AL PARCO DELLA RIMEMBRANZA
Gorizia ricorda i deportati in Jugoslavia dopo ottant'anni

La cerimonia ha celebrato il sacrificio delle vittime, tra testimonianze storiche, preghiere e richieste di pace e giustizia.
«I hope we live to tell the tale», cantavano con “Shout” i Tears For Fears, scongiurando un’evoluzione della Guerra fredda. Versi che ai giorni nostri risuonano a monito, per chi ha attraversato la guerra e per quanti corrono ancora il rischio di non vederla finire. Si è svolta invocando speranza e pace la cerimonia di benedizione del monumento ai deportati in Jugoslavia, che durante i quaranta giorni di occupazione vennero rastrellati dai titini fino al dodici giugno del 1945. Nella serata del tre maggio il coro degli alpini ha intonato l’Inno d’Italia e una corona è stata deposta innanzi alla targa «in ricordo delle tante vite spezzate», nel cuore del Parco della Rimembranza del capoluogo isontino.
A riportare le lancette indietro a un’alba di giugno è stato il canto “Monte Nero”, in cui «giovani sui vent’anni» non hanno più fatto ritorno. Con le parole del Vangelo di San Giovanni monsignor Ignazio Sudoso ha invece invitato i presenti a un momento di preghiera.«I nostri cari sono semi piantati nel terreno», ha rimarcato per dare un senso al sacrificio e alla morte. «Non siamo chiamati a dimenticare, ma vogliamo andare avanti – riflette – condividere il nostro dolore per costruire quel futuro di pace e giustizia a cui tutti aspiriamo». «Da quando si formò l’associazione a quando nel 1985 venne eretto questo lapidario, la cerimonia è sempre stata opera congiunta senza volontà di revanscismi – ha dichiarato il presidente del Comitato congiunti deportati in Jugoslavia Laura Stanta Murgia – col solo intento di ricordare il sacrificio dei nostri antenati. Sono trascorsi ottant’anni dall’occupazione da parte di Tito, e ancora tanti italiani restano senza poter avere una tomba né fiori».
A lavorare alla ricerca d’archivio che individuasse finalmente i nomi di 1048 italiani fu nel 2006 la studiosa Nataša Nemec, poco dopo licenziata dal Goriški muzej di Salcano. «Anni fa – aggiunge – la professoressa Nemec diede qualche notizia sugli scomparsi. Il compito del Comitato è ricordare il sacrificio estremo dei goriziani, delle forze dell’ordine e di polizia», molti dei quali provenienti dal Sud Italia. «Con l’intento – precisa – di far conoscere la storia non per suscitare odio, ma per far comprendere come nessuna politica possa cancellare la memoria». «L’ho ricordato pochi giorni fa - ha preso la parola il presidente della Lega nazionale Luca Urizio – i partigiani comunisti italo-jugoslavi entravano a Trieste senza corpo ferire, spalleggiati dalle forze di liberazione slovene e dalle lettere di Togliatti. A Gorizia i partigiani fecero saltare i ponti sull’Isonzo e disarmarono il Comitato di Liberazione Nazionale con un bluff, riferendo che ad Aidussina s’era deciso per l’annessione di Gorizia alla Repubblica di Slovenia».
Nelle città di Trieste e Gorizia imperversarono persecuzioni e arresti verso quanti fossero contrari al governo jugoslavo, sottoposti ad autentica epurazione. «Questo 25 aprile – prosegue - a Sant’Andrea è stata issata una bandiera rossa, e giorni fa anche Trieste se ne è riempita. Un oltraggio ai martiri, ma è una provocazione da evitare. Questo Go! 2025 sarebbe potuto essere un momento importante per avvicinarsi l’uno all’altro, e l’amministrazione comunale si è impegnata, ma qual è stata la risposta? Per la scritta “Tito” dicono non si possa fare nulla in quanto si ritrova in un terreno privato. In un momento come questo, in cui si dovrebbe deplorare la scritta, non ho sentito nulla dal presidente sloveno. Mentre in Slovenia ogni anno si ricorda il ritorno alla madrepatria del litorale adriatico. Piccole provocazioni che andrebbero tolte. Ci vorrebbe una reciprocità, per andare avanti». A intervenire è stato poi il primo cittadino Rodolfo Ziberna, che nel ringraziare le associazioni intervenute ha auspicato festeggiamenti per il giorno del 12 giugno, «per ricordare la liberazione dalla dittatura stalinista».
«Condivido l’appello di don Ignazio – osserva – ogni occasione è un’opportunità per far conoscere queste pagine di storia. Ma il suo era anche un appello per un futuro di pace e giustizia. Allora è giusto ricordare, comunicare e insegnare ai giovani che poco conoscono la storia del Novecento». «È un giorno di ricordo e memoria – ha preso la parola la senatrice Francesca Tubetti – ma non dobbiamo dimenticare che nelle famiglie del Novecento c’era anche la paura di raccontare. Conservare la foto di un nonno in divisa significava dover fuggire da queste terre, in quanto figlio del simbolo dell’italianità. È solo grazie a queste associazioni che abbiamo la possibilità di ricordare, portando i nostri figli e insegnando loro la storia dei sassi di questa città. Dobbiamo ripristinare quello spirito d’italianità che oggi vediamo solo scritto s’un muro». Nell’ottica del ricordo la senatrice depositerà una proposta di modifica al codice militare che renda onore al monte Sabotino.
«Non è un rituale banale – ha sottolineato dal suo canto il senatore Roberto Menia – e in questo luogo con mio nonno ci venivo anche da bambino. Sono storie che si confondono con quelle di altri. Erano figli, mogli, congiunti, ma ora sono passati ottant’anni. Il tempo passa e uccide i ricordi, eppure siamo qui a ricordare con quella stessa forza che ti spinge. Nell’anno della capitale europea della cultura, è intollerabile vedere il Sabotino con la scritta “Tito”. Quale cultura inneggia a Tito? Chi di noi non vuole veramente la pace? Tutto ciò non può essere ipocrita e banale. Si ricostruisca in nome della verità e nel rispetto di tutti. La memoria è qualcosa di sacro, non è un ardere le ceneri, quanto piuttosto un ravvivare la fiamma», conclude. Presente alla cerimonia anche Giorgia Rossaro Luzzatto, che ha già spento 101 candeline e quel 4 maggio del 1945 assistette inerme alla cattura del padre. A innalzarsi oltre la cima degli alberi secolari è stato infine il canto “Stelutis alpinis”, suggellando la chiusura della cerimonia.
Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 031.



Occhiello
Notizia 1 sezione

Occhiello
Notizia 2 sezione
