Il saluto
L'editoriale - Un giornalismo per la provincia ma non provincialotto. Buon lavoro, Il Goriziano!
Cambio di direzione per il nostro quotidiano. Da oggi il timone passa a Ivan Bianchi. A Salvatore Ferrara il ruolo in seconda. Il commento.
In un turbinio di pensieri, emozioni e parole, avvolti da ricordi e da idee, da speranze e da infinite domande si apre questa giornata, 7 ottobre 2024 – per gli storici un punto non indifferente nell’età moderna – che segna anche il mio inizio di direzione di questo quotidiano.
Ammetto con franchezza che ho sempre amato il lavoro che si cela dietro le quinte, nella discrezione e lontano dai riflettori: quando, nel 2020, mi sono ritrovato con l’amico e collega Timothy Dissegna in un locale della Bisiacaria per gettare le basi concrete di questo progetto mi sarei aspettato un costante lavoro giornalistico in seconda e, chiaramente, per oneri e onori, la non sempre facile amministrazione.
Cosa si celava nel futuro nessuno lo avrebbe previsto, nemmeno chi, come me, è abituato a guardare ad ampio spettro non solo alla contingenza e al passato ma alle dinamiche che, nel tempo, si prospettano di fronte a sé. Ora la necessità è prendere in corsa il timone di un progetto che non è più relegato a una ristretta cerchia amicale ma si è reso, e lo dico con la consapevolezza di chi ripete costantemente «non sum dignus!», una barca che non vede solamente i tre protagonisti della prima firma di questo giornale, Timothy, io e Fabio Bergamasco, ma varie firme di giornalisti con una professionalità e un forte senso del dovere verso la professione e verso i lettori, e di collaboratori che, con grinta e passione, si sono avvicinati o si avvicinano al mestiere del giornalista, a oggi tanto bistrattato quanto necessario nella sincerità. Ed è questa la principale sfida che vedo di fronte a me, nel guardare avanti.
Come questo Territorio, multilingue, multiculturale – a tratti multietnico anche se questa distinzione risulta spesso più divisiva di quanto la si speri di coesione sociale – con una storia densa e pesante e un futuro da costruire. Affronteremo la Capitale Europea della Cultura a breve, con la necessità, per un giornale che ha guardato fin da subito al Goriziano sloveno con gli stessi occhi con cui ha guardato il Goriziano italiano, di essere schietto nel negativo quanto nel positivo. Così come per il monfalconese dove la delicatezza di un’informazione precisa è quanto mai attuale: cito, per fare solo un esempio, la quantità di ore e di scambi di opinioni e di analisi di documenti che è passata per ogni articolo riguardante il “Caso centri islamici”.
Lo dobbiamo, in primis, a noi stessi e alla professione che abbiamo scelto e, chiaramente, in secundis ai lettori, alle lettrici, dai giovanissimi fino a chi, con un bagaglio di esperienza di vita non da poco, legge e commenta. A volte con sincera voglia di analisi e di confronto, altre volte con meno granu salis. A tutti è dovuto quel lavoro onesto che si propugna nei documenti deontologici e nei grandi convegni ma che si scontra sempre con la cruda realtà del giornalismo locale.
C’è ansia nel credersi non sempre pronti, c’è paura, va ammesso, nel rischiare di non essere al passo o all’altezza, c’è timore nel domandarsi sempre se le fonti sono abbastanza e se il tempo sarà o meno clemente nel concedere la possibilità di fare anche la più insulsa – ma mai inutile – telefonata di verifica. Sono certo, però, in coscienza, che c’è anche un forte desiderio di dare sempre il massimo per fornire un’informazione che sia, sì, di provincia ma non provincialotta, garbata ma mai soffice quanto vi è necessità di un commento deciso.
Mi auguro, come già fatto in questi quattro anni di avventura e che ora vede scendere dalla barca il direttore che l’ha plasmato per primo e cui diamo il più grande «in bocca al lupo» nel ringraziarlo per il suo lavoro, il buon Timothy Dissegna, che il confronto non manchi mai a ogni livello e che la voglia di raccontare fatti, eventi, persone, società e storia del territorio del Goriziano sia la bussola in questi mesi, in questi anni. Mi auguro di poter sempre, e ancora, dire quanto scrisse il poeta russo Sergej Aleksandrovič Esenin, nella sua “Confessioni di un teppista”, magistralmente musicata dal Branduardi: «Io non sono cambiato, il cuore ed i pensieri son gli stessi».
Ad maiora, Il Goriziano. Buon lavoro a colleghi e colleghe e buona lettura a tutti voi.