Il giovane Paternolli morto in montagna, Gorizia lo ricorda dopo 100 anni

Il giovane Paternolli morto in montagna, Gorizia lo ricorda dopo 100 anni

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Il giovane Paternolli morto in montagna, Gorizia lo ricorda dopo 100 anni

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 29 Ago 2023
Copertina per Il giovane Paternolli morto in montagna, Gorizia lo ricorda dopo 100 anni

Aveva appena 35 anni quando quella fatale escursione spezzò la sua vita, al suo funerale partecipò commossa tutta la città. Il ricordo in cimitero.

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Era il 19 agosto del 1923 quando, durante un’escursione alpinistica nella Valle di Tribussa (Trebuša), Nino Paternolli – al secolo Giovanni – perse la vita a causa di un incidente. Con lui c’era Ervino Pocar, ma quell'escursione coronava una settimana alpina a cui avevano partecipato anche Nerina Slataper, Silvio Rubbia (padre del Nobel Carlo Rubbia), Paolo Resen e altri alpinisti di Gorizia e non solo.

Giornate in cui erano state scalate le principali vette delle Alpi Giulie Orientali, tra cui il Tricorno, il Prisojnik, lo Jalovec, il Bavški Grintavec e il Razor. Paternolli e Pocar stavano tentando di raggiungere Loqua, nella Selva di Tarnova, per partecipare alla Festa alpestre organizzata dalla sezione di Gorizia del Club alpino italiano (Cai).

Non è la storia di un cittadino qualsiasi, la sua. Aveva appena 35 anni quando quella fatale escursione spezzò la sua vita e al suo funerale, nonostante la giovane età, partecipò commossa tutta la città abbassando le serrande dei negozi al passaggio del corteo funebre.

Il centenario

Per commemorare il centenario della scomparsa dell’illustre goriziano – libraio di professione, alpinista per vocazione e mecenate per amore per la cultura – il Cai di Gorizia ha celebrato ieri mattina una breve cerimonia nel luogo in cui oggi riposa, nel cimitero centrale, ai piedi del portico sulla destra giungendo dall’ingresso.

Tra il pubblico, oltre all’assessore comunale alla Cultura Fabrizio Oreti, c’era anche la nipote di Paternolli, Anita Loppel, che oggi vive a Milano ma conserva ancora un profondo attaccamento per la città del nonno. Un amore che la città stessa, in qualche modo, sembra ricambiare, poiché, quasi per miracolo, il sole è riuscito a squarciare per qualche minuto le nubi cariche di pioggia della tempesta che sta spazzando via, in queste ore, il caldo africano dell’anticlone Nerone e, con esso, l’estate.

“Era stato un protagonista a Gorizia negli anni a cavallo della Prima guerra mondiale – il ricordo di Elio Candussi, delegato sezionale del Cai – non solo come alpinista, ma anche come animatore del dibattito culturale”.

Gli anni dello Staatsgymnasium

Paternolli, infatti, si formò allo Staatsgymnasium di Gorizia: quella fucina di grandi intellettuali, che, in pochi anni, aveva sfornato una serie di personalità che non solo si sarebbe affermata nel campo delle lettere del Novecento, ma che avrebbe anche rappresentato un’identità culturale plurima unica in Europa.

E fu proprio sui banchi dell’imperial-regio liceo che conobbe Carlo Michelstaedter ed Enrico Mreule, con i quali costruì quel rapporto di profonda amicizia che avrebbe segnato i suoi anni giovanili.

“I tre amici – ha spiegato sempre Candussi – amavano la vita all’aria aperta, salivano spesso sul San Valentino (oggi più noto come Sabotino) ma, soprattutto, si ritrovavano nella soffitta di Palazzo Paternolli – nell’attuale piazza Vittoria, che allora si chiamava Grande – a leggere in lingua originale i classici greci, da Socrate a Platone, fino ai filosofi moderni, come Schopenhauer e Nietzsche. Nella soffitta si arrovellavano in discussioni sul senso della vita, in un periodo storico apparentemente tranquillo, ma nel quale covavano i germogli di nuove tendenze dirompenti nell’arte, nella letteratura, nella società”.

Il destino separò i tre subito dopo il diploma e, come noto, non arrise loro. Se Michelstaedter morì suicida nel 1910 a soli 23 anni, di Mreule si persero per sempre le tracce dopo la partenza per l’Argentina, nel 1909, per isolarsi dal mondo.

La Grande guerra e la finis Austriae

Ma il mondo di Nino avrebbe cominciato a frantumarsi con l’arrivo della Grande guerra. In poco tempo morirono prima la sorella Anita, poi il fratello Paolo e, infine, il padre Giuseppe, titolare di una libreria e di una tipografia. Come se non bastasse, il 20 novembre del 1915 una granata italiana sventrò la loro casa, nonché sede dell’impresa di famiglia, costringendo i superstiti Nino e la mamma Angela a trovare rifugio a Maribor.

Cessate le ostilità i Paternolli rientrarono a Gorizia e, con loro, i fratelli Pocar, i Seghizzi, Biagio Marin, Giorgio Bombig, Nerina Slataper e molti altri. Con la finis Austriae la città non solo era da ricostruire, ma avrebbe anche dovuto trovare un nuovo ruolo, dopo secoli di dominio asburgico. Nino non solo seppe far ripartire l’impresa familiare, ma si impegnò a valorizzare il patrimonio multiculturale goriziano pubblicando in italiano, con la propria tipografia, il ponderoso studio di Alojizj Res su Dante Alighieri, realizzato in occasione del centenario della morte del sommo poeta.

Con quest’opera monumentale, curata graficamente da Tone Kralj e con contributi di Benedetto Croce e Oton Župančič, “Paternolli – così scrive lo storico Sergio Tavano – aveva voluto che si incontrassero su un livello molto alto i due mondi che avevano già concorso a far vivere a Gorizia un clima di sintesi dinamica, su basi pluralistiche. Eppure, uscendo nel 1923, quella raccolta comparve in un aspro contrasto con la politica perseguita dall'Italia fascista, duramente e pregiudizialmente avversa a tutto ciò che non fosse italiano (o ‘italianissimo’) in un senso nettamente nazionalistico”.

Con quel tragico incidente dell’estate del 1923 non cessò solo la vita di Paternolli, ma, sempre secondo Tavano, iniziò anche “il tramonto di Gorizia”.

La lapide in Val Tribussa

L’impegno del Cai di Gorizia, però, non si ferma con la cerimonia di ieri. “A ottobre – ha annunciato il presidente del club Giorgio Peratoner – sarà inaugurata una nuova lapide commemorativa a Tribussa Superiore (Gorenja Trebuša), in prossimità del canalone dove avvenne il fatale incidente”.

Il luogo, individuato grazie alla collaborazione con la comunità locale, sarà più facilmente accessibile rispetto a quello della lapide già esistente, oggi sepolta dai detriti e tronchi accumulatisi nel corso del tempo.

Profondamente riconoscente per le iniziative in memoria di Nino la nipote. L’auspicio di Loppel è che “si possa fare di mio nonno un personaggio che resti al di là degli amici del Cai”. Inevitabile anche un commento sullo stato in cui versa Palazzo Paternolli: “Era triste vedere quel palazzo in piazza Vittoria andare in rovina con il passare degli anni. Spero che torni presto a risplendere come un tempo”. Oreti ha colto così subito l’occasione per rassicurarla, dichiarando di aver recentemente incontrato gli attuali proprietari che stanno conducendo il restauro: “Non solo i lavori saranno presto ultimati, ma sarà senz’altro allestito uno spazio di gestione e accesso comune, da identificare insieme”.

Sempre secondo l’assessore, “persone come Nino Paternolli non saranno mai morte grazie ad associazioni come il Cai. In vista di Go! 2025 è fondamentale rispolverare la città e raccontare al mondo cosa siamo: un impegno da portare avanti con l’aiuto di tutti”.

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