IL PERSONAGGIO
Dentro l’archivio don Renzo Boscarol a Ronchi: pagine di vita e fede per un giornalismo «al servizio dei lettori»

Dopo l’inaugurazione lo scorso venerdì, un approfondimento sull’eredità culturale e spirituale del parroco-giornalista con due noti volti di questo giornale, Ivan Bianchi e Salvatore Ferrara.
Dopo l’inaugurazione dello scorso venerdì 7 marzo, è definitivamente allestito all’ultimo piano della casa canonica di San Lorenzo a Ronchi dei Legionari l’archivio dedicato alla vita e all’attività di don Renzo Boscarol. Scomparso nel 2021 a 77 anni, fu parroco per molti anni di San Lorenzo e Santo Stefano, storico assistente diocesano dell’Azione Cattolica di Gorizia, insegnante e giornalista dallo sguardo acuto e curioso: questo, in poche battute, il ritratto di una figura che si è profondamente radicata nella memoria della comunità locale, il cui approccio al giornalismo riecheggia e fa scuola ancora oggi nel goriziano.
Visitabile previa prenotazione, l’archivio comincia con dei pannelli di ricostruzione tematica del suo vissuto, rievocato attraverso parti del suo testamento spirituale e citazioni da Voce Isontina nate dalla sua penna. Fra i dieci faldoni e cento fascicoli di materiale si possono trovare, oltre ad agende ed enciclopedie, anche i documenti legati alla sua attività nell’Azione Cattolica e gli svariati ritagli di giornale che conservava per riflettere e interpretare la società dell’epoca. Oltre all’archivio a cassettoni, poi, il tavolo di lavoro di don Renzo sul quale, accanto alla macchina da scrivere che soleva usare, sono posti alcuni materiali donati dalla sorella: foto, copie di giornali, la targa per i 50 anni della sua tessera di giornalista e l’ultima pubblicazione a cui lavorò prima del decesso. Tutt’attorno, appesi sulle pareti della stanza, diversi riconoscimenti, immagini significative e locandine di attività da lui organizzate in parrocchia.
I materiali ora visibili a San Lorenzo non sono che una parte del più ampio archivio completo di don Boscarol, difficile da recuperare nella sua interezza: dopo aver ottenuto la cifra necessaria a un primo riordino tramite la vittoria di un bando ministeriale, l’Azione Cattolica goriziana è riuscita a concretizzare il primo passo in questa direzione. Un’eredità, quella di don Renzo, che il direttore e il vicedirettore del nostro giornale conoscono a fondo e ci tengono a illustrare. «Come guida spirituale è sempre stato molto attento e ha saputo declinare, aiutato dalla sua esperienza giornalistica, fede ed azione pastorale all’interno del vissuto della società a lui contemporanea - racconta ad esempio Salvatore Ferrara – don Renzo esprimeva una chiesa non avulsa dal tempo ma che camminava all’interno di esso: assieme ad altri confratelli fu uno dei “motori” di questa visione legata ai sentimenti post-Concilio Vaticano II».
«Possiamo definire don Renzo come un “tessitore di relazioni” – ci tiene a precisare il direttore Ivan Bianchi – il suo rapporto con i fedeli della parrocchia e della comunità fu molto umano e diretto, fondato sul coinvolgere e sul riunire le persone per farle conoscere tra di loro. Di lui non possiamo che ricordare il metodo basato sull’importanza del lavorare assieme». La proposta di un archivio a quattro anni dalla sua morte, aggiunge il direttore de Il Goriziano, intende proprio essere una continuazione attiva di questa sua attitudine e di «quell’analisi del passato che don Renzo faceva costantemente per sviluppare una sorprendente visione globale del futuro che ci siamo sempre sforzati di prendere come esempio».
Fondamentale fu proprio lo “zampino” di don Boscarol nel far incontrare per la prima volta gli attuali direttore e vicedirettore di questa testata, ispirando in entrambi una visione ben definita della professione. «La sua visione globale ha fatto maturare in noi un pensiero critico a trecentosessanta gradi – rievoca con ammirazione Ferrara, che prima di concludere gli studi universitari si rivolse a lui dopo aver iniziato a collaborare con alcuni giornali locali - non gli mancò mai quella curiosità che si traduceva in urgenza di capire il mondo e di migliorare». Profondo fu anche il legame del parroco con il territorio, le sue genti e con il mondo del lavoro, a cui per vissuto familiare fu sempre vicino: ciò gli permise di essere «uno dei pochi che alzava la voce con Fincantieri con cognizione di causa sulle questioni dei diritti dei lavoratori».
«Penso che Renzo Boscarol ci abbia dato un’impronta giornalistica molto seria – prosegue sempre il vicedirettore de Il Goriziano – come spesso ricorda Ivan, noi facciamo un giornalismo “vecchia scuola” ma con i nuovi strumenti: un approccio più lento e diluito nel tempo per approfondire e capire bene che cosa sta al di sotto delle cose». «Durante le nostre giornate siamo sommersi da contenuti – concludono Bianchi e Ferrara con un botta e risposta in piena sintonia - ma cerchiamo entrambi di non dimenticare mai l’obiettivo e la responsabilità costante di dire la verità e di creare un’opinione pubblica all’interno della società».
Fare il giornalista ieri non era facile, farlo oggi men che meno: le parole stesse di don Renzo, la sua descrizione di che cosa sia «fare giornalismo in questa terra matta», precisano che l’esercizio di tale responsabilità di giudizio rappresenta una scelta da vivere fino in fondo, la quale può anche mettere di fronte a «orizzonti impervi di solitudine». Don Renzo Boscarol lo sperimentò in prima persona, ma questo non lo portò mai a tornare sui suoi passi «per leggiadria, interesse o amore del compromesso». A ricordarcelo è una delle sue frasi più significative, posta in rilievo in uno dei due pannelli che accolgono il visitatore alla soglia del nuovo archivio: «Il servizio giornalistico, almeno così come mi è stato insegnato ad esercitarlo, ha un unico padrone e referente: i lettori».
Foto in galleria di Fabio Bergamasco
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