La cucina goriziana di ieri e di oggi nei documentari di èStoria. Il viaggio tra tradizione e modernità

La cucina goriziana di ieri e di oggi nei documentari di èStoria. Il viaggio tra tradizione e modernità

Il racconto

La cucina goriziana di ieri e di oggi nei documentari di èStoria. Il viaggio tra tradizione e modernità

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 20 Set 2025
Copertina per La cucina goriziana di ieri e di oggi nei documentari di èStoria. Il viaggio tra tradizione e modernità

Proiezione pubblica delle due produzioni dell'associazione culturale. Roberto Zottar e Federico Gavagna discutono sul futuro della cucina locale, «fondamentale la freschezza dei prodotti».

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Nel 1726 Carlo Goldoni, allora diciannovenne, passa sei mesi a Gorizia e, all’interno delle proprie memoria, racconta della cucina tipica locale. Una cucina che nei secoli ha saputo modificarsi, adattarsi, assorbire influenze dalla storia, dalla politica e dagli eventi più disparati per giungere a quella che oggi chiamiamo “tradizionale”. Pur sapendo che, come ripete sempre l’ingegner Roberto Zottar, sapiente esperto della tematica culinaria locale, «la tradizione non esiste», in quanto si modifica e si lascia influenzare costantemente. D’altronde, è proprio ciò che non è più ma che era che fa della tradizione qualcosa di funzionale alla contingenza.

Con queste premesse, ma con uno sguardo ben fisso sul contemporaneo, sono stati proiettati i due documentari realizzati dall’associazione culturale èStoria e prodotte da Videoest srl: si tratta di “Cucina Goriziana” e “Cucina Goriziana. Ieri e oggi”, inseriti nel progetto “Mille anni di storia al centro dell’Europa: Borgo Castello crocevia di popoli e di culture”. In entrambi preponderante è il lato tecnico-storico, con la presenza dello stesso Zottar e di Carlo del Torre, dell’Accademia Italiana di Cucina, oltre che di due ristoratrici in attività, Michela Fabbro del Rosenbar e di Chiara Canzoneri, chef impegnata tra la Chincaglieria e l’attività di Catering.

A dialogare nella seconda sala del Kinemax di Gorizia, incalzati dal giornalista enogastronomico Stefano Cosma, Zottar e lo chef Alessandro Gavagna della Trattoria al Cacciatore de La Subida. Tra cucina di ieri e cucina del domani, Gavagna ha voluto ribadire come «il gioco odierno è tagliare i grassi dalla cucina tradizionale. La cucina mitteleuropea, in ogni caso – così lo Chef nella stessa sera – abbonda di grassi dolci». Ovvero di burro. «Nelle nostre tavole casalinghe chi cucina ancora sa che la carna spesso viene cotta con il burro». Una conferma arriva anche dal passato con il noto diario di Santonino, cancelliere del Patriarca di Aquileia che aveva raccolto numerose ricette nei propri spostamenti all’interno del Patriarcato.

A modificarsi, però, sono state anche le abitudini culinarie. «A Gorizia, fino a qualche decennio fa – ha sottolineato Roberto Zottar – c’era la tradizione di fermarsi in piazza per il Rebechin di metà mattina, che abitualmente era metà goulash e metà trippa con una divisione in polenta o patate lesse». Se il piatto non sembra leggero, basti pensare che il “gulas” tipico di Gorizia era realizzato con le guance e ben bagnato dall’accompagnamento di vino rosso.

Una cucina tradizionale che seguiva, però, anche le primizie della terra. «La grande sfida per proporre qualcosa di tipico è la freschezza dei prodotti», ha ribadito Gavagna. Come la Rosa di Gorizia, che ha il proprio periodo di fioritura. Un prodotto che è arrivato in zona dai Paesi Bassi e viene coltivata con la tecnica della forzatura. «È una cicoria dolce che secondo me va mangiata cruda per assaporarne la dolcezza – così Zottar – mentre cucinandola si favorisce il recessore amaro».

Tra i piatti toccati prima della proiezione anche gli ‘Gnocchi di susine’, ormai tra le bandiere della cucina goriziana, un tempo usati per accompagnare cacciagione e oggi divenuti anche un dolce, pur mantenendo i connotati da primo piatto. «Pensiamo a quanta produzione di frutta vi era nel Collio: a fine Ottocento a Gorizia c’erano quattro fabbriche di canditura per poter conservare e far fronte alla produzione, che non era solo di susine», ha ribadito Zottar. Anche albicocche e pesche, con varietà proprie locali, che spesso finivano a tavola.

Inutile raccontare l’acquolina dei presenti, che hanno preso parte alla proiezione in orario serale, al termine della visione di piatti, dolci e salati. Dal pubblico Michela Fabbro ha voluto ribadire, quasi a chiosa della serata, il proprio orgoglio nell’essere «ristoratrice e goriziana». 

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