Essere e poter essere. A proposito di un libro di Gianpolo Chendi

Essere e poter essere. A proposito di un libro di Gianpolo Chendi

Il commento

Essere e poter essere. A proposito di un libro di Gianpolo Chendi

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 13 Apr 2021
Copertina per Essere e poter essere. A proposito di un libro di Gianpolo Chendi

Ferruccio Tassin racconta una pubblicazione sulla Localbahn Cervignano-Aquileia-Belvedere che, «come filo di una collana, con ventisette perle vere e brillanti!».

Condividi
Tempo di lettura

“C’è troppo…”.

È già molto, se te lo pronunciano con quelli che - graficamente - sarebbero sognanti o rassegnati puntini di sospensione; ma i più te lo schiaffano con sicuro e definitivo punto, o con clamante punto esclamativo.

Ci si riferisce all’opinione che molti hanno sulla conservazione dei beni culturali o ambientali, siano la villona di conti del ’700 o l’umile stagno pullulante di biodiversità.

Forse, anche questo bell’esempio di impegno sociale che ci offre Gianpaolo Chendi, con il suo parlare idealista - pieno di futuro - rischia di rimpolpare la truppa di risposte ovvie, date senza neanche piccolo segno di sano “egoismo”.

“Egoismo”: il tenerci a territorio, storia, a vera patria (terra dei padri) è proprio voler bene a sé stessi… e agli altri.

A sé stessi: se non si guarda alla tradizione, non si “tradit” proprio nulla, si “zoncia”, si schianta l’aggancio al passato che guarda al domani, e sparge cultura a tutti.

Credendosi ciò che termine orribile definisce “progressisti”, si rischia di essere solo rassegnati, che si fanno governare dal tempo o, nel caso più intelligente, da sordido profitto.

Tenute fuori le pochissime grandi realtà storico artistiche (Aquileia, Grado…), gran parte del poco che rimane nella Bassa, se ne sta andando.

Non parliamo, a cominciare da nord, della dogana teresiana di Nogaredo, della villa settecentesca di San Vito al Torre, o la Attems e l’altra baronale ancora non caduta ad Aiello, ma, sempre ad Aiello la chiesa di San Domenico, settecentesca, in apnea, tenuta volonterosamente in vita, ma con futuro segnato; della Villa Antonini di Cavenzano crollata, alla pari Antonini a Saciletto; alla Commenda di S. Nicolò di Levata, dal tetto giù… Guardiamo anche al tessuto connettivo di case, semplici, antiche, dal destino segnato, qua e là, che, se mancassero, farebbero lo stesso affetto in un cristiano, di una chiostra di denti bellissima, con qualche vuoto…

Che fare? Si può pensare al nostro futuro, con la celebrata enogastronomia, che fa mito di crodeghin e refosco (di sicura qualità), ma se manca il resto - non si illudano quelli delle pasciutaggini oroaddominali - se manca il resto, futuro non c’è! Refosco e crodeghin si troveranno nei supermercati di Honolulu e Ottawa, e per accompagnarli al refosco, anche là reperibile, non faranno certo dispendiosi viaggi.

Nostro unicum è la cultura; mandibola, palato, gusti di… vien dopo, pur col dovuto, meritato, rispetto.

Altro “che con la cultura non si mangia”: quelli che sostengono tale peno tesi, intendono solo, quella che, in friulano sano e semplice, potremmo chiamare “Cultura dal bugel”!

Si sbandiera la nostra essenza mitteleuropea? Proprio là presto si dirigeranno le correnti turistiche, dato che stanno restaurando tutto.

Si possono migliorare le situazioni di aree verdi (a ettometri quadri) lasciate alla natura incolta; perfino i cigli delle strade, spesso sciaguratamente rinaturalizzati, si posssono rimediare, e ancora gli apparati tecnologici buttati a “lì che la va ben” (si guardi l’antica area della chiesa di S.Agnese a Joannis, almeno con un paio di esempi), si possono migliorare, ma se cade quello che vale, rimedio non c’è.

Esempi di rinascita non mancano: la salvata villa Steffaneo Roncato di Crauglio dopo un incendio; lo splendido intervento di riuso d’una magnifica casa padronale diventata municipio di Romans; la centa di Joannis, ma è poco, molto poco!

Dopo uno splendido riepilogo su origini, vita, morte e vicende post mortem della ferrovia, Chendi, qui, ci sta parlando di due strutture (una andata del tutto, l’altra sui tre quarti) che sono le stazioni della fu ferrovia Cervignano- Aquileia-Belvedere, una a Belvedere e l’altra a Terzo, e prende lo spunto proprio da questa, per ragionamenti assai più profondi, perché nati da studio, interesse, capacità operativa e tanto affetto. Non per nulla era uno di quelli del gruppo di Renato Jacumin (per trovare un intellettuale come lui, bisogna andare a S. Paolino di Aquileia!) Degustando (termine in voga…) l’andare del libro, anch’esso metafora di ferrovia, con la locomotiva del ragionamento centrale e tanti vagoni carichi di scrigni d’interesse, si nota che Gianpaolo Chendi elabora un ragionamento più sofisticato e globale.

Fa intravedere l’errore fondante di non aver riusato la ferrovia, che portava ospiti di alto bordo ai tempi dell’Austria, quando i giornali annunciavano che, dal Centroeuropa (il prefisso Mittel è divenuto di moda, senza che la mentalità sottesa al Mittel potesse crescere e rinnovarsi…), arrivavano la tal contessa o il tale arciduca, per andare a una Grado tirata su in ogni modo da politici di rango come gli onorevoli Faidutti e Bugatto (quanto riconosciuti?) che dell’Impero, a Grado, ci portarono financo il Primo Ministro. Sì, la ciclovia… E lungo la ciclovia ci metteremo le gigantografie con le foto di case padronali che non ci sono più; di parchi scomparsi con le ville; di “architettura minore” con restauri di impressionante banalità?

Una non più ferrovia - questa - ma non ancora morta del tutto: Chendi l’adopera intelligentemente per salvare (o poter salvare) ancora ciò che vale, e fare un viaggio a ritroso nel tempo, con relazioni di scavo, carte del tempo, ritrovamenti… Vien fuori uno spaccato di storia della archeologia aquileiese ai tempi dell’Austria, già attenta e con le prime leggi di tutela risalenti al ’700 del canonico Giandomenico Bertoli, pioniere di scavi e descrizioni con le sue “Antichità aquileiesi”.

Emergono i nomi di studiosi come Majonica; vi giganteggia un Brusin, ma ci sono - e con nome e cognome - benemeriti capicantiere e disegnatori e la menzione degli sterratori.

Venendo più in qua, si racconta di un dannato uso di ferrovia per motivi di guerra e di un toccante viaggio (non senza polemiche, prima tentativi di rifiuto, poi di appropriazione, da parte di un regime), quello del Milite Ignoto, che prima fermata fece proprio nella libertystazione di Terzo (libro di Aleardo Buiatti), ancora elegante coi ferri battuti alle finestre, ma squarciata dal disinteresse e di un postumo e rabbrividente “menefrego!”.

Il lettore potrà essere ammirato di come, da un centro di interesse, si possano sviluppare tanti ragionamenti logici, concatenati, volti sì alla protesta, ma aperti alla proposta. Anche se la ferrovia non c’è più (e, almeno in questo, ci ha risparmiato la scimmiottatura del primo viaggio del Milite Ignoto, ripetuta con militi ben noti), il tracciato che rimane poggia su solide basi; può raccontare ancora, partendo da ciò che Gianpaolo Chendi ci ha offerto: la Localbahn Cervignano-Aquileia-Belvedere, come filo di una collana, con ventisette perle vere e brillanti!

Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) +39 328 663 0311.

Articoli correlati
...
Occhiello

Notizia 1 sezione

...
Occhiello

Notizia 2 sezione

...
Occhiello

Notizia 3 sezione

×