IL RACCONTO
Cronache di Contea - Gorizia 2025: ricordo di un insegnante delle magistrali

Un sentito omaggio alla figura del professor Guido La Pasquala: «Le ore volavano quando ci parlava di arte, con leggerezza e spirito mai banali». A lui è dedicata la nuova mostra a Palazzo Tonello a Trieste.
Nel pomeriggio di sabato 18 gennaio, a Trieste, nella Sala Maggiore della sede di Palazzo Tonello (Associazione degli Istriani), è stata inaugurata la mostra celebrativa del professore Guido La Pasquala (Pirano 1926 – Trieste 2023), intitolata “Guido”. L’evento è stato aperto dal Presidente Massimiliano Lacota, con i saluti dell’Assessore regionale alle Autonomie Locali, Pierpaolo Roberti, e poi sono seguiti gli interventi di Cristina Carta – compagna di vita per cinquant’anni di Guido La Pasquala – e Marco Pavanello, il curatore della mostra.
Questo è il mio ricordo: «Vengo da un paese, Visco, in provincia di Udine, per secoli e secoli sul confine.
Dal primo Novecento, all’interno dell’Impero Austroungarico, Trieste, dalla nostra gente, era vista come La Mecca, per potenzialità di un lavoro, e come terminale di attività per i nostro sarti e calzolai; c’era perfino un macello da cui partivano le carni per il capoluogo del Litorale. Trieste era guardata come l’apertura al mondo e una filosofia di vita che la sapeva prendere per il verso giusto.
Per me, ma penso anche per le mie compagne e i miei compagni delle Magistrali “Scipio Slataper” di Gorizia, i professori triestini diventavano ipso facto simpatici: il prof. Pietro De Rossi, di latino, e la prof. Vincenzina De Fazio Casarsa, di latino anche lei, con i loro diversi caratteri, s’intende.
Ma il prof. Guido La Pasquala era quello che emergeva per la sua funambolica capacità di comunicazione. Non sapevamo delle sue origini siculo-istriane; per noi, era il prototipo della triestinità.
Signoreggiava su di un’aula ampia del palazzo tardo ottocentesco che ospitava le magistrali di Gorizia, un locale che aveva un aspetto piuttosto funereo, con una schiera di lavagne nere, che erano il nostro campo di lavoro.
Ma il prof. Guido La Pasquala, allora fra i trenta e i quaranta, aspetto pacioso, cardinalizio, mimica facciale intensa, mai in cravatta, al massimo con uno spolverino nero, rendeva l’ambiente frizzante di vita.
Nel tran tran quotidiano, le ore di disegno e storia dell’arte erano una pausa di pieno godimento (per me, un po’ meno, data la mia totale incapacità nel disegno).
Interessante anche la scelta del testo di storia dell’arte da parte del professore: era di Pasquale Rotondi che, durante la seconda guerra mondiale, si diede da fare per il salvataggio del nostro patrimonio artistico.
Le ore volavano quando ci parlava di arte, con leggerezza e spirito mai banali. Per i più, anche quando si disegnava sulle lavagne coi gessi colorati.
Per me, no, quella era una pena, tanto che mi ero fatto una specializzazione nel disegnar vasi solo per farne una di dritta. Li, il professore mi insegnò a dare i colpi di luce, per evitare che i vasi fossero piatti come figure ritagliate sulla carta.
Un’altra caratteristica del prof. (sembrerebbe antitetica rispetto alla sua esuberanza vitalistica) era la riservatezza: mai saputo nulla della sua vita, dei suoi studi.
Il suo rapporto con gli alunni era di un giusto distacco e di una intelligente partecipazione emotiva, tanto che, in quattro anni con lui, mai ebbi a sentire una osservazione o una critica da parte di alcuno, eppure, si era un’età, in cui non stentavamo a sputare sentenze.
Ci sentivamo sicuri con lui, perché sapevamo, in ogni situazione, che lui c’era, c’era fin nelle foto di classe e nelle foto della festa finale dopo l’abilitazione che terminava il corso di studi; lui, anche in quella occasione, prodigo di lazzi e frizzi.
Non è il caso di farla lunga, termino con un aneddoto del tutto personale.
Un giorno, visti i miei sforzi, tra proiezioni ortogonali, che non capivo (me le facevo fare da un amico delle professionali che ripagavo con l’italiano scritto), e disegni a tema che mi annodavano il pensiero, mi disse: “Forza, Tassin, che con un po’ di sforzo arrivi al tre!”. Ma sapeva di non ferirmi, difatti mi aveva dato un eccezionale otto per un mosaico di carta. E poi l’aveva detto con un mezzo sorriso, alzando il mobile ed eloquente sopracciglio destro, come segno d’intesa, tanto sapeva che avrei recuperato ampiamente con la storia dell’arte..
Sembrerà - ed è - una frase fatta, ma la penso condivisa dai miei compagni, perché detta con la mente e col cuore: “Il prof. Guido La Pasquala, una persona che non dimenticherò mai …».
Ferruccio Tassin
Nella foto, a sinistra il prof. La Pasquala dietro a tutti (Istituto Magistrale “Scipio Slataper” di Gorizia, anno scolastico 1963/64).
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