la cerimonia
Gorizia, 20 anni di legge del Ricordo: «Rispettare la memoria degli altri e perdonare»

Ieri al Teatro Verdi, l'onorevole Frassinetti: «Abbiamo da 20 anni una legge necessaria». La condanna al fascismo, «ha arrecato dolore alla minoranza slovena».
Scrivere pagine nuove. Considerare una tragedia come una tragedia, senza interpretazioni faziose. In una parola, rendere la storia alla Storia. Si è svolta nella serata di ieri – presso il Teatro Verdi – la celebrazione del Giorno del Ricordo, con il patrocinio del Comune di Gorizia e della Prefettura, oltre che della Lega nazionale e dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. «Il giorno del ricordo compie vent’anni – ha sottolineato il presidente della Lega nazionale di Gorizia, Luca Urizio – Qui a Gorizia per noi ha ancora maggior valenza, perché l’undici giugno scorso siamo riusciti a inaugurare il lapidario che io definisco “lapidario delle verità”».
«Per la prima volta in Italia si sono scritti s’un monumento a chiare lettere i nomi dei colpevoli di efferati omicidi a guerra finita. Ieri, grazie all’onorevole Paola Frassinetti, sottosegretario del Ministero dell’istruzione e del merito, siamo anche riusciti a far apporre la targa a Norma Cossetto al liceo classico dove si diplomò nel 1939. Due passi importanti, con una valenza storica che cercavamo di portare a compimento da decenni». A moderare la serata Vittoria Cavalcante Alfano, che leggendo il primo articolo della legge 92 ha ribadito l’importanza di «rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Una storia che si sta ancora plasmando, perché dagli anni Novanta – nella sola Slovenia - sono state rinvenute circa 600 fosse comuni, con 90mila vittime (non solo italiane). «Come ha sottolineato Mattarella, l’unica colpa di questi partigiani era quella di essere italiani e aspirare a un futuro di democrazia e libertà - ha rimarcato Maria Grazia Ziberna, presidente dell’Anvg di Gorizia – Non c’è più spazio per la deriva nazionalista. L’Unione europea è nota per contrapporre ai totalitarismi del Novecento una prospettiva di pace, e nella nostra regione si è avviato un proficuo dialogo di pace. Non ci sono più frontiere, ma strade e ponti».
E ricordando Mattarella e Pahor mano nella mano innanzi alla foiba di Basovizza, Ziberna ha evidenziato la necessità di «ammettere le colpe reciproche per ricercare la verità. Rispettare la memoria degli altri e perdonare, utilizzando Go!2025 come pietra miliare per questo processo di collaborazione e amicizia. Perché - come ha detto Mattarella – se non possiamo modificare il passato, possiamo contribuire a costruire un futuro migliore». A intercalare la serata, la lettura da parte di Tullio Svettini dei versi di Marco Martinolli. Dove la parola “foiba” ha aperto una voragine temporale, sullo strazio delle genti gettate ancora vive giù nell’inferno carsico.
«Foiba, parola che sgretola la vita/parola che inchioda alla croce […] Mani e piedi legati dall’odio/e poi giù nel buio, mentre la tua vita sfracella/tra le pareti nere di pietà». Nella proiezione del filmato dedicato all’inaugurazione del lapidario lo scorso anno, Paolo Sardos – presidente Lega nazionale di Trieste – definisce l’iniziativa un «contributo di verità per migliaia di italiani. […] Solo da una verità integrale potrà derivare un futuro comune basato sulla giustizia». Soddisfazione espressa quest’oggi da Urizio, che ha voluto approfondire le complessità delle dinamiche storiche alla luce dei recenti eventi.
«Siamo certamente felici delle parole che il Presidente del consiglio e anche della Repubblica hanno speso, non posso permettermi di dire che è un atto dovuto. Noi abbiamo purtroppo due simboli dell’orrore nell’arco di dodici chilometri, la Foiba di Basovizza e la Risiera di San Sabba. Entrambi rappresentano il fallimento dell’ideologia, e per un certo verso sono simili negli atti efferati compiuti e ricordati da quei luoghi dell’orrore. Questo deve farci riflettere e comprendere come sia difficile dimenticare. Ma per tentare di farlo, bisogna cercare di chiedere perdono e cancellare i torti».
«Ogni anno ci ritroviamo a combattere con dei mistificatori della storia, che inizialmente negavano totalmente quanto accaduto, poi si giustificavano dando la colpa al fascismo. Quello che è successo è accaduto per un tentativo da parte del Maresciallo Tito di annettere territori, non per vendetta. A quel punto si è iniziata a costruire una “controstoria”. La verità assoluta viene alla luce quando incrociamo le testimonianze da una parte e dall’altra. Quando le testimonianze coincidono, si ottiene la verità assoluta». Per il sottosegretario Frassinetti «abbiamo da vent’anni una legge necessaria, senza la quale non saremmo riusciti a far conoscere la tragedia delle foibe e dell’esodo».
«Ma siamo ancora indietro, perché esiste un giustificazionismo che intende inquadrare le foibe nell’alveo del fascismo. Sono invece convinta che in queste terre fosse diffusa una volontà di pulizia etnica». E alludendo alla distruzione della targa dedicata agli esuli nella piazza di Firenze poco distante dalla Fortezza Da Basso, ha incitato a perseguire il sentiero della verità. «La presenza del Presidente del consiglio ha dimostrato come questo governo intenda colmare tanti anni di silenzio. E così bisogna fare nelle scuole, dove non è ammissibile narrare menzogne nel luogo del sapere».
Nel suo intervento, il primo cittadino si è inizialmente soffermato sul Museo del ricordo che aprirà al Vittoriano e sui tre pannelli da collocare a Gorizia. Uno verrà posto in viale XX settembre per ricordare Norma Cossetto, un altro accanto alla statua di Cesare Ottaviano Augusto – dove in giornata è stato deposto un omaggio floreale – e l’ultimo nel quartiere degli esuli in piazza Fiume. «Dopo decenni di oblio, dobbiamo interrogarci sul perché di questo silenzio – ha poi riflettuto Ziberna - e sul perché del negazionismo. È fuor di dubbio che il fascismo abbia arrecato dolore alla minoranza slovena, e infatti la Repubblica italiana lo ha condannato. Ma la grande responsabilità è scrivere pagine nuove».
«Per questo il presidente Mattarella ha additato Gorizia e Nova Gorica come luogo di testimonianza nel mondo, nel rigoroso rispetto delle proprie identità». Un «riconoscimento reciproco della sofferenza» che possa condurre a superare l’impasse durato anni.
«È stata ricordata una tragedia – ha osservato il prefetto Raffaele Ricciardi – ed è questo che il presidente Mattarella ha voluto sottolineare. Una tragedia che travalica le interpretazioni. La storia è storia, e i morti sono morti. Ciascuno ha i propri morti da piangere e da ricordare. Ricordare il dolore condiviso non per creare ulteriori recriminazioni, ma per comprendere come da qui si possa muovere un passo avanti».
A chiudere la serata, l’intervento dello scrittore attore e stuntman Danilo Leo Lazzarini, che raccontando la propria esperienza ha paragonato gli esuli a «figli di un Dio minore, un popolo cui è stata negata la patria». Per il quale l’avvento della democrazia non ha ancora portato giustizia, mostrando come «dopo ottant’anni c’è ancora una ferita aperta».
L’abilità del Coro dell’Ana di Udine ha visto il gruppo di Codroipo (nella foto) diretto da Massimiliano Golin esibirsi nell’Inno di Mameli, trascinando il pubblico in un momento solenne. Notevole anche “Il Signore delle cime” di Bepi De Marzi, che ha ceduto il passo a “Stelutis alpinis” di Arturo Zardini e alla comica “Strada ferrata” di Mario Macchi. Interpretato direttamente dalla platea è stato poi il possente e conclusivo “Va pensiero”, che ha suscitato applausi e grande commozione.
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