IL PROGETTO
Gorizia, l’opera collettiva ‘Syum-bàllo’ racconta l’umanità e la fratellanza al di là di ogni confine

Il manufatto è stato realizzato dai ragazzi di Ad Formandum, centro San Luigi e Ljudska Univerza Ajdovščina. Lunedì 5 maggio alle 16 la presentazione in piazza Transalpina.
“Syum-bàllo” è l’etimologia della parola “simbolo” e significa “mettere insieme”, unire, creare un legame. Nella Grecia antica il simbolo era denominato “tessera hospitalis”: due individui, due famiglie o due comunità rompevano in due frammenti una tessera, spesso un contenitore di terracotta e ognuno ne conservava, come dono sacro, una parte. Questa, ricongiunta o meno in un futuro incontro, anche lontano nel tempo, avrebbe per sempre testimoniato dell’antica amicizia.
Partendo da questa remota tradizione la cooperativa sociale Ad Formandum, il centro di ospitalità “San Luigi” di Gorizia e la Ljudska Univerza di Ajdovščina hanno unito le forze per mettere in atto il progetto artistico “Syum-bàllo”. L’iniziativa è stata proposta e coordinata da Ambra Marega, ideata e condotta a livello laboratoriale da Manuel Grosso e seguita dalla referente di Ad Formandum Melania Kalz; attualmente ha terminato la fase di elaborazione presso lo studio artistico Maninarte di Romans d’Isonzo. Proprio qui i ragazzi delle tre realtà educative coinvolte hanno proposto e studiato graficamente, coloristicamente e a livello compositivo le idee poi sfociate nella bozza definitiva
Culmine di tale percorso è stata la realizzazione un’opera artistica collettiva su tre pannelli di legno che compongono un cerchio di tre metri di diametro: tre parti combacianti e convergenti al centro che, spiega Manuel Grosso rappresentano il «riconoscimento reciproco di un’umanità che ci rende tutti fratelli e figli dello stesso pianeta» andando «oltre i confini culturali, politici, sociali, religiosi, temporali e identitari».
Le linee che dividono le tre porzioni del manufatto ricalcano esattamente il percorso dei tre importanti fiumi che attraversano gli Stati d’origine dei ragazzi che hanno lavorato al progetto: Il Brahmaputra per il Bangladesh, la Medjerda per la Tunisia, l’Isonzo per la Slovenia e l’Italia. Ricorrente su tutta la superficie dell’installazione è infine la forma della mano, proposta in numerose varianti e volta ad esprimere nella maniera più diretta il tema (e il bisogno) del contatto.
L’opera, aggiunge Grosso, è la manifestazione tangibile «di quello che è stato un continuo processo di dialogo, di confronto tra sé e l’altro da sé durante tutto il percorso laboratoriale». Dal punto di vista didattico «l’attività ha posto fortemente l’attenzione sull’ espressività di ognuno, cercando di aprire la strada alle unicità e ai diversi retroterra culturali», andando inoltre a trasformare l’inesperienza dei partecipanti in campo artistico in un elemento dal valore creativo attraverso le modalità del pensiero visuale e delle tecniche aperte.
Il manufatto verrà inizialmente presentato lunedì 5 maggio alle ore 16 in piazza Transalpina; in seguito diventerà opera itinerante e, infine, ciascuna delle sue porzioni verrà esposta separatamente nelle tre sedi di Ad Formandum, del San Luigi e della Ljudska Univerza Ajdovščina.
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