LA VITTORIA
Giochi Transfrontalieri di quartiere, primo posto a Madonnina. L'assessore Artico: «Con la gente, primo importante risultato di Go! 2025»

Festa di comunità all'oratorio di Nostra Signora di Lourdes. Ripercorsi storie, memorie e volti di un rione simbolo di unione tra passato e futuro.
«Un quartier picio xe bel proprio perché xe come star in famiglia», ricorda Nives Ramon residente a Madonnina del Fante. Il quartiere lo scorso diciassette maggio si è aggiudicato il primo posto nei Giochi transfrontalieri fra le tredici squadre presenti. Immensa la gioia che la piccola comunità ha voluto condividere ieri - lunedì sedici giugno - nella serata conviviale svoltasi all’oratorio della Parrocchia di Nostra Signora di Lourdes a Gorizia. Un momento prezioso per ricordare il passato che ha cucito assieme i cuori di bambini e anziani, nella consapevolezza che la condivisione rafforza lo spirito di unità e rende immuni dal solipsismo dei social. «È il quartiere più giovane – spiega la referente Raffaella Peric – e ciononostante molte famiglie sono qui già da quattro o addirittura cinque generazioni. La mia casa è del 1936».
«Appena ricevuto l’incarico ho avuto un incontro con i rappresentanti delle associazioni di quartiere – interviene l’assessore al Go! 2025 Patrizia Artico – per proporre loro incontri e pubblicazioni. Di qui l’idea di recuperare i Giochi senza quartiere, allargati anche a Šempeter e Nova Gorica. È stato il primo importante risultato di Go! 2025, perché senza la gente del territorio la capitale europea della cultura avrebbe fallito». I neonati Giochi senza frontiere intendono così farsi custodi di fratellanza e unione come già accaduto in passato, recuperando la speranza ogni giorno smorzata dal dilagare delle guerre in Europa e Medio Oriente. «La volontà del Comune è realizzare piccole pubblicazioni in cui ogni quartiere venga raccontato in chiave nuova – precisa – per stimolare iniziative che valorizzino il territorio dal punto di vista delle persone». Attività in cui si recuperi il dialogo e l’incontro, per creare insieme ai ragazzi «quel necessario rapporto di fiducia verso il futuro» e «vivere senza angosce». Presente anche il giornalista Roberto Covaz, incaricato dall’amministrazione di realizzare una serie di brochure sui dieci quartieri cittadini per celebrare lo speciale Go! 2025.
«Sto raccogliendo materiale – rimarca - incontrando persone, ricostruendo storie e vicende curiose o drammatiche per dar voce all’anima dei quartieri di Gorizia». Una città che lo scrittore monfalconese ha conosciuto nelle sue pieghe più intime dopo avervi ricoperto il ruolo di responsabile per la redazione dal 2001 al 2017. «Me ne sono innamorato – ammette – e l’ho studiata a fondo, ma non si finisce mai di approfondire. Come giornalista ho sempre detto che per rendere bene la cronaca di questa città bisogna conoscerne la storia. Forse non ci sono tanti altri luoghi così complessi da capire come questo». «Le cose belle vanno condivise – ha sottolineato dal canto suo il parroco don Moris Tonso – così mi auguro che questi momenti offrano occasione per rafforzare i nostri legami». Dalle origini di «ridente tranquilla campagna» incastonata fra Gorizia, Lucinico e Piedimonte - quando le due sponde dell’Isonzo erano «collegate da un passo di barca» fino a luogo di passaggio e scontro fra gli eserciti italiani e austroungarici, come ha ricordato il presidente dell’Associazione Isonzo – gruppo di ricerca storica odv Andrea Spanghero. Una guerra che ancora riemerge dal sottosuolo riaffiorando in munizioni o proiettili nei giardini delle case, simboleggiata dal capitello votivo della Madonnina eretto a commemorare i caduti dell’XI Corpo di armata schierato sul monte San Michele.
Dallo schermo su cui scorrono le immagini lo sguardo del generale Giuseppe Paolini interseca quello di chi un secolo dopo la sua morte ascolta la narrazione, in una magia che restituisce le riunioni attorno al fuoco. Le gesta di Aurelio Baruzzi e la storia del ponte ferroviario fatto saltare ci ricordano che le guerre dei nostri avi in fondo non sono così lontane nel tempo, né tanto diverse da oggi. In una foto in bianco e nero Villa Fausta viene catturata dall’obiettivo in un cumulo di macerie per i bombardamenti austroungarici, mentre in un’altra si mostra Via delle Grappate, così denominata per le “grappe”, gli scavi realizzati per costruire il terrapieno sul quale sarebbe passato il treno. E infine le immagini scattate quest’anno, il trionfo dei 570 punti e la gioia di una vittoria condivisa. A queste si mescolano le storie del passato, dalle quali ricompare la splendente prima coppa dei Giochi senza quartiere. Tante erano le gite fuori porta in compagnia, quando il gruppo storico contava circa 120 persone. «Avevo 18 anni – riporta Nives – e il presidente Licia Bordin m’incaricò di disegnare lo stemma». Uno stendardo che univa capitello e ponte ferroviario, ma anche l’azzurro dell’Isonzo e il verde dei prati, suggellati da due rametti di acacia.
«Le acacie furono piantate dopo la guerra – aggiunge – per me rappresentano un simbolo di guarigione». Un quartiere intimo e raccolto che ha dato anche i natali al regista Matteo Oleotto e alla cantautrice Paola Rossato. Le immagini si susseguono come in un film amatoriale dal quale si ridesta quello che un tempo era il “gruppo delle mamme”: Anna, Violetta, Liliana e le altre sorridono durante una gita organizzata dalla parrocchia. Poi ci sono loro, i ragazzi del minibasket: Andrea, Marco, Matteo, Elvis, Gianluca. E finalmente il coro della Madonnina sotto l’ala protettiva di Isabella, nello scatto unito al coro di Ronchi dei Legionari. La signora Carmen racconta le immagini con la lucidità dell’altro ieri: la Mainizza con la corriera blu dell’Apt, il gruppo di carnevale del Far West. Dal mucchio spunta persino una foto con la neve, che ricopre la campagna qui dove oggi sorge la parrocchia. «Il capitello faceva da spartitraffico – chiarisce Licia – fra via Brigata Re, Piedimonte e la Mainizza, poi l’hanno spostato dov’è adesso. Il ponte è stato distrutto, ma con i vecchi tronconi c’era l’idea di fare un belvedere». «Questo è il confine fra Piedimonte e Lucinico – prende la parola Mauro – e noi siamo nel mezzo, una terra quasi di nessuno, anche se storicamente siamo dipesi da Piedimonte». Da una cartolina austroungarica riappare il ponte di ferro costruito nel 1903, e il servizio di barche che fino ad allora collegava le due sponde su licenza austriaca.
«Era gestito dai Cociancig– rammenta –che ribadirono la pericolosità del fiume. Alla prima piena morirono in sedici o diciotto operai». Riecco i tempi più recenti con il carnevale di “C’era una volta il Far West” e “La storia del chicco di caffè” della celebre ninna nanna. «C’erano anche le ragazze Can can – torna indietro con la memoria Peric - e la sera ci siamo ritrovati tutti in un saloon. Qui era il primo carnevale, “Il pifferaio magico”», specifica descrivendo l’immagine seguente. Una carrellata di emozioni conclusasi con la lettura dei ricordi di Nives insieme a bevande, stuzzichini e omaggi floreali. «Quartier picio sì, ma no mancava gnente», intercala a un bicier di spritz. «Se te volevi spiagia, te gavevi l’Isonzo. Se te volevi montagna, te gavevi el Calvario». Non mancano all’appello i versi variopinti di Walter Klainscek, scritti durante una gara ai Giochi di maggio: «Go voia de no veder sti mona de confini. / Go voia de star in pase/ coi veci e coi bambini». Per scrivere con semplicità e passione, una volta per tutte e a dispetto di ogni guerra, la parola “pace” a conclusione.
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