La festa nel rione di Sant'Andrea, musica e torta per cento anni della comunità

La festa nel rione di Sant'Andrea, musica e torta per cento anni della comunità

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La festa nel rione di Sant'Andrea, musica e torta per cento anni della comunità

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 04 Mag 2024
Copertina per La festa nel rione di Sant'Andrea, musica e torta per cento anni della comunità

Ieri sera la festa della comunità per i cento anni dalla nascita della parrocchia, l'arcivescovo Carlo: «Continuare collaborazione tra le diverse lingue e culture».

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Era il 1924 quando Sant’Andrea-Štandrež divenne parrocchia a sé, poco dopo la ricostruzione della chiesa stessa distrutta dalla Grande guerra. Appena tre anni dopo, l’area amministrativamente passerà sotto il Comune di Gorizia, diventandone un rione, ma la comunità è sempre rimasta una presenza peculiare con le proprie tradizioni. Un attaccamento verso le proprie origini, in particolare nella lingua e cultura slovena, testimoniato nella celebrazione di ieri sera in Sant’Andrea Apostolo, per celebrare questi suoi cento anni.

A celebrare l’eucarestia è stato l’arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, davanti a molti fedeli, alla senatrice Tatjana Rojc, la segretaria di Stato di Lubiana Vesna Humar e il console sloveno Gregor Šuc, oltre che l'assessore ai quartierei Maurizio Negro e il questore Luigi Di Ruscio. Lo stesso presule ha portato alcuni suoi ricordi giovanili, in particolare della sua parrocchia d’origine: «È una parrocchia situata nel quartiere “Città Studi” vicino al Politecnico, una zona che allora (negli anni Sessanta) vedeva una grande crescita della popolazione». Falliti i tentativi di aprire un nuovo edificio religioso, si decise di ampliare gli spazi esistenti.

«Alla fine - ha raccontato l’arcivescovo - si era riusciti a rimettere a nuovo e ingrandita la chiesa e tutti, anche noi piccoli, siamo stati molto contenti e abbiamo partecipato a un pellegrinaggio a Roma per ringraziare il Signore e per comunicare la nostra soddisfazione a papa Paolo VI che conosceva bene la situazione della chiesa essendo stato arcivescovo di Milano fino a un paio di anni prima». Tornando quindi alla realtà in riva all’Isonzo, «sono certo che abbia vissuto un simile impegno nel trovare le risorse per la ricostruzione della chiesa».

Secondo quanto ricostruito dall’associazione Concordia et Pax, nell’ottobre 1919 l’allora Comune di Sant’Andrea aveva stimato in 190mila corone l’ammontare dei guasti patiti dalla chiesa. Nel novembre 1921 si fece la copertura del tetto, dopo aver ottenuto il riconoscimento dei danni di guerra, ed entro novembre dell’anno seguente furono terminati tutti i lavori di riedificazione, mantenendo la stessa collocazione. Contestualmente, ci furono diversi interventi da parte dell’Ufficio provinciale regolazioni e architettura.

Alla fine, la spesa necessaria fu di quasi 951mila lire. Ragioni estetiche e qualche sparuto supporto documentario - riportava lo storico Marco Pozzetto - suggeriscono di ascrivere la paternità del nuovo progetto postbellico a Max Fabiani, in particolare il gioco dei timpani e la diversa foggia del campanile. La chiesa venne quindi solennemente riconsacrata il 29 giugno 1923 dall’allora principe arcivescovo di Gorizia, monsignor Francesco Borgia Sedej. Una figura, questa, che cercò di difendere il mondo sloveno dalle aggressioni fasciste.

Tornando all’omelia, monsignor Redaelli ha guardato anche al resto della città e alla sfida di GO! 2025, «spinta a continuare nel cammino di comunione e collaborazione tra le diverse lingue e culture di qua e di là del confine. O ancora potrà essere l’occasione per un'accoglienza di chi verrà qui e vorrà conoscere la nostra storia travagliata, ma insieme il nostro impegno per la pace e la riconciliazione. La circostanza poi che Gorizia è e sarà ancora punto di passaggio della rotta balcanica ci impegnerà ancora di più nell’accoglienza».

Ha quindi sottolineano l’impegno «nella proposta di una limpida testimonianza cristiana che possa portare anche persone di altre religioni o lontane da una fede a scegliere di diventare cristiane. L’invecchiamento della popolazione di Gorizia può e deve spingere a una maggior attenzione agli anziani, che sia anche testimonianza di una speranza cristiana che guarda con fiducia oltre la morte». Ha quindi salutato i fedeli in sloveno, mentre alla fine della cerimonia è stata tagliata la torta dedicata proprio al secolo di vita della parrocchia dal parrocco, don Carlo Bolčina.

Foto Sergio Marini

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