Ferite del Dopoguerra, a ‘Voci di Confine’ si parla di verità scomode e di memorie negate

Ferite del Dopoguerra, a ‘Voci di Confine’ si parla di verità scomode e di memorie negate

L’APPROFONDIMENTO

Ferite del Dopoguerra, a ‘Voci di Confine’ si parla di verità scomode e di memorie negate

Di Redazione • Pubblicato il 08 Ago 2025
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Nel secondo episodio del podcast, David Bandelj riflette su giustizia, memoria condivisa e il ruolo dello Stato democratico davanti alle vittime di tutte le dittature.

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Dopo il primo episodio dedicato al difficile rapporto tra storia e memoria, prosegue su Voci dal confine il ciclo di conversazioni con David Bandelj, insegnante, poeta e musicista sloveno, impegnato da anni nel dialogo tra comunità divise e memorie frammentate.

Nel secondo episodio della trilogia – pubblicato oggi – si entra nel cuore delle ferite lasciate dal dopoguerra: deportazioni, sparizioni, fosse comuni ancora da indagare. Un passato che in parte riguarda anche Gorizia, dove nel maggio del 1945, durante l’occupazione jugoslava, si verificarono arresti e deportazioni tuttora senza risposta.
Nel podcast, al microfono di Marilisa Bombi, Bandelj riflette su ciò che uno Stato democratico dovrebbe fare nei confronti delle vittime: «Dare risposta a chi è stato colpito dalla dittatura fascista e anche a chi ha subito l’onda d’urto del comunismo. Lo Stato dovrebbe porsi come garante di equità, senza cadere nella propaganda». Il principio, ribadisce, è uno: l’antifascismo è un pilastro della Costituzione italiana.

Si parla anche di memoria e giustizia: «Non esistono scorciatoie. Le nuove generazioni hanno bisogno di verità storiche e memorie condivise. Ma temo siamo ancora alla prima fase: accettare le verità scomode. L’Italia sul fascismo, la Slovenia sul comunismo».

Tra i temi affrontati, anche il caso delle fosse comuni in Slovenia, la rimozione della giornata commemorativa nazionale per le vittime delle esecuzioni sommarie, e il coraggio dello scrittore Edvard Kocbek, che nel 1975 – in un’intervista con Boris Pahor – parlò pubblicamente di quella pagina rimossa, rompendo un silenzio durato trent’anni.

«Boris Pahor diceva il suo “tre volte no” alle dittature del XX secolo: al fascismo, al nazismo, al comunismo. Forse – conclude Bandelj – dovremmo iniziare a prendere i nostri scrittori come esempio etico concreto.»

Il podcast si chiude con un invito alla riflessione su quale memoria valga davvero la pena onorare.

Domani, l’ultimo episodio della trilogia: si parlerà di educazione, nuove generazioni e del futuro del confine. 

Il podcast è fruibile tramite Spotify cliccando qui e su YouTube qui.

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