IL PODCAST
David Bandelj e le memorie di confine: quando storia e identità non coincidono

A “Voci dal confine”, il poeta e insegnante sloveno riflette sul difficile equilibrio tra memoria personale e verità storica, tra ferite del passato e un futuro condiviso.
Oggi, giovedì 7 agosto, Marilisa Bombi, al microfono del podcast Voci dal confine, ha incontrato una figura che conosce a fondo le pieghe più sottili di questo territorio.
David Bandelj è insegnante, poeta, musicista. È un uomo di cultura sloveno che ha scelto di restare, di vivere e lavorare in questa terra di frontiera, cercando parole giuste là dove spesso mancano.
Con la sua scrittura attraversa i temi dell’identità, della memoria, della lingua madre. Con la sua musica e il suo impegno educativo costruisce ogni giorno, in silenzio, quei ponti che la politica fatica a mantenere.
Nel primo episodio della trilogia “Memorie di confine”, pubblicato oggi, l’attenzione si concentra sul difficile rapporto tra storia e memoria, a partire dalla recente risoluzione approvata l’8 luglio dal Parlamento europeo dedicata alla memoria delle vittime del dopoguerra comunista in Slovenia. Un documento passato quasi inosservato nella stampa italiana e locale, ma che tocca da vicino anche la nostra regione.
«Ci deve essere un momento in cui storia e memoria sceglieranno strade differenti», afferma Bandelj nel corso della conversazione. La storia, secondo lui, è materia scientifica e collettiva, mentre la memoria resta qualcosa di personale, talvolta irrisolta. Un esempio? «Se un mio antenato è stato fascista, non devo rendere memoria alla sua scelta, ma storicamente dovrei distanziarmi da essa. Se invece è morto in un’azione antifascista, gli devo la memoria che gli spetta dal punto di vista umano, non istituzionale».
Tra i temi affrontati ci sono anche il mancato confronto sul passato fascista in Italia, la delicatezza con cui si dovrebbe trattare la questione del comunismo nel dopoguerra sloveno, e il rischio di usare la storia come strumento di battaglia politica. Bandelj richiama l’esperienza della commissione storico-culturale mista italo-slovena, attiva tra il 1993 e il 2000, i cui risultati sono oggi spesso ignorati: «Forse perché sono politicamente diversi da ciò che gli amministratori dello Stato vorrebbero».
L’intervista si chiude con una riflessione sulla necessità di riconoscere le ferite di tutte le comunità, e sul bisogno urgente di restituire alla storia il suo ruolo: non per dividere, ma per comprendere.
«Se si facesse meno propaganda, ci si atterrebbe alla storia. E arriveremo anche alla cura della memoria».
Il podcast è fruibile tramite Spotify cliccando qui e su YouTube qui.
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