Giuliano Stabon riceve il premio Amì di Lucinîs. Luminare nelle funivie ma «fiero delle mie origini contadine»

Giuliano Stabon riceve il premio Amì di Lucinîs. Luminare nelle funivie ma «fiero delle mie origini contadine»

La consegna

Giuliano Stabon riceve il premio Amì di Lucinîs. Luminare nelle funivie ma «fiero delle mie origini contadine»

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 04 Mag 2025
Copertina per Giuliano Stabon riceve il premio Amì di Lucinîs. Luminare nelle funivie ma «fiero delle mie origini contadine»

L'ingegnere ha ricevuto il riconoscimento nella chiesa parrocchiale. Dodici milioni di metri per i numerosi impianti progettati, realizzati e seguiti.

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Fu lui, a dodici anni, appassionato dalla meccanica e dagli ingranaggi, a costruire il primo presepe meccanico di Lucinico: «La meccanica come vocazione e destino, senza mai dimenticare di andare nei campi con suo padre e proseguendo li strudi». Giuliano Stabon, Premio Amì di Lucinîs 2025, ha ricevuto con affetto e orgoglio da parte del proprio paese natìo il rinomato premio, consegnato dal Gruppo di Associazioni “Lucinîs” in coordinamento con la Parrocchia di San Giorgio e l’amministrazione comunale.

Giuliano è stato definito, come recita la pergamena regalatagli, «luminare a livello italiano degli studi e dei lavori sulle corde di funivia, teleferiche con ben dodici milioni di chilometri per farle funzionare. Un ingegnere contadino». Un contadino, sì, come lui stesso, ricevendo il premio nella chiesa parrocchiale dalle mani di Renzo Medeossi, Gianni Bressan, dal parroco, don Moris Tonso, e dal sindaco, Rodolfo Ziberna, ha voluto sottolineare: «Sono contadino, non agricoltore, e ne vado fiero». Presenti alla cerimonia anche l’assessore al decentramento, Maurizio Negro, e il capo di gabinetto della Prefettura, Chiara Belliazzi.

La messa, celebrata dal parroco, don Moris, si è svola nella sobrietà festosa delle domeniche che seguono quella di Pasqua, accompagnata dalla Corâl di Lucinîs che ha eseguito la Messe in friulano di don Oreste Rosso.

A tratteggiare il ritratto del Stabon è stato uno dei suoi allievi, l’ingegner Gianandrea Gei, che l’ha descritto come «uomo dal cuore grande, sempre proiettato verso il prossimo. Appassionato del suo lavoro, pronto ad aiutare i suoi alunni, e colleghi quando interpellato. Saldamente legato alla sua terra, nell’affrontare un tema funiviario non si dimentica mai di precisare e sottolineare: “Attenzione, prima di tutto io sono un contadino”. In tutte le sue scelte, sempre giusto e corretto verso tutti. Mai ha disatteso o ritardato un appuntamento con i suoi alunni o clienti».

Gei ha anche ricordato la consorte, Germana, con la quale, scherzosamente, ha voluto scusarsi «per quante volte durante le festività ho disturbato per un supporto o aiuto». Tra i banchi della chiesa, va ricordato, anche altri allievi del Stabon, gli ingegneri Boris e Andrea, definiti da Gei «i miei fratelli funiviari».

Una persona che «ha portato in alto il nome di Lucinico», come ricordato da Giovanni Bressa, «incarnando perfettamente lo spirito del premio». «Il suo lavoro lo ha portato lontano dalla quotidianità del paese, anche se non lo ha allontanato da esso dove ancor oggi lo vediamo lavorare la terra, coltivare i campi e le vigne, non rinnegando le sue origini e il suo legame con il mondo contadino». 

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