Fino al 2 novembre
Dalla ‘Stanza di Zurigo’ a ‘Noi non siamo gli ultimi’, la mostra di Mušič chiude il 2 novembre. Anzil: «Grande soddisfazione»
Oltre dodicimila i visitatori che hanno potuto ammirare la Stanza, assemblata in quindici giorni. Attesi ulteriori visitatori durante il ponte di Ognissanti.
La liquidità di Venezia traspare dagli acquerelli come un miraggio. I primi cavallini galleggiano leggeri, ma in risposta al trauma di Dachau diverranno scarni e ridotti all’essenziale. Sta per chiudersi in grande stile l’imponente mostra “Zoran Mušič. La Stanza di Zurigo, le opere, l’atelier”, inauguratasi il 25 maggio al Palazzo Attems Petzenstein e prorogata al 2 novembre. Oltre 12mila i visitatori che hanno potuto gustare le opere e la celebre Stanza di Zurigo, numeri destinati a crescere per il ponte di Ognissanti. «Un buon risultato – rimarca la direttrice Erpac Lydia Alessio-Vernì – nonostante l’artista, pur essendo di altissimo livello, non rientri fra i nomi più noti del panorama artistico attuale».
Nato a inizio Novecento in un territorio ancora appartenente all’Impero austroungarico - la piccola Bukovica oggi slovena - Mušič matura un animo mitteleuropeo fra atelier parigini, città dalmate e spagnole, innamorandosi poi di Venezia dove vivrà fino alla morte nello scenografico Palazzo Balbi Valier. «Da parte della Regione – dichiara il vicepresidente e assessore alla Cultura Mario Anzil – manifestiamo decisa soddisfazione per questa mostra, che rappresenta un esempio positivo di come un evento artistico possa essere “senza confini”: non solo geografici, ma anche e soprattutto culturali e storici, incarnando pienamente il significato di Go!2025». L’auspicio del vicepresidente è che l’esposizione possa «fungere da modello per ulteriori progetti che mettano in rete i nostri territori, la nostra storia, la nostra identità culturale di frontiera». E se il Carso per l’artista racchiude quel «dualismo» che serbava in seno, sarà la fertilità di Venezia a farlo attecchire, coniugando Oriente e Occidente in un unico respiro come accade per il capoluogo isontino e la gemella Nova Gorica.
«Quest’anno la nostra città, essendo Capitale europea della Cultura insieme a Nova Gorica, è anche capitale di mostre di altissimo livello che riscuotono alto gradimento – interviene l’assessore alla Cultura Fabrizio Oreti - basti pensare a quella appena conclusa sul Tesoro del Duomo, alla mostra fotografica su Basaglia o a quella su Ungaretti, insieme a tutte quelle intraprese da Erpac. Offerta legata a qualità e consistenza numerica che al contempo porta prezioso indotto economico alla città. Un trend che non finirà con Go!2025, ma si spingerà avanti nel tempo e negli anni». Ed eccola in tutto il suo splendore la celebre Stanza di Zurigo, che originariamente decorava la taverna di una villa svizzera, commissionata dalle sorelle Charlotte e Nelly Dornacher. Una rappresentazione integrale dell’arte che spazia dalle pitture su intonaco alla decorazione su tende e tovaglie, dove i temi ricorrenti della laguna veneta e degli animali si moltiplicano in tenui colori pastello. A essere raffigurati saranno i ritratti delle due sorelle, ma anche dello stesso autore, unitamente a quello della musa e moglie Ida Barbarigo Cadorin.
Una Stanza che sembrava destinata all’abbandono fino al provvidenziale recupero da parte del cognato Paolo Cadorin, allora a capo del dipartimento di restauro del Kunstmuseum di Basilea. «Portare la Stanza da noi – ammette Alessio-Vernì – è stato entusiasmante: da parte del nostro servizio ricerca musei e archivi storici c’è stata una grande emozione nel vederla arrivare». Un manufatto senza eguali che secondo la direttrice Erpac racchiude i valori di «un’opera d’arte globale» calcata ad hoc nell’anno della Capitale europea transfrontaliera, il cui trasferimento ha richiesto un’operazione complessa e delicata di assemblaggio. «La Stanza viaggia in tredici grandi casse – spiega – trasportate da un “bilico”. La sua ricostituzione richiede quindici giorni e lo smontaggio lo stesso tempo. Resta viva nel ricordo di chi vi ha partecipato l’emozione per l’arrivo di un così imponente e importante carico di arte e di storia». Non meno profondi i ritratti su piatti di ceramica o i ricami in filato di lana, ma l’opera che scuote le coscienze e crea un parallelismo con il cul de sac delle guerre attuali è senza dubbio lo straordinario ciclo pittorico “Noi non siamo gli ultimi”, dove i corpi ammassati nel campo di concentramento assurgono a dramma universale. A questi s’intersecano i “Motivi vegetali” di tronchi scarnificati che richiamano i disegni di Dachau, dove ciò che resta dell’umanità non è meno umano nel suo aspetto più misero qual è il disfacimento della morte.
Opere per lo più provenienti da collezioni private, riunite in una raccolta unica in cui ammirare oltre cento creazioni suddivise per decenni. «La mostra affronta tutte le stagioni della pittura di Mušič - sottolinea Alessio-Vernì - con la presenza di alcuni inediti come gli interni di abitazioni del Goriziano e dei rarissimi disegni del 1945 raffiguranti i morti del campo di concentramento di Dachau. In questo difficile momento storico e in seno alla cornice di GO! 2025, abbiamo ritenuto fondamentale fornire a studenti e visitatori uno spunto per riflettere sulla brutalità della guerra, della violenza e soprattutto sull’importanza della pace». In tal senso si orienta l’impegno della Regione, volto a diffondere la conoscenza di artisti del territorio come già accaduto a Milano lo scorso febbraio alla presenza dell’assessorato. «Anche per questo – conclude – parte della nostra attività è dedicata alla didattica in tutte le sedi espositive, seguita di pari passo da intensa attività comunicativa e promozionale». La mostra è visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 19 al costo di 6 euro per gli adulti e 3 euro per le riduzioni, oltre che al costo simbolico di 1 euro per i gruppi scolastici. Ingresso gratuito per minorenni, disabili, giornalisti, insegnanti, possessori di Fvg Card, membri Icom e guide turistiche. (Foto: Rossana D'Ambrosio).
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