Ecco come scorre il Vipacco, nuovi studi ne rivelano segreti e percorsi

Ecco come scorre il Vipacco, nuovi studi ne rivelano segreti e percorsi

IL CONVEGNO

Ecco come scorre il Vipacco, nuovi studi ne rivelano segreti e percorsi

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 16 Giu 2025
Copertina per Ecco come scorre il Vipacco, nuovi studi ne rivelano segreti e percorsi

L'iniziativa del circolo Seppenhofer, 'Acque e Grotte senza frontiere' ha dato risalto al tracciamento delle acque e delle perdite del corso d'acqua, principale affluente dell'Isonzo.

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I segreti del Carso continuano ad affascinare speleologi e ricercatori, che negli ultimi anni hanno compiuto passi da gigante anche nel campo della speleosubacquea, nel tentativo di meglio comprendere il percorso compiuto dalle acque sotterranee. Ricerche illustrate negli atti del convegno “Speleo2025: acque e grotte senza frontiere”, svoltosi all’Auditorium della cultura friulana di Gorizia fra la giornata di sabato 14 e quella di domenica 15 giugno con un programma costellato da censimenti e scoperte.

A illustrare gli studi relativi al fiume Vipacco è stato il docente di idrogeologia Luca Zini del dipartimento di matematica, informatica e geoscienze dell’università di Trieste, che ha mostrato i dati relativi al tracciamento nel flusso acquifero sotterraneo. Un progetto al quale hanno collaborato anche Rino Semeraro, Alice Busetti, Franco Bressan, Chiara Calligaris, , Maurizio Comar, Loretta Crestani, Sergio Dambrosi, Fabio Gemiti, Lorenzo Marini, Tullio Quaia, Marco Restaino e Matteo Cavanna. «Mi sono avvicinato a quest’attività nel 2012 insieme al mio caro amico del gruppo speleologico monfalconese Amici del Fante, Maurizio Tentor», racconta l’esploratore speleologo subacqueo Cavanna del gruppo Le talpe del Carso. Un’attività di volontariato «complessa», in cui «non sono ammessi errori» ed è essenziale coordinarsi. «Due primi tracciamenti vennero eseguiti nel 2018 – riporta - il terzo a Doberdò nel 2019, il quarto nel 2020, il quinto sul Vipacco nel 2024 grazie all’inestimabile lavoro di Dario Grillo e Visintin Ranieri. Una collaborazione straordinaria che valorizza il territorio e le persone che ci vivono, senza le quali non avremmo ottenuto alcun risultato».

«Lo scorso autunno abbiamo provato a ripetere il vecchio esperimento fatto a inizio Novecento da Timeus – spiega Zini – che dimostrava un collegamento diretto fra le acque del fiume Vipacco e quelle di Doberdò e dell’apparato sorgentifero». Era il 1908 quando il chimico e bromatologo triestino Guido Timeus sperimentò un nuovo metodo d’indagine sulle acque sotterranee basato sul tracciamento di componenti radioattivi. Dal massiccio impiego di uranite, che immerse nei canali irrigatori di Ronchi e nel vallone delle Moschenizze, passò al litio e allo stronzio per accertare le perdite del Vipacco a Vertoce. Verificò così la comparsa dei marcatori nei tre laghi del Carso monfalconese e alle foci del Timavo. «Non era perfettamente chiara la sperimentazione da lui effettuata – precisa l’idrogeologo – in quanto si sapeva che ci fossero collegamenti con l’Isonzo, ma non con il Vipacco. Così, insieme ai gruppi speleologici della zona goriziana, come la Lindner, le Talpe del Carso, Seppenhofer, oltre che ad altri come l’Adriatica, abbiamo organizzato questo tracciamento delle acque all’interno di un progetto Interreg più ampio relativo al Geoparco del Carso, il Kras-Carso».

Un percorso di approfondimento che possa calamitare l’interesse del turismo naturalistico a carattere transfrontaliero o internazionale, e al contempo rappresentare un punto di rilievo per il monitoraggio ambientale, quest’anno complicato da forti piogge. «Il tracciamento è purtroppo avvenuto in condizioni molto complesse – prosegue – perché subito dopo aver tracciato le acque nella zona del Vipacco, in un inghiottitoio sottoterra nella sponda sinistra, è arrivata una grossa precipitazione e tutto il sistema è andato in piena. Ciò ha comportato alcune difficoltà nell’analisi dei dati». Secondo gli accertamenti, probabilmente replicati in estate, pare che il Vipacco raggiunga la sorgente Sardos poco distante dal Timavo, dalla quale le acque vengono captate per essere destinate a Trieste.

«Sembra che le acque siano arrivate nella zona delle sorgenti – specifica - in particolare nei presso del lago di Sablici, dov’è il casello dell’autostrada del Lisert». Mentre è stato difficile effettuare il rilievo nel Timavo a causa dell’elevata torbidità e della portata aumentata. «Se il tracciante è arrivato era in concentrazioni molto basse – chiarisce - difficilmente determinabili». A essere impiegato è stato lo stesso tracciante usato da Timeus e ancora sfruttato in idrogeologia: la fluoresceina, dal colore giallastro in quantità elevate. Che è stata misurata in concentrazioni dell’ordine del microgrammo per litro attraverso lo spettrofluorimetro e una serie di fluorimetri dislocati sul campo. «Tutta la parte del Carso sloveno – chiosa - è alimentata dai pozzi che sono sul confine di Jamiano. Essendoci nelle vicinanze i pozzi di Klariči abbiamo coinvolto anche il servizio geologico sloveno e il Kraški Vodovod, che a sua volta ha monitorato la captazione col fuorimetro. Lì non è arrivato il tracciante, in quelle condizioni idrogeologiche. Ma non è detto che in magra non ci sia. Perché il movimento delle acque sotterranee in magra o in piena cambia notevolmente». Un lavoro di ampio respiro, supportato dal laboratorio per gli studi sui traccianti degli speleologi e dalla collaborazione attiva della cittadinanza.

«È stato affascinante – aggiunge - anche per questa unione tra ambito scientifico, speleologico e di citizen science. Il tutto dovrebbe proseguire con un ulteriore tracciamento in condizioni di magra, probabilmente quest’estate». La controprova servirà a monitorare le sorgenti del Timavo in magra, oltre che confermare come l’acqua del Vipacco raggiunga la sorgente Sardos. Perché mentre per Gorizia si attinge da Farra e dal campo pozzi della Mocchetta in pianura, la Sardos è una delle fonti captate per l’acquedotto di Trieste. Scoperta che porterebbe a rilevare inquinanti accidentalmente sversati, evitando che possano raggiungere l’acquedotto o bloccandone le forniture. «Ogni acquedotto – ribadisce - ha strutture di monitoraggio che consentono di fornire acqua di qualità certificata. E tuttavia queste conoscenze ci consentono anche di preservare la risorsa e monitorarla. Siamo fortunati, in quanto come regione abbiamo ancora acqua, ma soprattutto abbiamo strutture che lavorano in sinergia», conclude.

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