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Le donne ucraine nei Gulag e la lotta per resistere, Kis' chiude èStoria

La storica e antropologa ucraina Oksana Kis’ ospite ieri sera a Gorizia: gli ucraini erano circa il 20% di tutta la popolazione dei Gulag.
Il diciannovesimo Festival èStoria di Gorizia si è chiuso domenica sera con un incontro riguardante un tema molto attuale. Protagonista della serata in Tenda Erodoto Oksana Kis’, una storica e antropologa ucraina che si occupa di storia delle donne, antropologia femminista, storia orale e trasformazioni di genere nei paesi post-socialisti, e che inoltre è anche ricercatrice senior presso l’Accademia nazionale delle scienze dell’Ucraina e presidente dell’Associazione ucraina per la ricerca sulla storia delle donne.
A dialogare con l’ospite in videocollagamento, c'era Andrea Gullotta, presidente di Memorial Italia, associazione italiana che fa parte del network della ong russa Memorial (Premio Nobel per la pace 2022). Ad introdurre gli ospiti Tommaso Piffer, professore associato di Storia contemporanea all’Università di Udine. Kis’ ha prodotto il primo studio sulla vita quotidiana delle prigioniere politiche ucraine nei campi sovietici, intitolato "Sopravvivere nel Gulag. La resistenza quotidiana delle prigioniere ucraine".
Come ha spiegato Gullotta, la decisione di pubblicare la traduzione in italiano di questo volume è avvenuta molto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, ma ora, ad un anno dall’inizio della guerra, è ancora più importante per comprendere le strategie di sopravvivenza, adattamento e resistenza alla vita all’interno del Gulag, ma anche per capire la storia dell’Ucraina all’interno dell’Unione Sovietica. Il libro ha tre particolarità: propone il punto di vista delle donne, si incentra sulle donne ucraine e attinge soprattutto alle fonti orali.
Kis’ ha spiegato che quando ha iniziato la sua ricerca era interessata alla sorte delle persone, non all’istituzione dei Gulag, dei quali tanto è già stato scritto. Di grande rilevanza sono stati per lei l’aspetto nazionale - “anche per il semplice fatto che gli ucraini rappresentavano circa il 20% di tutta la popolazione dei Gulag” - e la solidarietà tra le donne all’interno dei campi. Gli studi che sono stati condotti finora sui Gulag erano basati soprattutto sulle memorie di lingua russa.
L’autrice aveva già studiato il ruolo delle donne all’interno del Holodomor del 1932/1933 e la loro partecipazione all’Esercito Insurrezionale Ucraino di Stepan Bandera (controversa organizzazione paramilitare accusata di collaborazionismo coi nazisti e di massacri ai danni di polacchi ed ebrei nella Galizia orientale e nella Volinia). Furono decine di migliaia le donne ucraine arrestate e condannate al Gulag negli anni Quaranta e Cinquanta. Il volume descrive la resistenza delle donne nei campi, nei quali si facevano forza non solo attraverso la conservazione dei costumi e delle tradizioni, ma anche superando spesso le differenze regionali e confessionali.
Kis’ infatti sostiene che per sopravvivere ai Gulag, le donne ucraine prigioniere hanno utilizzato pratiche culturali, tradizionali e di genere per creare comunità solidali. Tali comunità hanno aiutato le donne a preservare la dignità e l'autostima di fronte a varie minacce, come la malnutrizione, la mancanza di privacy, gli abusi fisici e sessuali, le uniformi logore, le comunicazioni limitate con la propria casa, che potevano annientare la loro identità. Il libro si basa sull'analisi di 150 memorie e autobiografie scritte da donne, in gran parte dell'Ucraina centrale e occidentale, imprigionate tra il 1939 e il 1956.
Il punto centrale del lavoro è che le donne non sono soggetti della storia, determinati unilateralmente dalle forze sociali, soprattutto quelle presenti nelle società totalitarie. Kis’ infatti sostiene che "il concetto centrale del mio studio è l'idea dell'agency femminile, che vede le donne come soggetti proattivi ed efficaci in questo processo storico, e partecipanti veri e propri alla Storia, la cui esperienza ha un aspetto di genere".
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