la serata
Alice porta le emozioni di Battiato, il pubblico di Gorizia canta con lei

Grande successo per il concerto dell'artista nel ricordo del maestro siciliano, viaggio tra i grandi successi e la hit 'Per Elisa'.
Un successo di pubblico, ieri sera al Teatro Verdi di Gorizia, che ha registrato il sold out per “Eri con me – Alice canta Battiato”, con Carlo Guaìtoli al pianoforte e Chiara Trentin al violoncello. Alice, al secolo Carla Bissi, raggiunse l’apice del successo nel 1981 dopo l’incontro con Battiato, sodalizio che durerà fino alla scomparsa del maestro catanese. Fu un trionfo travolgente “Per Elisa”, “la canzone con la quale io e Franco abbiamo vinto al festival di Sanremo”, ha raccontato sul palco. Proponendola poi, vista la calorosa partecipazione degli spettatori, come fuori programma a conclusione dello spettacolo.
Insieme a questa, anche “Chanson egocentrique” e “L’era del cinghiale bianco”, al quale ha cantato anche il pubblico in coro. A dare il titolo al tour e ad aprire il cerchio magico dei brani, dopo “Da Oriente e Occidente”, è la struggente “Eri con me”, pervasa dallo stesso sentimento di destino e fatalità del fado lusitano: “Ciò che deve accadere accadrà/ Qualunque cosa facciamo per evitarlo”. Con le note malinconiche di apertura “Siamo detriti umani/Trascinati da un fiume in piena”, l’umanità appare incapace di stabilità affettiva, in bilico fra l’esserci e il non esserci. Il “Viviamo nell’impermanenza, nell’incertezza della vita condizionata”, ci colloca di fronte alla nostra fragilità ed evanescenza.
Caducità e oblio a cui contrapporre la forza dell’amore. Ed ecco allora i versi struggenti cantati con voce calda, possente e piena di femminilità, con una scaletta che attraversa “Lode all’inviolato”, “Povera patria”, “La stagione dell’amore”. Distillati poetici che incalzano la sapienza del cantautore, affondando nel cuore umano con delicatezza e determinazione. Per mostrare quel “sentimento popolare” che rappresenta l’amore, che “nasce da meccaniche divine” e si manifesta attraverso la mancanza, il desiderio dell’altro, con il leitmotiv “E ti vengo a cercare/ Anche solo per vederti o parlare/Perché ho bisogno della tua presenza/Per capire meglio la mia essenza”.
Il tutto mentre violoncello e pianoforte dialogano in sintonia con Alice. Grumi di emozioni rapprese di fronte a cui la razionalità viene smarrita e l’anima si abbandona, come nel caso de “L’animale”, dove l’anima è persa nelle sue passioni, incapace di essere pienamente felice, consapevole che “l’animale che mi porto dentro vuole te”. Il pianista Guaìtoli, con note essenziali simili a gocce di pioggia, introduce poi Alice nell’affermazione e interrogazione “Io sono/Io chi sono?”, in un dialogo accorato ed esclusivo fra cantante e pianoforte. Metafora dell’incipit primordiale, che dalla materia celeste di cui è fatto l’universo si tramuta in sangue e tenebra nel ventre materno, con richiami al “Cogito ergo sum” cartesiano.
Purezza da cui scaturisce il fiotto di versi “Il cielo è primordialmente puro ed immutabile”, e il dipanarsi delle riflessioni “sugli stessi errori” della nostra storia, che sempre si ripete. “Franco ci ha donato la domanda chiave che ciascuno di noi si pone nella vita, e quasi a prenderci per mano ci ha donato la risposta”, ha voluto commentare Alice al termine della canzone. Quasi in prosa si tramuta invece l’intenso “Addio”, dove le note ricordano “la fine dell’estate” con i suoi colori ancora accesi, quel cielo in cui magistralmente si libra “un aquilone nell’aria curva”. Equilibrio che d’improvviso viene meno, precipitando la storia nella separazione, nel doloroso addio fra due amanti, lei abbandonata nel periodo più mesto e malinconico, in “quel tempo che lascia andare via. / Gli idrogeni nel mare dell’oblio”.
Non mancano poi le canzoni che accennano alla guerra, come “La prospettiva Nevski”, con richiami alla “Corazzata Potemkin” di Ėjzenštejn, a Stravinsky e al personale tentativo di “trovare l’alba dentro l’imbrunire”. A questa segue “I treni di Tozeur”, citata anche da Nanni Moretti nel film “La messa è finita”. Città della Tunisia al confine con l’Algeria che sorge sulle sponde di un lago salato, qui il forte calore e il fenomeno dell’acqua che evapora generano miraggi. Ed è quasi da un miraggio che pare esalare la sinfonia, ispirata ai villaggi di frontiera e al tema nostalgico del “desiderio di vivere a un’altra velocità”.
Il brano più intenso e spirituale è infine “La cura”, a chiudere il concerto, dove il pianoforte diviene protagonista e Alice canta con lo stesso trasporto di Battiato. Il cantautore scelse di ambientare il video ufficiale a Lisbona, fra le sponde del Tejo, il miradouro di Santa Luzia e quello di São Pedro, perché la città di Pessoa incarna quel sentimento di “saudade” che in buona misura permea anche l’opera del maestro siciliano. Scritta con Manlio Sgalambro e dedicata all’amico e scrittore Gesualdo Bufalino scomparso poco tempo prima, il tema è ancora una volta l’amore, ma nella sua piena accezione, come valore salvifico ed esistenziale.
Con uno sguardo ad Heidegger, per il quale la tematica della “cura” è centrale e l’affettività è il punto di origine e di ritorno di tutta sua filosofia, i versi intersecano la natura carnale del rapporto amoroso – “I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi/ La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi” – con quella spirituale: “Supererò le correnti gravitazionali/ Lo spazio e la luce per non farti invecchiare”. In un comune progetto di vita che colloca amante e amata in una sfera superiore e luminosa. Un poema che travalica “tutte le malattie” e trascende anche la morte.
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