Ernesto sotto la maschera dei supereroi a Gorizia, «per me è una rivalsa»

Ernesto sotto la maschera dei supereroi a Gorizia, «per me è una rivalsa»

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Ernesto sotto la maschera dei supereroi a Gorizia, «per me è una rivalsa»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 04 Feb 2024
Copertina per Ernesto sotto la maschera dei supereroi a Gorizia, «per me è una rivalsa»

Ernesto Feletti racconta l'amore per i giochi e travestimenti nella giornata del Carnevale di Gorizia: «Mi sono ripreso i pezzi dell’infanzia persa».

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Oscar Wilde ci aveva scritto una commedia - “The importance of being Ernest” - creando un divertente equivoco con il termine “onesto”. Onesto lo è anche lui, che lavora con il cuore. A Natale lo abbiamo visto portare i regali a bambini e anziani, mentre il resto dell’anno indossa i panni dell’Uomo Ragno, Batman e Capitan America. Non è Tobey Meguire, né l’ultimo Pattinson o Chris Evans, ma il nostro Ernesto Feletti - di professione animatore - che alle feste partecipa da quand’era ragazzo. Nel giorno in cui Gorizia apre il Carnevale, la sua figura è ancora più caratteristica.

Arriva a una festa di compleanno in città portando con sé casse, corde e hula-hoop, e naturalmente una valanga di simpatia. Nato a Trieste quasi quarant’anni fa, dopo aver frequentato una scuola di periferia della minoranza slovena, dove aveva stretto amicizia con «due soli compagni», decide di riscattarsi e aprire un’attività dedicata all’intrattenimento per bambini, dividendosi fra feste di compleanno e volontariato. Anche se la fascia d’età a cui oggi si rivolge è ampia, offrendosi divertimento e spensieratezza ad anziani nelle case di riposo o ai piccoli ricoverati in ospedale.

Una passione nata all’età di quindici anni, iniziata un po’ per caso. «Un giorno mi sono recato a una festa per aiutare un’amica che non se la sentiva di gestire da sola i bambini. A scuola non avevo compagni di classe, ero solo. Dopo un’infanzia trascorsa senza che nessuno m’invitasse alle feste di compleanno, mi sono voluto riprendere i pezzi dell’infanzia persa». Una sorta di “accettazione sociale”, una via di fuga da quel guscio che si era creato durante infanzia e adolescenza, nonostante educatori e familiari considerassero il suo lavoro con scetticismo, senza crederci davvero.

«Mi dicevano, dove vuoi andare? Io volevo assolutamente dimostrare di valere, così ogni volta che ho un grosso ingaggio e riesco a offrire lavoro a tante persone, per me è un motivo di rivalsa e di grande soddisfazione». La voglia di mettersi alla prova e la tenacia lo hanno infatti premiato, rendendolo uno degli animatori più apprezzati del nostro territorio - dall’Isontino a Trieste - dove a breve prenderà parte anche alle animazioni tradizionali per il carnevale. «Abbiamo tanti eventi in programma da Trieste, a Monfalcone, a Muggia. Se c’è una piazza con i gruppi di carnevale, al novanta percento ci siamo noi», spiega alludendo ai numerosi collaboratori.

Un’attività che lo vede impegnato a regalare sorrisi e giochi alle feste di compleanno, oltre che a donare un po’ di allegria ad anziani e disabili, compresi i bambini ricoverati presso l'ospedale Burlo di Trieste, talvolta per patologie gravi. «Bisogna fargli visita con coraggio e senza esprimere compassione. Non seguo un protocollo, non sono un clown. Anzi, li tratto da adulti esprimendo tutta la mia allegria, perché essenzialmente sono una persona allegra, felice di poter essere coinvolta in queste situazioni, che sia al Burlo oppure a una festa». Passione che Ernesto trasmette con energia ed euforia, ricevendola indietro in cambio da bambini e adulti in uno scambio reciproco.

«L’energia, così come la emani, la ricevi. È un rimbalzo, al di là della professione», sottolinea con forza, raccontando come dentro di sé resti sempre qualcosa degli altri. Come durante il periodo di chiusura dovuto alla pandemia, quando i bambini erano costretti a stare a casa anche durante le occasioni speciali. «A livello professionale s’era azzerato ogni evento. Per rimanere vivo psicologicamente andavo a trovare i bambini in quarantena, vestito da supereroe, salutandoli fuori dalla porta». Un periodo tormentato, durante il quale Ernesto si arrampicava sui tetti delle case vestito da Uomo Ragno, portando quella gioia e serenità di cui oggi più che mai ha bisogno il mondo.

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