le domande
A Gorizia il giallo dietro al tesoro di Mario Muto, le figlie: «Cimeli spariti»

All'indomani della consegna ad Aquileia delle monete antiche ritrovate nel 2018, le figlie dello studioso sollevano domande sul suo patrimonio.
La notizia della consegna di una sessantina di monete antiche al Museo archeologico di Aquileia ha riaperto una ferita, nella memoria delle figlie di Mario Muto. Non tanto per la donazione in sé, quanto per ciò che quei cimeli risalenti all’epoca romana significano e testimoniano di un patrimonio storico oggi sommerso da tante domande. L’appassionato di Gorizia, conosciuto anche come il “custode del Sabotino”, era infatti il proprietario di quei beni, ritrovati in casa sua dai carabinieri dopo la sua morte.
Sono le stesse figlie a ricordare quella storia, Elena e Antonella, a ormai cinque anni dalla scomparsa del genitore. “Ci chiediamo che fine abbiano fatto i reperti che nostro padre possedeva - spiega Antonella Muto -, tra questi c’erano anche alcuni che erano stati prestati da terzi e che non sono più tornati”. La vicenda a monte è complessa, all’indomani dell’arresto cardiaco fatale che è costato la vita allo storico 76enne: la sua casa, infatti, corrispondeva alla sede dell’associazione di cui era fondatore e presidente.
Si tratta dell’associazione culturale Sabotino, denominazione assunta nel 2017 e originariamente Centro ricerche storiche del Goriziano. Fondata nel 1996, in realtà Muto aveva iniziato i suoi scavi e ricerche sull’altura già negli anni Ottanta, contribuendo a riscoprire l’area che per gran parte del Secondo Novecento era rimasta “ostaggio” della presenza militare sul versante italiano, rendendo difficile ogni esplorazione e valorizzazione sul versante italiano. Nel corso degli anni, quindi, aveva accumulato un vero e proprio museo in casa.
Complice la presenza di una pistola Beretta in questo insieme, lascito di un parente che aveva preso in carico, le figlie riuscirono a entrare nell’abitazione del genitore ormai defunto insieme ai carabinieri, dopo un contrasto con i vertici dell’associazione la cui sede era proprio quell’abitazione. In quel frangente, era il primo febbraio 2018, si ritrovarono appunto le monete antiche e altri cimeli. “C’era anche il fondo del generale Papa - precisa Antonella - che è stato poi trasferito al museo dedicato a Vicenza dov’è oggi custodito”.
“Abbiamo sempre visto quelle monete in casa, ma nessuno sapeva come fossero arrivate lì. Certamente non le aveva ritrovato lui scavando ma da nessuna parte, nella relazione dell’esperto numismatico incaricato dalla Procura di Gorizia di fare le analisi, si legge di scavi illeciti. Anzi sono elementi non di pregio e frutto di ritrovamento occasionale. Non avevano nemmeno un particolare valore commerciale”. Al di là di questi cimeli, però, le due donne si chiedono dove siano finiti gli altri elementi che Muto custodiva dopo anni di ricerche.
“A noi è rimasta una sciabola di una divisa di cavalleria, un raccoglitore di cartoline antiche e una collezione di libri. Null’altro. Ma nostro padre aveva due stanze piene di articoli e carte”. Il suo grande desiderio, peraltro, era trasformare la caserma del Sabotino in un museo. La domanda che quindi tornano a sollevare, dopo l’invito rinnovato a non infangare la memoria del padre, è su dove siano quei beni passati di proprietà del sodalizio: “All’epoca il vicepresidente dell’associazione era Lucio Medeot ma non sappiamo più nulla di questa realtà. Esiste ancora? E dove sono i beni dichiarati?”.
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