assistiti. «No comment» da parte dell’avvocato Diego Modesti, difensore di Asugi e del medico condannati in solido.

Per questi ultimi, comunque, è la società Uniqa Assicurazioni a sostenere interamente l’importo riconosciuto per il risarcimento, oltre alle spese di lite. Sono passati dieci anni, ma i medici di famiglia dell’Isontino continuano a essere in sofferenza. La lettera con una trentina di firme – pubblicata ieri da Fimmg Gorizia, la Federazione italiana medici di medicina generale – è solo l’ultimo di tanti segnali allarmanti. Si legge infatti che «un singolo medico di medicina generale ha mediamente mille contatti al mese che registra sulla sua scheda sanitaria, a cui si aggiungono decine di contatti quotidiani via telefono, via whatsapp o via email».

Tutto questo a fronte di «meno di duemila accessi al pronto soccorso di Gorizia: numeri indicativi dell’importante filtro operato dal medico di famiglia». È chiaro che, se la medicina di comunità è sotto stress, il rischio che casi di malasanità come questo si ripresentino non può che aumentare. Quali soluzioni adottare? «È imperativo un rinnovamento – la risposta di Fimmg – senza additare colpevoli e si investa, piuttosto, nel capitale umano. Va definito un progetto di riorganizzazione del territorio che comporti un radicale cambiamento strutturale e organizzativo, attraverso la formazione, nonché appropriati strumenti e supporti per la gestione delle patologie croniche e della domiciliarità».

Un passaggio necessario, quindi, perché «si crei un’offerta che non determini disuguaglianze nel diritto alla salute». Per i medici isontini, rappresentati dalla prima firmataria Adriana Fasiolo, «i pubblicizzati Ambulatori sperimentali di assistenza primaria (Asap) rappresentano solo una soluzione emergenziale, in cui la logica del rapporto fiduciario e della continuità della cura è assente: elementi che rappresentano il valore aggiunto della medicina generale e che vanno valorizzati creando le condizioni operative per garantire la presa in carico e non la prestazione fine a se stessa».

Nel frattempo, «la deriva verso la privatizzazione destabilizza il sistema con ricadute negative in termini di salute, specie nel paziente multiproblematico, con il rischio di determinare non una presa in carico coordinata, ma una frantumazione nella complessità delle patologie del singolo paziente».

Foto Daniele Tibaldi

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