la celebrazione
Furono deportati dai titini a guerra finita, Gorizia ricorda chi non tornò più a casa

Davanti al Lapidario, si è rinnovato il ricordo dei deportati italiani a guerra finita. I lavori per ampliare il monumento.
Si è rinnovata anche quest'anno la cerimonia in ricordo dei deportati da Gorizia e nel resto della provincia da parte dei partigiani comunisti filo-Jugoslavia nel maggio 1945, a guerra finita. Ad organizzarla è stata la Lega nazionale, riunendosi con l'amministrazione comunale e alcune associazioni d'arma al Parco della Rimembranza nella giornata di ieri. Sono stati così ricordati "tanti martiri innocenti - commenta il presidente Luca Urizio -, che dovevano essere eliminati per costringere gli italiani a fuggire ed annettere la Venezia Giulia alla Settima Federativa Jugoslava, come comprovano, tra i tanti documenti recuperati, anche i comunicati del CLN oltre alle ammissioni di colpa di alcuni partigiani, come il commissario della divisione d'assalto Garibaldi Natisone, Vanni (Giovanni Padoan)".
"Dopo i 40 giorni di occupazione dei partigiani jugoslavi - prosegue Urizio -, Gorizia sarà finalmente liberata il 12 giugno 1945, data che dal 2020 viene ricordata in città ufficialmente. Ci siamo ritrovati davanti al Lapidario, come ogni anno, con lo sguardo rivolto al futuro ma nella piena consapevolezza di voler conservare la memoria di quelle tragiche giornate e perpetuarne il ricordo senza rancori e senza odio. Nessun futuro può essere costruito sull'oblio e questo spaccato di storia goriziana non deve essere dimenticato ma anzi portato a conoscenza di tutti, alle generazioni di oggi e di domani, perchè si sappia quanto la città ebbe a subire durante i 40 giorni di occupazione titina e quanto dovette lottare per riconquistare l'Italia. Il tema delle deportazioni rappresenta il momento più drammatico dell'occupazione Jugoslava della città".
Il sodalizio rimarca che "dalle deportazioni pochi fecero ritorno, il dramma umano fu tale che non ha bisogno di essere sottolineato. Si volle coscientemente colpire la collettività italiana in tutti i suoi più validi elementi. Furono prelevati, deportati e mai più fecero ritorno due componenti del CLN, Olivi e Sverzutti; tutti i dirigenti dell'ufficio del Comune, il segretario generale Sirtori, il vice Locardi, l'ufficiale sanitario Rossaro, il capo dei servizi anagrafici Princis, il presidente della Provincia Morassi, il direttore della Cassa di risparmio Furlani, il capo dell'ufficio legale avvocato Barbasetti, numerosi dirigenti ed imprenditori privati, professionisti, funzionari, fino alle classi più umili, gente di tutti i ceti sociali e di tutte le fedi politiche ma italiani! Impossibile qui ricordarli tutti ma restano nella nostra memoria e resteranno sempre nel nostro cuore".
Urizio denuncia quindi che "su questi nostri fratelli strappati alle loro famiglie a guerra finita c'è stato per anni solo silenzio, silenzio e voluta dimenticanza. In questi ultimi anni, abbiamo operato per far crollare il muro dell'omertà e, con il nuovo erigendo Lapidario e gli sforzi che stiamo facendo con le ricerche nelle foibe slovene per riportare a casa almeno una parte dei fratelli scomparsi, stiamo raggiungendo l'obiettivo di ridare giustizia e dignità alla memoria dei nostri martiri".
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